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La lenta ricostruzione del sisma del 2016: qualcosa si muove

Per molti cittadini italiani alle 3:36 del 24 agosto 2016 è iniziato un interminabile calvario di cui stanno ancora pagando le conseguenze. La città di Amatrice è stata quasi completamente rasa al suolo da una fortissima scossa di terremoto che ha segnato l’inizio di un lungo sciame sismico. Quella notte dalle macerie furono estratte vive 238 persone, ma purtroppo ne morirono 299, molte delle quali erano villeggianti che come ogni anno si trovavano nel loro paese d’origine per trascorrere le vacanze.

Da quel giorno la terra ha iniziato a tremare senza sosta e dal terremoto di Amatrice si è passati nel giro di poche settimane a quello che oggi conosciamo come il terremoto del centro Italia: il 26 ottobre l’epicentro si spostò nell’area di Visso, al confine tra le Marche e l’Umbria, e il 30 ottobre si registrò la scossa più forte degli ultimi 100 anni in Italia (magnitudo 6.5). A muoversi fu la faglia del monte Vettore, la cima più alta del gruppo dei Monti Sibillini, una delle faglie più conosciute dai sismologi e considerata tra le più pericolose del nostro paese. In pochi mesi l’area interessata dal terremoto, il cosiddetto “cratere sismico”, si è ampliata fino a comprendere il territorio di quattro regioni, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, e ancora oggi 41.000 persone, a quasi quattro anni di distanza dalla prima scossa, vivono ancora in uno stato di emergenza.

Quasi tutta la popolazione fu spostata nelle strutture ricettive situate lungo la costa, a decine di chilometri di distanza dalle propria vita, dove è rimasta per circa un anno. L’area colpita dal terremoto è un’area molto vasta ma scarsamente popolata; il territorio è composto da tanti piccoli borghi e altrettante comunità che durante questa prima fase dell’emergenza sono state forzatamente separate. Chi ha pagato di più il prezzo di questa separazione è stata la popolazione in età scolastica e la popolazione anziana; allo stress emotivo causato dalla perdita della propria abitazione, si è aggiunto anche lo smarrimento psicologico dovuto all’allontanamento forzato dalla propria comunità di parenti, amici e concittadini con i quali era stata condivisa fino ad allora l’esistenza. Mentre chi lavorava ha continuato a spostarsi, i giovani e gli anziani sono stati catapultati per lungo tempo in una realtà del tutto diversa da quella a cui erano abituati.

L’allontanamento non ha colpito solo i residenti ma anche tante famiglie proprietarie di seconde case nel cratere. Questi piccoli borghi appenninici, infatti, d’estate si riempiono di villeggianti che qui hanno le proprie origini e da sempre vi trascorrono le vacanze, contribuendo in modo determinante all’economia locale. Non è un caso se, per la prima volta nella storia del nostro paese, lo Stato ha garantito un contributo economico anche per la ricostruzione di queste seconde case, riconoscendone l’importanza economica e sociale.

Come ben sanno le persone che hanno vissuto questo dramma sulla propria pelle, il terremoto inizia non appena finiscono le scosse. Oltre alle ripercussioni psicologiche, spesso devastanti, si affrontano i tantissimi problemi materiali legati al recupero degli oggetti nelle abitazioni danneggiate – dalle difficoltà logistiche ai rischi che questo comporta – e alla lunga e sfiancante procedura burocratica che si deve affrontare per vedersi riconosciuto il contributo economico per la ricostruzione.

Emma Urbani

Moreggini, frazione di Fiastra (MC)