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I.C. Biella3 – DaDCreativa – Officina dei fuoriclasse- racconti in staffetta

                             Le bizzarre avventure del Sud

Apro gli occhi e il mio sonno viene disturbato da una serie di urla confuse che non capisco.  Parole strane, voci rauche e alte che vengono da lontano. Chi è?  Non capisco cosa stia succedendo. Una rivolta? Una rissa?  Un litigio tra vicini per il parcheggio? È tutto confuso.  Pochi secondi dopo realizzo la triste verità. È un altoparlante. Un venditore ambulante. Parole spezzate, suoni sconosciuti, una lingua a me poco nota. Sono a casa dei nonni. È estate e io sono in vacanza ma non posso dormire fino a tardi perché qui i venditori vendono patate e meloni di buon’ora e le nonne cucinano all’alba. Il profumo del ragù mi solletica il naso e sono solo le sette.

Vado sotto in cucina a fare colazione e mangio latte e biscotti.  Mamma e papà sono già andati al mare. Mi ingozzo, nonno mi mette fretta. Quando ha grandi progetti per noi, cerca sempre di farmi sbrigare. Ma i miei ritmi qui rallentano. La fatica mi attanaglia le gambe e il sole mi infiacchisce. Mi lavo e mi vesto.  Penso già al pranzo. Nonna cucina benissimo e qui ho sempre fame.

Nonno mi dice che il pomeriggio andremo in un posto spettacolare che solo lui conosce e aggiunge anche che quel luogo è magico. Non sapevo cosa pensare, credevo addirittura che fosse impazzito. Il pomeriggio al sud si dorme. E’ il momento in cui mi abbandono a un sonno profondo. L’idea di uscire con il caldo insopportabile mi soffoca. Senza pensare che nonna ha preparato la pasta al ragù, la mia preferita, a cui non intendo rinunciare.  Immagino il momento della digestione.  Solo il pensiero mi fa chiudere gli occhi.  Come posso sostenere un giro con il nonno? L’idea da una parte mi innervosisce, ma nello stesso tempo mi fa diventare molto curioso.

Dopo aver pranzato il nonno mi lascia riposare. Avrei voluto godere di quelle due ore di riposo, ma ero troppo agitato.

Si parte da casa per andare a vedere il posto che dice nonno. E’ lontano.

Dopo mezz’ora di cammino ci troviamo in una grotta. Entriamo. Quello che ho davanti è la cosa più bella che abbia mai visto. Sul soffitto, sui muri e sul pavimento ci sono dei cristalli bellissimi di una sfumatura tra il blu, il viola e l’azzurro.

Il nonno mi spiega che più avanti ci sono altre cose spettacolari ma che avremmo visto domani. Non capisco. Perché portarmi fin qui per poi tornare subito indietro?

Decido di accettare la condizione del nonno. Mi godo il momento e lo spettacolo. Ci fermiamo un po’ lì nella grotta.  Non ho caldo qui dentro. Il silenzio non mi spaventa. La testa è affollata da mille domande, tanti pensieri, ma non riesco a parlare. Non so cosa dire prima. Balbetto qualcosa, ma le parole si ingarbugliano e nonno non capisce. Si gira verso di me, mi guarda interrogativo e sorride con i suoi occhi gentili.  Mi stringe un braccio intorno al collo. Sento che è orgoglioso di quello che mi sta mostrando come se fosse un tesoro tutto suo.

Arrivano le 4:15, si torna a casa. Continuo a pensare a quel posto, sento che c’è qualcosa di speciale.

A cena mangiammo la pizza mentre guardavamo un film ma non gli presto molta attenzione.  Continuo a pensare a quella bellissima grotta.

Il giorno dopo mi sveglio di nuovo alle sette a causa dei venditori.

Vado in cucina a fare colazione sempre con il latte e i biscotti. Mamma dice che non si va al mare. C’è troppo vento. In genere non prendo bene la notizia di dover saltare una giornata in spiaggia, ma questa volta ne sono felice. Mi scappa un “evviva” e papà mi chiede se mi sento bene. Tra lo stupore generale, passo la mattina a guardare la TV e a leggere. Non metto la giusta attenzione in nessuna delle cose che faccio. Penso al momento della passeggiata con il nonno. Guardo l’ora freneticamente. Il tempo sembra non passare mai. Finalmente arriva il momento del pranzo, mangiamo. Divoro tutto in fretta. Passo per ingordo, ma ne vale la pena. Dopo pranzo si parte.

Questa volta la strada mi sembra più lunga. L’attesa di rivedere quel posto magico mi mette una grande ansia. Finalmente arriviamo alla grotta. Camminiamo per un po’. Superiamo il posto dei cristalli. A un certo punto davanti ai miei occhi si presenta una cosa ancora più spettacolare dei cristalli all’entrata della grotta. Sono un paio di animali! Non animali qualunque. Uno era una specie di chimera con la testa da tigre, il corpo da leone e una coda che era un serpente; l’altro aveva le zampe da cavallo, la testa di una mucca e le corna di uno stambecco. Mio nonno si avvicina a me e mi rassicura dicendomi che sono animali amichevoli. Detto questo, li accarezza e mi invita a fare la stessa cosa.

Così mi faccio coraggio.  Mi avvicino e li accarezzo.

Io e il nonno restiamo un bel po’ nella grotta con gli animali.

All’inizio mi spaventava il loro aspetto bizzarro, ma con il passare dei minuti i miei occhi si abituano a vederli, fino a sembrarmi quasi “normali”. “Li hai addomesticati tu?”, inizio a riempirlo di domande senza dargli neanche il tempo di rispondermi, ma credo sarebbe successo a chiunque fosse stato al posto mio in quel momento.

Ad un tratto il nonno mi ferma dicendomi: “Ti racconterò tutto durante il cammino verso casa, adesso goditi il momento, non è detto che ti capiterà di nuovo di vedere queste meraviglie”.

Non rispondo, resto solamente a riflettere sulle parole del nonno, così decido di fare come dice lui, mi godo il momento e lo vivo fino in fondo. Accarezzo bene i due animali, in modo che la loro pelle e il loro pelo mi rimangano scolpiti nella mente. Il mio sguardo rimane fisso su di loro, non ho intenzione di sprecare neanche un secondo.

Arriva il momento di andare via, usciamo dalla grotta e ci incamminiamo verso casa.

Il nonno si gira verso la grotta e ad un tratto incomincia a raccontare: “Un giorno stavo facendo una passeggiata da queste parti, ad un certo punto vidi questa caverna in mezzo al nulla. Decisi di entrarci, ed arrivato in fondo scorsi quelle strane creature. Da quel giorno tutte le volte che ci torno, loro sono lì, ma non posso sapere se ci saranno anche la volta successiva”.

“Perché non l’hai mai raccontato a nessuno?”. Gli chiedo.

“Beh figliolo mi avrebbero preso tutti per pazzo se avessi detto una cosa del genere e probabilmente avrebbero catturato quegli animali. Così, ho deciso di tenerlo per me e l’ho raccontato solamente alle persone di cui mi fido ciecamente”. Mi risponde.

Ed è stato proprio in quel momento che ho capito quanto le scelte di una persona possano essere importanti per la vita di qualcun altro, possono sia peggiorare che migliorare la vita di un individuo, anche senza che lo voglia. Si chiama legame.

Antonio Disipio, Thomas Chiarini, Elisa Contini, 2E

I.C. Biella3-Marconi