Coronavirus, pipistrelli e il salto di specie

Ad oggi diverse ricerche ed analisi genetiche hanno evidenziato come il
coronavirus o SARS-CoV-2, identificato per la prima volta in Cina nel 2019,
sia una zoonosi ovvero un virus che ha effettuato un salto di specie così come la SARS del 2003 e la MERS del 2012.

Questo virus, nel dettaglio, viene trasmesso per via aerea e si diffonde in milza, intestino e polmoni dove penetra tramite i recettori ACE-2 a cui
si lega con le sue proteine spike. Delle mutazioni casuali hanno fatto in modo che queste proteine fossero in grado di legarsi perfettamente con i recettori umani e questo lo rende così infettivo. Una volta entrato nella
cellula il suo RNA userà la macchina cellulare per riprodursi. Il vero problema è l’eccessiva risposta del sistema immunitario che, per eliminare il virus attaccherà anche le cellule sane.
Tramite studi scientifici si è evidenziato come le sequenze genetiche di questo virus si siano modificate casualmente in un modo estremamente vario rispetto agli altri coronavirus, il che ci fa capire come sia passato di generazione in generazione in un numero enorme di pipistrelli, in particolar modo nei Rhinolophus affinis (in cui sono stati individuati virus con simile struttura) e probabilmente anche in una specie intermedia, cosa che avviene spesso nelle zoonosi.

In questo caso, si pensa che questa specie intermedia sia il pangolino del Borneo, un animale in cui sono stati trovati dei coronavirus che hanno tra l’85.5 e il 92,2% di genoma simile con il SARS-Cov-2 umano.

Nonostante il pangolino sia in via di estinzione, viene commerciato
illegalmente sia per la sua carne, considerata una prelibatezza, sia
per le sue scaglie utilizzate nella medicina tradizionale cinese e
nonostante il bando nei primi cinque mesi del 2019 le autorità di vari Paesi asiatici hanno dichiarato di aver confiscato 14 tonnellate di squame di pangolino.
La conoscenza di come questo virus abbia fatto un salto di specie è fondamentale per comprendere come si è sviluppato e come è possibile
evitare un evento simile in futuro. Tuttavia, nell’isteria del momento,
questa conoscenza ha provocato risposte insensate. Come nel
caso di Culden, un piccolo borgo nella provincia di Santa Cruz del Perù, i
cui abitanti hanno sterminato almeno 300 pipistrelli nella zona, dando
loro fuoco per paura di essere infettati.
Questo ci fa riflettere sulla tendenza degli essere umani di cercare un
capro espiatorio, un bersaglio contro cui scagliarsi, un nemico da
uccidere, anziché una soluzione e l’accanimento contro la natura e la
scienza dimostrati in questa occasione, ne sono un ulteriore prova.

Luca Scuderi, III D SA