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Covid-19, parla un’infermiera dell’ospedale Gaslini: “Non ci si può tirare indietro.”

di Alessia Gerini classe 2B

In seguito all’improvviso avvento del COVID-19, il mondo intero ha visto impegnati nella lotta contro questa epidemia, milioni di medici ed infermieri, che da molte persone sono stati definiti, giustamente, “eroi”.     Gli operatori sanitari, in un certo senso, sono diventati simbolo di questa battaglia mondiale, veri rappresentanti di coraggio e di speranza. 

Gli ospedali hanno certamente dovuto adeguarsi a questa situazione estrema, costringendo il personale medico ad attrezzarsi adeguatamente per affrontare l’epidemia. Tra questi,  l’Istituto Giannina Gaslini, ospedale pediatrico di Genova. A questo proposito, abbiamo intervistato un’infermiera pediatrica, operante nel reparto di percorso nascita, Lina G., che combatte in prima linea proprio presso l’Istituto Gaslini. 

Lina ci ha descritto  la situazione e i cambiamenti, che l’ospedale ha dovuto apportare per garantire la salute sia dei pazienti, che del personale. 

“Tutto il personale medico si è unito per un unico obbiettivo, ovvero quello di proteggerci a vicenda e proteggere i pazienti. Questo è stato possibile grazie al continuo uso dei dispositivi di protezione. Siamo diventati una squadra.”

Lina sottolinea, inoltre, l’aumento del carico di lavoro di questo periodo.  Difatti, molti ospedali, per focalizzarsi sull’emergenza COVID, hanno chiuso diversi reparti, tra i quali quelli del percorso nascite, aumentando così l’affluenza dei ricoveri dei neonati e delle madri all’ospedale Gaslini.

Una delle numerose modifiche apportate , riguarda  proprio il rapporto tra le neo mamme e il personale medico. “Il contatto con le pazienti è inevitabile, ma dobbiamo seguire dei protocolli specifici. Non è più possibile assisterle come si faceva prima.” 

Mantenere alto l’umore all’interno del reparto non è facile, si cerca però di trovare la forza di andare avanti,  grazie anche al sostegno fra i colleghi. “Lavorare in questo reparto durante la situazione che stiamo vivendo, è un po’ un paradosso. – spiega – Si torna a casa stanchi, si sente il bollettino dei decessi e ci si rattrista, ma poi, pensando alla nascita di tutte quelle nuove vite, si tira un sospiro di sollievo. La vita non ha smesso di sbocciare. E’ strano pensare che, mentre una vita giunge alla sua fine, nello stesso momento, un’altra vede il suo inizio.” 

Il livello di preoccupazione delle madri ricoverate, è sicuramente aumentato, probabilmente anche per la  mancanza di sostegno e vicinanza fisica, a causa dei provvedimento del distanziamento sociale.

 “Le pazienti desidererebbero avere acconto a sé i proprio cari, questo aumenta sicuramente il loro stato di ansia e di preoccupazione, ma il conseguente avvicinamento con il neonato, colma in parte questa mancanza.” E’ dunque importante anche una sorta di assistenza psicologica da parte del personale, per mantenere un clima di tranquillità, per quanto possibile, all’interno del reparto. “Basta anche solo uno sguardo comprensivo, affinché i pazienti si possano sentire più sicuri, per far sapere che non sono soli.”

E’ fondamentale in questo momento, una collettiva ferrea forza di volontà, e un grande sostegno fra gli operatori sanitari. “Non ci si può tirare indietro, non bisogna mai farlo. Il nostro è come un giuramento, occorre rimboccarsi le maniche ed andare avanti. Questo è un dovere.”