Intervista a Stefano Carletti esploratore

Stefano Carletti, avventuriero ed esploratore dei 7 mari

Mi faccia un bilancio della sua vita, in modo generico.

La mia vita è un pochino lunga perché ho 80 anni quindi nella mia vita ho fatto moltissime cose: prevalentemente mi sono dedicato ad attività legate al mare che mi hanno dato molte soddisfazioni, non solo morali, ma anche pratiche e mi sono guadagnato da vivere anche in maniera significativa grazie al mio lavoro che si è diviso in due parti: una parte pratica e una intellettuale

Fatti pratici come ad esempio le immersioni e invece come fatti intellettuali, gli svolti narrativi di queste imprese dalle quali sono stati tratti documentari, libri, film.

In una lunga vita si salta molte volte da una parte all’altra, un mio amico diceva che nella vita ogni 10 anni bisogna cambiare lavoro, paese o moglie, per cui ho seguito un pochino questa filosofia.

In questi ultimi anni mi sono occupato prevalentemente di scrivere, di raccogliere informazioni per la composizione di libri e attualmente sto svolgendo alcune ricerche per alcuni archivi.

Qual è il suo rapporto con il mare e con la vicenda dell’Andrea Doria?

Grazie al mare ho viaggiato molto, ho partecipato ad una spedizione che ha fatto il giro del mondo da cui è nata una serie di documentari per la Rai che si chiama I Sette Mari facendo prevalentemente immersioni ricercando tutto ciò che era importante in ogni mare e nell’oceano Atlantico è scattata l’operazione della Andrea Doria: la nostra spedizione era formata da me Bruno Vailati e All Giddings, io sono stato il primo a toccare la nave del nostro gruppo.

Ci sono storie che raccontano qualcuno sia è arrivato prima di noi, ma le fotografie erano di una scialuppa di salvataggio con su scritto Andrea Doria

La nave era completamente ammantata da reti dei pescherecci ed è stato uno dei momenti pericolosi della nostra spedizione perché l’acqua era molto torbida e queste reti ci rendevano molto difficile ogni singolo movimento, alla fine però ci siamo abituati, abbiamo fatto un buon lavoro e siamo riusciti a documentarlo sia con un film che con un libro e vari articoli su giornali importanti come la domenica del Corriere o il Daily Telegraph Magazine quindi la storia è stata molto diffusa

In questo momento ci sono delle persone che stanno provando ad andare sul Doria, tra cui due italiani che sono venuti a trovarmi pochi giorni fa ed è stato sorprendente vedere l’entusiasmo che loro avevano nel fare questa impresa, cosa che noi non abbiamo avuto perché avevamo l’ansia del fare un buon lavoro: avevamo allora delle macchine da presa molto rudimentali ed eravamo tutti molto preoccupati per questa impresa che comunque ci era costata soldi nostri.

Lei ha anche insegnato per un anno e scritto vari libri, me ne vuole parlare?

Allora, ho scritto un libro sulla Andrea Doria che si chiama “Andrea Doria 74”, ed un secondo libro che si chiama Naumachos da cui è stata anche tratta una serie per la Rai, adesso ho appena finito di scrivere un romanzo con all’interno alcune esperienze della mia vita, su un marinaio della Regia Marina Italiana durante la seconda Guerra Mondiale.

Parlando invece della mia breve carriera da insegnante: ero giovanissimo ed ero a Lampedusa per la bellezza delle sue spiagge e del suo mare, erano gli anni 60, io avevo appena finito l’università e stavano rendendo le scuole medie obbligatorie, quindi mi chiesero se potessi restare per insegnare e ci sono stato un anno, ma è stata una bella esperienza perché questi ragazzi erano nati e vissuti sull’isola ed era difficile spiegargli anche cosa fosse un fiume perché non riuscivano ad immaginarlo e questo mi faceva ridere, anche se era facile comprenderli perché quella dell’isola era la realtà dove erano nati e cresciuti.

Lei quanti luoghi ha visitato? Mi sa fare un bilancio?

Ho visitato quasi tutti i paesi dell’Europa, tutti i Paesi dell’Africa, la Cina, il Giappone, quello che ora si chiama Myanmar, la Corea, alcuni Paesi dell’Africa Orientale, ci sono andato prevalentemente per fare delle immersioni quindi non ho visto tanto l’aspetto terreno, ma più che altro l’aspetto marittimo; sono stato anche sulla Grande barriera corallina che sta a nord ovest dell’Australia, conosco molto bene anche gli Stati Uniti, il Canada, l’America Centrale, i Caraibi e la maggior parte dei luoghi comunque legati al mare.

Io so che lei si è anche dedicato alla raccolta dei coralli.

Sì, per un periodo della mia vita ho fatto ciò che si chiamava il corallaro ovvero andavo a raccogliere coralli che venivano venduti a prezzi altissimi. Alla fine degli anni sessanta siamo riusciti a vendere alcuni pezzi di corallo a un milione di lire al chilo, prendendo 3 o 4 kg ad immersione uno si poteva sistemare economicamente per un bel po’ di tempo.

Marco Di Giambattista