Passione: la base per ricostruire la scuola

di Federico Davini 1B

La poca o totale assenza di partecipazione in una scuola condanna questa istituzione a perdere alunni o alla sua stessa morte, perché diventa un luogo estraneo e disagiante sia per gli studenti che per gli insegnanti. Bisognerebbe tralasciare la categoria dei genitori  che non partecipa in modo costruttivo  ma che comunque viene ostinatamente citata dagli addetti ai lavori; la scuola, quella pubblica in particolar modo, deve essere un’occasione per il ragazzo di conoscere nuove realtà ed abbandonare la protezione e il pensiero unico del nucleo famigliare, quasi come se fosse un rito di iniziazione per un giovane, che si vede scoperto e senza protezioni e che quindi deve fare affidamento solo sulle sue capacità. Invece ultimamente i genitori si fanno sempre più i sindacalisti dei loro figli, continuando a proteggerli. Di conseguenza lo studente minorenne non ha la possibilità di imparare ad auto-gestirsi totalmente e un’esagerata intromissione da parte del genitore diventa solo un danno del ragazzo, futuro adulto.

Robin Williams nell’interpretazione dell’indimenticabile professor John Keating dell’Attimo fuggente.

La partecipazione si ottiene facendo appassionare gli studenti alla scuola, trasmettendo che quello che studiano è importante non perché lo possano rivendere un giorno in ambito lavorativo ma perché arricchisce il loro bagaglio culturale, facendogli maturare nuove idee e nuovi pensieri, perché il greco non è solo una lingua morta ma il codice con cui sono stati trascritti i maggiori pensieri della storia dell’umanità, perché la storia non sono solo guerre o date ma la gente comune che ha vissuto e creato usanze, proverbi, leggende, che ha visto in prima persona gli effetti delle guerre e delle carestie e perché l’inglese non serve per lavorare ma per confrontare la tua cultura con una straniera totalmente diversa o è un mezzo per entrare in contatto con l’altro. Solo facendo amare le materie che si studiano e l’edificio in cui si trovano, con corsi extracurricolari, spazi per studiare nel pomeriggio e altre attività del genere gli studenti inizieranno a prendere decisioni e a partecipare per preservare un luogo così tanto caro a loro, altrimenti si vedrebbero calare dall’alto regole e ordini che accetterebbero con la passività di chi, ormai senza sogni, smette di immaginare un mondo migliore e si rassegna a quello che gli viene posto davanti. Senza la passione per la scuola anche la presenza di rappresentanti, sia di classe che di istituto, risulta superflua, perché non si vorrà mai cambiare o far migliorare un mondo al quale non si sente di appartenere.

La responsabilità di far appassionare gli studenti alla scuola cade sugli insegnanti: questi dovranno impegnarsi ad affascinare gli studenti, con il loro carisma, con la serietà, e anche, perché no, la severità; l’insegnante dovrebbe ritornare ad essere una guida e un punto di riferimento per tutti i ragazzi e non essere visto come un impiegato qualunque, perché si fa carico dell’educazione e dell’istruzione delle nuove generazioni.

Preposte queste prerogative l’attuale sistema con i suoi organi rappresentativi  può essere una buona base sulla quale costruire un rapporto più unito e trasparente tra professori e alunni, dove il confronto e il dialogo siano il fondamento di ogni relazione; quindi permanga la partecipazione degli studenti alle decisioni scolastiche tramite i rappresentanti sia di classe che di istituto che rispecchiano democraticamente la voce di tutti gli studenti della scuola.