Racconti e riflessioni su bullismo, razzismo e omofobia

Studenti e studentesse 1C
Traccia 1

In classe si è a lungo lavorato su tre fenomeni che affliggono la nostra società e, nello specifico, il mondo degli adolescenti: bullismo e cyberbullismo, razzismo, omofobia

Scegli una di queste tre problematiche e scrivi

  • una favola, indirizzata a dei bambini della scuola materna o dei primi due anni della scuola primaria

oppure

  • un racconto fantastico per ragazzi delle scuole secondarie

Abbi cura di mettere un titolo, di indicare il genere (favola, racconto fantastico) e i destinatari (bambini- fascia d’età, adolescenti-fascia d’età)

Traccia 1 Beatrice Bello

La saggezza della frittata

Mamma Giulia stava preparando il pranzo per i suoi figli, come ogni giorno, ed era tutta indaffarata a preparare gli ingredienti per una bella pasta alla carbonara. Suo figlio Mirko stava finendo di fare gli esercizi di prima elementare sul suo bel quaderno a quadrettoni. Di sottofondo, la televisione era accesa e trasmetteva un telegiornale.

All’improvviso, la TV dedicò un servizio ai recenti episodi di intolleranza nei confronti degli stranieri. 

Mamma Giulia esclamò: “Ancora con questi atti di razzismo! Ma non se ne può più! Stiamo diventando tutti egoisti”.

Mamma, ma che cosa vuol dire rastismo?”.

Che cosa? Intendi forse razzismo, tesoro?”. 

Sì. Quella parola strana che hai detto prima”.

Il razzismo è una brutta cosa, Mirko”.

Sì, mamma. Ma come faccio a sapere se una cosa è cattiva se non so neanche cosa vuol dire?”.

Giusto! Come spiegartelo, però? È difficile. Hai presente il fratellino del tuo amico Giuliano?”.

Sì. Perché?”.

Hai notato niente di diverso in lui?”.

No! O meglio… sì! Porta gli occhiali ed è un po’ abbronzato. Perché?”.

Sai che è stato adottato in Senegal?”.

Ah, sì. È vicino alla Francia, vero?”.

Non proprio. È un paese dell’Africa. Ecco… alcuni ce l’hanno con i ragazzi africani solo perché hanno la pelle più scura”.

Ma non ha senso. Perché prendersela con qualcuno solo perché è più colorato”.

Beh… il razzismo è proprio questo. Avere paura di qualcuno solo perché sembra diverso da noi. Hai capito?”.

Non proprio”.

Allora cercherò di spiegarmi meglio. Alcune persone un po’ sciocche – fermandosi alle apparenze – dividono l’umanità in razze e pensano di essere migliori degli altri; invece la specie umana è una sola. Ti è più chiaro?”.

Veramente no”.

Hai presente i cani? Ci sono varie razze di cani, ma un chihuahua può essere sia giallo che marrone. Adesso hai capito?”.

Non capisco, mamma. È troppo difficile. Non hai detto che esiste un solo tipo di umani?”.

Senti… perché non mi aiuti a fare la carbonara? Così ti spiego meglio”.

Va bene, mamma. Ma che c’entra?”.

Vedrai. Rompi i gusci delle uova e metti i tuorli dentro questa padella”.

Continuo a non capire ma… va bene”.

Prima di spaccarli, osserva bene: i gusci sono tutti uguali?”.

Direi di no. Alcuni sono rosa e altri bianchi. Altri sono più piccoli e altri più grandi. Alcuni sono ovali, altri più tondi”.

Molto bene. Adesso rompine cinque”.

Fatto”.

Adesso guarda con attenzione e dimmi… noti differenze tra i tuorli? Sai dirmi a quale guscio appartenevano?”.

Mamma, non li ho mica visti cadere. Sono tutti uguali. Come faccio a distinguerli?”.

Non solo: posso garantirti che, quando li avremo fatti amalgamare, avranno tutti lo stesso sapore. Con il pecorino ed il guanciale faremo una carbonara da fare invidia. Hai capito ora cos’è il razzismo?”.

Ma che c’entra con la carbonara?”.

Quelli che guardano il guscio sono i razzisti: quelli che noteranno sempre le differenze, che hanno paura di mischiare i sapori e di tutto quello che non conoscono”.

Come quando mi hai portato la prima volta al ristorante giapponese? Io all’inizio avevo paura del pesce crudo, poi l’ho assaggiato e mi è piaciuto tanto”.

Esattamente. Poi ci sono quelli che non badano ai dettagli insignificanti. Vanno fino in fondo, badano alla sostanza delle cose: capiscono che i tuorli delle uova sono tutti uguali e saporiti. Come te che, per descrivere il fratello di Giuliano, per prima cosa mi hai detto che aveva gli occhiali. Adesso è più chiaro?”.

Sì, mamma. Adesso però la carbonara ce la possiamo mangiare? Possiamo mettere più tipi di pasta in pentola, allora?”.

Caspita, hai proprio colto nel segno. Gli chef più raffinati non lo consigliano ma un grande comico diceva: de gustibus non sputazzandum”.

E che vuol dire?”.

Questo te lo spiegherò un’altra volta. Quando avrai iniziato a studiare il latino”.

FAVOLA PER BAMBINI 3-6 ANNI – Flavio Centurioni

Tanto tempo fa in una fattoria di poveri contadini, una scrofa stava partorendo. Era al centro dell’attenzione, tutti gli animali intorno la guardavano e le davano forza, il marito maiale le stava a fianco ed il dottore cane si impegnava perché la madre partorisse. Finalmente nove maialini vennero dati alla luce. Erano tutti di un rosa chiaro ma acceso, tranne uno, Carl. Lui nacque nero pece e per questa ragione venne sempre allontanato dal gruppo. La stessa famiglia si vergognava di averlo e quasi non lo nutrivano, i genitori lo separavano dai fratelli e non lo facevano dormire sotto la pancia della madre per scaldarsi. Ovviamente i maialini non lo facevano giocare con loro, ma neanche gli animali considerati “maggiori” nella fattoria, come ad esempio le pecore, le capre e le mucche lo accettavano. Carl andava a giocare con i polli, considerati i più stupidi della fattoria e gli altri animali lo prendevano in giro:“guardate come sono stupidi” “perfetti per Carl ahah” dicevano. Carl non si divertiva a giocare con loro perché quelli adulti erano tutti indaffarati, ed i pulcini erano troppo piccoli per lui. Allora un giorno che se ne stava in disparte a guardare gli altri giocare, un vecchio gallo, ormai in pensione gli chiese perché non andasse a giocare con gli altri maialini. “Mi sembra ovvio, è perché sono nero” disse Carl. “Lo immaginavo” rispose il vecchio. “Noi nella fattoria siamo sempre stati discriminati e considerati stupidi, ma in realtà siamo un passo avanti a voi mammiferi: lo vedi lui? Si chiama Cip ed è un pulcino nero. E sai perché gioca con gli altri? Perché noi siamo intelligenti ed abbiamo superato la questione già da un po’. Abbiamo capito che non è importate l’esterno dell’animale, ma ciò che ha dentro, se ha un animo buono o se è dispettoso e antipatico. Ai tuoi coetanei piace rotolarsi nel fango vero?” “Si, perché” rispose Carl. Allora il vecchio gallo suggerì al maialino un modo per far capire ai maiali che l’importante non è l’estetica. “Domani sporcati completamente con il fango, così da diventare irriconoscibile, dopodiché vai dai tuoi amici che saranno uguali a te perché il fango vi farà dello stesso colore. Divertiti con loro e soltanto quando dovete tornare a casa rivelerai che sei Carl”. Un po’ dubbioso il maialino chiese al vecchio come ciò non lo farà più allontanare dagli altri maiali. Allora il gallo gli disse che soltanto così capiranno che non è importante il colore della pelle ma la simpatia e la bontà d’animo. Carl non aveva ancora capito bene ma ringraziò il vecchio e tornò dalla famiglia. Il giorno dopo, seguendo i consigli che gli erano stati dati, si ricoprì di fango ed andò a giocare con gli altri maialini. “Ciao!” disse Carl agli altri maialini che lo guardavano smarriti; “Sono nuovo di qui, potrei giocare con voi?” “Certo!” dissero gli altri. Iniziarono a giocare tutti insieme e si divertivano un mondo con il nuovo arrivato. Quando dovettero andare via Giorg, il più grande del gruppo ed una sorta di leader tra i maialini chiese a Carl il suo nome. “Sono Max” rispose; “E da dove vieni?” “Dalla prateria qui vicino” disse dubbioso Carl. Giorg disse a Carl:“Sai Max, ci siamo divertiti molto con te, non esitare a venire quando vorrai” a quel punto gli amici di Carl andarono a lavarsi e lui mostrò la sua vera identità. I maialini ed i loro genitori rimasero sbalorditi e quindi Carl disse:“Avete capito perché ho finto di essere un estraneo? Perché così potevate accettarmi per quello che ero e non fermarvi al colore della mia pelle”. Allora tutti i maiali intorno capendo di essere stati molto stupidi dissero:“Ti chiediamo scusa Carl ed ora ci vergogniamo molto per non aver capito che il colore della pelle non ha importanza rispetto al valore dell’animo. Da oggi in poi sarai uno di noi e giocherai sempre con i nostri figli”. Da quel giorno vissero tutti felici e contenti.



De Franceshi Leandro

Traccia 1

Favola destinata a bambini di prima elementare

Il coraggio dell’asinello

C’era una volta una fattoria, piena di animali: maiali, cani, mucche, cavalli e c’era anche un asinello che era sempre solo. Gli altri animali lo prendevano sempre in giro e gli facevano i dispetti, il povero asinello era sempre triste per colpa loro. Tra tutti gli animali in particolare un gruppo di cavalli si divertivano a deriderlo, dicendogli, mentre ridacchiavano fra di loro: “noi cavalli siamo belli e maestosi e tu sei brutto e sgraziato”. Un giorno rubarono all’asinello tutto il suo mangime lasciandolo a digiuno, il povero asinello dopo quell’ avvenimento fu molto triste tanto che si mise a piangere da solo nella stalla.

Un giorno il proprietario della fattoria aveva bisogno di aiuto per trasportare del fieno, decise di farsi aiutare dagli animali più forti; caricò i cani che arrivati a metà percorso caddero a terra sfiniti, allora decise di caricare le mucche che nonostante, il loro aspetto massiccio, portarono il fieno solo poco più avanti dei cani. Giunse allora il turno dei quattro maestosi cavalli, il contadino aveva molte speranze su di loro, così maestosi e forti avrebbero di certo raggiunto la meta, ma i cavalli non riuscirono nemmeno a raggiungere la distanza percorsa dai cani, allora il contadino, non avendo più risorse, decise di chiedere aiuto all’asinello, il quale, con grande forza di volontà e coraggio, portò il fieno fino alla meta.

Il contadino fu sorpreso e fiero perché l’asinello da solo era stato più forte e coraggioso dei quattro cavalli.

L’asinello capì che non doveva essere triste per quello che i cavalli gli dicevano perché aveva dimostrato a tutti il suo coraggio.

I cavalli, intimoriti dalla sua forza e sorpresi dal suo coraggio smisero di prenderlo in giro.

Favola per bambini

IL PAPPAGALLO RIO



Francavilla, Mastrantonio, Romanò

C’era una volta un pappagallo di nome Rio. I suoi amici erano tutti pappagalli blu, mentre Rio aveva le penne di colore rosso. Lui non aveva mai pensato che questa differenza sarebbe potuta essere un problema, finchè un giorno tutti i suoi amici decisero di fare una gita nella zona interna della foresta. Quel giorno, però, i suoi amici fecero capire a Rio che non lo avrebbero voluto con loro; gli avrebbe dato fastidio avere con loro in una giornata così divertente qualcuno che ritenevano così diverso. Così, mentre i suoi amici si divertivano, Rio era solo e triste. Per cercare di capire perché lo avessero escluso, andò dal pappagallo anziano, che gli spiegò come per qualcuno una differenza fisica porti a pensare a differenze reali. L’anziano pappagallo decise quindi di far capire agli amici di Rio che si sbagliavano; perciò, il giorno dopo, portò tutti i pappagalli blu in una zona della foresta che era ritrovo di pappagalli provenienti da tutto il mondo. Ce n’erano di blu, verdi, rossi, gialli e variopinti. Separò i pappagalli blu e gli impose di passare l’intera giornata fra gli altri. Dopo qualche ora tutti gli amici di Rio tornarono; si erano trovati bene con i pappagalli di tutti i colori e dimensioni e avevano capito che in realtà non c’era nessuna differenza fra di loro. Appena tornarono, si scusarono con Rio e decisero il giorno successivo di organizzare una festa per farsi perdonare

Luchini Marco

Ho scelto la tematica del razzismo perché forse è una delle tematiche più viscerali nel cuore di ogni uomo. Attraverso la storia di un ragazzo qualunque del New Orleans ho voluto raccontare come la conoscenza delle cose renda liberi da ogni forma di ignoranza come il razzismo e l’omofobia. Ci ha chiesto di fare un testo fantastico, ed io ho cercato di narrare degli eventi che secondo me hanno dell’assurdo, ma che purtroppo esistono.

Louis

Era autunno, le poche foglie rossastre degli alberi spogli del New Orleans vibravano trasmettendo una certa aria di cambiamento. Louis camminava tra una delle tante vie anonime che come una rete da pescatore ti catturano facendoti dimenticare tutto quello che esiste oltre quegli isolati. Gli piaceva molto camminare, perché lo aiutava a lasciare lontano  i cattivi pensieri per un po’, così che le suole delle sue scarpe in gomma dura, erano sempre più sottili, ma più queste si consumavano più il suo desiderio di conoscere il mondo cresceva. Louis era un perfetto “cappuccino chiaro”, troppo bianco per essere definito nero, troppo nero per essere definito bianco. La mamma era una donna bianca che dopo l’abbandono del marito, sparito per sempre, aveva trovato conforto solo nell’amica siringa. Ma così facendo aveva allontanato per sempre Louis da lei. Il ragazzo quindi era  cresciuto di espedienti finendo consumando la sua adolescenza tra un riformatorio e l’altro. Quella che sto narrando non è certo una bella storia anzi, ma purtroppo a volte le persone preferiscono assaporare delle storie crude, come un carpaccio di cavallo piuttosto che una bella bistecca ben cotta. Avrebbe voluto fare tante cose, ma tutte le cose che faceva lo portavano sempre in quel maledetto riformatorio, che poi con il passare degli anni, si sarebbe trasformato in quel carcere che divenne la sua vera casa. Il mondo lo conosceva solo attraverso le sbarre e tanti libri. Aveva sempre il desiderio di conoscere cose nuove, e forse proprio per questo che non si  trovava bene con i suoi coetanei, costantemente privi di ogni ambizione di conoscenza e circoscritti nel loro piccolo mondo pieno di cose frivole. Sebbene a differenza dei suo “compagnucci” molte cose aveva difficoltà a comprenderle, il porsi da più prospettive diverse gli permetteva di vedere oltre, al punto di costruirsi un’immagine del mondo molto più nitida. L’aver trascorso la sua vita tra riformatorio e carcere, aveva trasformato la sua curiosità di conoscere il mondo, in un desiderio di conquista. La maggior parte dei suoi coetanei aveva avuto la fortuna di ricevere un’educazione al rispetto delle leggi, ma Louis non aveva avuto nessuno che gli insegnasse tale rispetto e crescere per strada gli  aveva reso il cuore troppo duro e pesante come un blocco di cemento. I criminologi dell’epoca consideravano l’inclinazione nel commettere reati come una vera e propria malattia denominata “sociopatia”. In effetti nella mente del ragazzo riecheggiava continuamente un pensiero: “Sono io che ho dichiarato guerra alla società, o è la società che dichiarato guerra a me?”. Lui era molto intelligente, ma non riusciva a fare a meno di commettere reati. Ma era consapevole che toccava a lui adattarsi alla società che tanto odiava, il suo carattere, induritosi con le continue delusioni di una vita assente, era evidente che sarebbe rimasto lo stesso, ma era ancora in tempo per adattare il suo comportamento al vivere nel rispetto delle leggi. In carcere aveva vissuto molte circostanze che lo avevano cambiato, ma più di tutte l’aver conosciuto un immigrato italiano di nome Pietro Rigosi che la scuola non l’aveva fatta, ma si era fatto da solo. Pietro parlava a stento l’americano, aveva sulle spalle la morte di tre persone, uomini d’onore, come amavano definirsi; questi avevano ucciso suo fratello per un pizzo non pagato. Lui si era rivolto alla polizia per avere giustizia, ma gli avevano fatto capire che il mandante e gli esecutori erano troppo potenti per intervenire. Stando così le cose, annebbiato dalla sete di vendetta,  uccise gli assassini del fratello, per poi consegnarsi alle autorità. Ecco perché si trovava nel braccio della morte. Louis era in isolamento sullo stesso piano di Pietro, erano l’uno di fianco a l’altro, parlavano spesso attraverso le sbarre, Pietro gli raccontava la sua storia di migrante che per pagarsi il viaggio insieme al fratello aveva venduto tutti i suoi averi e una volta giunto a New Orleans aveva lavorato come carpentiere per tanti anni prima di potersi permettere un prestito per comprare un negozio di alimentari. Louis rimase colpito dalla storia dell’italiano che di lì a pochi mesi sarebbe stato giustiziato. Scontata la condanna, finalmente Louis poteva vedere il mondo con gli occhi di un uomo libero. Ma gli anni di riformatorio e di carcere non erano bastati a contenere i suoi impulsi, la sua capacità di fiutare il soldo facile non l’aveva di certo persa. Dopo aver finito i lavori socialmente utili previsti dalla legge durante la libertà vigilata, Louis non aveva acquisito ancora il comune senso civico, continuando a vivere una vita spericolata condita da tanto “succo d’uva invecchiato” e polvere bianca. Le sue dipendenze lo rendevano particolarmente sensibile alla confusione della città, le luci, i suoni, il traffico, il via vai delle persone creavano il caos totale nella sua testa, portandolo ad un appiattimento totale. La polverina magica, che lo stordiva ormai da tempo, rendendolo schiavo lo obbligava a trovare il denaro per acquistare quello di cui oramai non poteva più fare a meno.                                                        Era una torrida sera d’estate, quando Louis entrò in un tabacchi e senza neanche coprirsi il volto entrò e uccise a mani nude il povero vecchietto dietro il bancone. Sembrava un leone affamato che viene liberato nell’arena del Colosseo piuttosto che un uomo, poco più che ventenne, tossicodipendente, alla ricerca di soldi. In preda all’astinenza corse subito dall’amico Freddy per acquistare l’unica cosa che lo faceva stare in pace assumendone a sufficienza per placare la sua necessità. Tornando a casa grazie all’appagamento ottenuto dall’assunzione della droga, riflettendo sull’accaduto un senso di colpa lo assaliva per aver spezzato quella vita innocente. Appena arrivato a casa, aveva pronto per lui un bel comitato d’accoglienza a luci blu. Si era giocato la vita da libero per pochi spicci. Alle sue pesanti catene emotive si erano aggiunte anche le fredde catene che poteva sentire davvero sui polsi e le caviglie consapevole del fatto che ad esse si sarebbe dovuto abituare. Al processo inaspettatamente, la fortuna, che mai prima di allora lo aveva baciato si fece avanti. L’avvocato d’ufficio che gli era stato assegnato, si rivelò particolarmente audace, e grazie all’indulgenza del giudice, evitò la condanna a morte. Ma quarant’anni sono lunghi, specie se nel luogo dove ti trovi sei emarginato da tutti per via del colore della tua pelle e del tuo modo di percepire le cose. Abbracciato dalla solitudine, in compagnia dei tanti libri letti e dei suoi pensieri, con gli anni ha imparato ad apprezzare tante sfumature della vita che prima non vedeva. Il carcere oltre ad averlo disintossicato lo ha reso libero, soprattutto nei pensieri. Grazie alla conoscenza ha imparato ad apprezzare tutto ciò che prima odiava, compreso il rispetto della legge facendo suo il concetto che non esistono le razze ma solo che vi è un’unica razza, quella del genere umano.                                                                    Finalmente Louis si sentiva un uomo libero, lo so sembrerà strano dire che si può essere liberi in carcere, ma lui lo era veramente. Quando dopo quarant’anni uscì dal carcere, finì i suoi giorni finalmente in pace con se stesso. 



 





  Mantini Alessandro 1c.    racconto fantastico per ragazzi della scuola secondaria 

                                                       

                                                        Aeneis 2020  

Dopo tre giorni di mare, di sera abbiamo visto delle luci lontane e tutti abbiamo capito che forse eravamo arrivati salvi. A notte siamo arrivati vicino ad una costa. Poi so che mi sono ritrovato in un posto, circondato da gente che non conoscevo e che parlavano una lingua che non capivo. 

Alla luce di alcune lampade, mi hanno portato insieme ad altri in un capannone dove ci hanno dato delle cose calde e delle coperte. Da quel momento non so più che fine hanno fatto molti dei miei compagni. Mi rendo conto di essere capitato in un paese molto rigido e molto chiuso agli estranei, come ho capito più tardi. 

Qualche mese dopo mi hanno mandato in una casa con altri come me ma provenienti da altri paesi. Lì ci davano da mangiare e la possibilità di telefonare ai nostri parenti o amici. A tutti dicevamo di stare bene. In quel posto ogni giorno ci facevano scuola di lingua locale. Io sono stato veramente felice di imparare quella lingua perché avevo una insegnante molto brava che ci voleva tanto bene e si curava di noi anche nei momenti più difficili e tristi. Si chiamava Linda.

 Lei per me è stata come la mia mamma che ogni tanto sentivo per telefono e ogni volta voleva sapere se avevo mangiato. Lei per me è stata molto importante. 

Un giorno il direttore del centro mi ha detto che dovevo lasciare quella casa, perché era ora di cercarmi una strada e perché non c’erano più soldi per mantenermi. Sono partito insieme ad altri compagni e ci siamo avventurati fino ad arrivare nelle cittadine periferiche. Più volte siamo stati cacciati dai treni quando non avevamo il biglietto e spesso ci siamo accorti di essere guardati male dalla gente come se fossimo dei ladri. Non finivo mai di girare per vedere le bellezze che erano dappertutto e che mi facevano riconsiderare quelle terre grigie.

Poi, con il mio discreto parlare sono riuscito a fare dei lavoretti. Ho fatto il lavapiatti in un ristorante poco distante proprio dal centro Mi alzavo la mattina alle cinque perché abitavo in periferia, insieme ad altri compagni. Il padrone del ristorante mi pagava, ogni tanto quando era buono, cinque soldi al giorno. Poi sono stato licenziato perché la clientela non gradiva la mia presenza. Allora ho trovato da lavorare nelle fabbriche, così sono riuscito sempre a mangiare e mettere da parte qualche soldo. 

Con questi ho comperato una vecchia bicicletta. Con essa non dovevo più pagare il biglietto degli autobus. Continuo a fare del mio meglio tra l’indifferenza e a volte la diffidenza della gente. Tutti stanno bene, ma noi anche se siamo utili, siamo visti male. 

Ora, anche qui sembra arrivata la guerra, ma non ci sono né bombe né artiglieria. Dicono che c’è un virus misterioso che uccide molta gente. Le persone hanno paura e ad un certo punto hanno ordinato a tutti di stare chiusi in casa. Le strade ora somigliano a quelle vuote del mio paese quando arrivava la sera. 

Tutti hanno paura di morire per un nemico che non si vede e quindi scappano credendo di stare meglio da un’altra parte. 

Ora con questo virus sento come un senso di qualcosa già vissuto.  Speravo di non rivedere più queste scene; però conosco queste situazioni e so cosa fare. Aiuto chi non è in grado come avrei voluto fare nel mio paese. Ed ora che sto rivivendo tutte le mie vecchie sensazioni, mi rendo conto che questa città non è poi così diversa dalla mia. 

Questa sera è avvenuto un incontro che mi ha sconvolto ma mi ha reso tanto felice. Portavo un po’ di cibo ad una signora in centro. Ho suonato al citofono e chi mi ha risposto mi ha detto di salire al secondo piano. Le scale erano poco illuminate. Arrivato sul pianerottolo si è aperta una porticina e nella penombra uno sguardo conosciuto mi ha paralizzato. Quella figura di donna con i capelli grigi, gli occhi profondi era la mia insegnante. Ci siamo guardati e abbracciati pieni di lacrime di riconoscenza. “Grazie mio

Sule, il rinoceronte nero- Vittoria Teseo

(Favola/bambini 5-7 anni)

Non molto tempo fa, in una savana dell’Africa orientale, un rinoceronte aveva partorito; tutti gli animali erano felici, perchè da tanto tempo si stava aspettando la nascita del piccolo rinoceronte, tanto è vero che durante il parto, tra bufali bianchi, leoni, elefanti e leopardi si era creata un’enorme confusione. Quando finalmente la situazione si calmò, la mamma rinoceronte guardò accuratamente il suo cucciolo, e notò che era diverso da gli altri rinoceronti che conosceva: era nero, si agitava piangendo in continuazione, con una grande smorfia sulla faccia. Tutti gli animali rimasero perplessi davanti ad una scena del genere: una mamma rinoceronte grigia aveva partorito un cucciolo nero, non avevano mai visto una cosa del genere, per questo decisero di allontanarsi e di non avere a che fare con quell’animale. 

Passarono gli anni, e Sule, quel piccolo rinoceronte nero, aveva ormai 1° anni. Di giorno guardava con invidia e tristezza i suoi compagni giocare ad inseguirsi, desiderava molto stare insieme a loro, ma ogni volta che provava ad integrarsi loro lo cacciavano, “mia madre non vuole che gioco con i rinoceronti neri come te” gli dicevano, allora lui si metteva in disparte a giocare da solo nelle pozze di fango. Poi quando il sole iniziava a tramontare tornava a casa, dove la madre lo rimproverava per essersi sporcato troppo. La mamma di Sule era molto severa, certe volte il piccolo pensava che lei non gli volesse bene, ma in verità lei si vergognava di avere un figlio di un altro colore, perchè tutti gli animali che conosceva quando la incontravano le stavano alla larga a causa di Sule, e purtroppo questo lui lo sapeva bene. Quando arrivava la notte e i genitori del rinoceronte andavano a riposare, invece lui rimaneva sveglio a guardare la luna, la trovava bellissima, sognava di poterla raggiungere e poter mostrare a tutti che era riuscito a dominarla, ma sapeva che questo era impossibile.   

Una mattina il padre di Sule si svegliò presto, aveva un incontro importante e non voleva tardare: era uno degli animali più importanti della savana, infatti era sempre molto impegnato. “Dove vai papà?” chiese incuriosito Sule, “Sto andando ad una riunione importante, è arrivato finalmente il Saggio Rafath”, il piccolo rinoceronte fece una faccia incuriosita, non aveva mai sentito nominare questo nome prima di quel momento “Chi è papà?” chiese ancora “è l’elefante più anziano e saggio che esista su questo pianeta, per me sarà un onore conoscerlo! Adesso devo andare Sule, a dopo”. Così lasciò il figlio per dirigersi alla riunione. Dopo qualche ora anche Sule decise di uscire per andare a guardare i suoi compagni nelle pozze di fango; arrivato trovò come al solito i suoi coetanei divertirsi senza lui, allora gli si fece vicino un elefante molto vecchio “Ciao piccolo, che ci fai qui tutto solo? perchè non vai con i tuoi compagni a divertirti piuttosto?” Sule osservò quell’animale, era così grande, lo intimoriva quasi, ma le sue parole sembravano rassicuranti “Loro non vogliono stare con me a causa del colore della mia pelle, nessuno mi vuole stare accanto!”, stava quasi per piangere, non sopportava dover ammettere che nessuno lo voleva. L’elefante guardò attentamente Sule e gli spiegò “Sai, io ho vissuto per moltissimi anni viaggiando per tutta l’Africa confrontandomi con tantissimi di animali, e posso assicurarti che in questa savana voi rinoceronti siete tutti uguali, nessuno fa eccezione: la specie di rinoceronte che popola questa zona è chiamata Rinoceronte Nero”, Sule non capiva, “Se siamo Rinoceronti Neri, perchè sono tutti color grigio o bruno e nessuno nero come me?”, l’elefante scoppiò in una rumorosa risata “Nessuno può determinare il colore della propria pelle, bisogna solo rendersene conto e spiegarlo agli altri”. Sule era stupefatto, si era sempre visto come un errore ed ora capiva che l’unico errore era quello commesso dagli altri animali quando cercavano di escluderlo ed evitarlo. Voleva al più presto dire la verità a tutti, ma prima doveva gratifcarsi con l’elefante per averlo aiutato “Ti ringrazio infinitamente, senza te avrei continuato a vivere una vita infelice emarginato da tutti, posso sapere il tuo nome?”, compiaciuto l’elefante lo guardò negli occhi e rispose “Io sono Rafath, forse mi avrai sentito nominare in giro come ‘il Saggio Rafath’”, e dopo aver detto questo salutò Sule lasciandolo sbigottito. Lui era riuscito ad incontrare il Saggio Rafath! Desiderava molto vedere la faccia degli animali quando avrebbe detto loro la verità, adesso riuscirà finalmente ad essere rispettato.

Tornò di fretta a casa e subito iniziò a raccontare ai genitori tutto ciò che gli aveva detto il Saggio Rafath; il padre rimase serio per tutta la discussione e alla fine comunicò a Sule la sua decisione: “Domani convocherò una riunione alla Grande Roccia, lì racconterai a tutti la verità, non possiamo più vivere nell’ombra Sule, è il momento di riemergere e farti valere!”. Così, terminato di parlare, si allontanò insieme alla madre lasciando Sule a riflettere sul discorso che l’ indomani avrebbe dovuto  presentare. La stessa notte il piccolo rinoceronte rimase a guardare la luna, sorridendo, sempre più innamorato di quello scenario. 

Arrivò il giorno seguente e tutta la famiglia diresse verso la Grande Roccia, la più alta e grande roccia esistente nella savana. Arrivati aspettarono che si radunassero tutti gli animali nelle circostanze, e dopo aver richiamato il silenzio il padre di Sule iniziò il discorso: “Salve a tutti, vi starete chiedendo per quale motivo oggi siamo qui, ebbene, ho deciso di radunare tutti voi, perchè fino ad ora in questa savana c’è stato fin troppo silenzio, è il momento di intervenire” detto questo, passò la parola al piccolo rinoceronte: “Buongiorno a tutti, è inutile che mi presenti, sono l’unico rinoceronte nero in questa savana e so che ognuno di voi mi conosce a causa del mio aspetto. Oggi voglio parlarvi proprio di questo: sono anni che vivo rinchiuso nel mio mondo perchè voi mi avete sempre emarginato, non ho mai giocato con nessun mio coetaneo, non mi sono mai relazionato con adulti perchè criticato, ma sono stufo di tutto ciò e per dimostrarvi che vi siete sempre sbagliati su di me, vi spiegherò la situazione all’interno di questa savana. I rinoceronti che abitano qua appartengono ad un’unica specie: quella del Rinoceronte Nero, e non esiste un reale motivo per cui io ho la pelle nera e voi grigia o bruna, il colore della mia pelle non determina la propria appartenenza, qui siamo tutti uguali indipendentemente dalla propria immagine! Se non mi credete, fate pure, ma queste sono le parole che il Saggio Rafath, l’animale più saggio della terra mi ha pronunciato ieri.”. Sule guardò tutti con il fiato sospeso, impaurito per la reazione, ma rimase perplesso quando vide degli animali chinare il capo. Il rinoceronte non capiva, allora guardò il padre in cerca di una spiegazione, e lui lo accolse con un sorriso pieno di orgoglio “Quando si china il capo vuol dire che ci si sta scusando”. Allora Sule rivolse nuovamente lo sguardo verso la folla: tutti gli animali avevano la testa china: non poteva crederci, finalmente era stato accettato da tutti.



Traccia 2

 

  1. In classe, in diversi momenti, si è a lungo lavorato sui fenomeni del cyberbullismo e del bullismo, dell’omofobia e del razzismo.

Svolgi in maniera coerente e organica tutti i punti della scaletta:

  • scegli una di queste tre problematiche, esplicitando le motivazioni della tua opzione;

  • rifletti su quanto viene detto sull’argomento dai mezzi di comunicazione, dagli esperti delle forze dell’ordine, dagli psicologi, dai docenti. Valuta se il loro impegno sortisce qualche effetto nell’arginare il fenomeno in esame, a dare informazioni alle vittime e ai familiari, a dissuadere chi reputa giusto comportarsi in determinate maniere;

  • fai riferimento a fatti di cui sei stato testimone o di cui sei venuto a conoscenza;

  • rifletti su quanto è stato detto in classe con le docenti, con l’agente di Polizia, con i tuoi compagni sia durante la lezione, sia nella preparazione del lavoro di gruppo;

  • partendo dai precedenti spunti rifletti sulle tue emozioni a riguardo, su quelle delle vittime e, perfino su quelle dei carnefici e di quanti li sostengono, più o meno silenziosamente;

  • ipotizza come ti sentiresti se tu fossi nei panni della vittima, a chi chiederesti aiuto, come ti relazioneresti con i tuoi aguzzini, come affronteresti il problema;

  • infine, analizzando a fondo tutti gli elementi raccolti e tutte le considerazioni fatte, individua, argomentando le tue affermazioni, il filo rosso che accomuna il fenomeno da te scelto con gli altri due.

                                    Boca

Traccia 2

Il bullismo. Il bullismo è senza ombra di dubbio un argomento molto discusso nelle scuole al giorno d’oggi. Tutte le scuole del mondo ormai svolgono delle attività che possano in qualche modo contrastare questo malessere sociale. Ogni giorno si sentono notizie su atti di bullismo e di cyberbullismo: sul telegiornale, sui media o anche su trasmissioni che ne parlano. Molto comune lo è soprattutto il cyberbullismo per via dei social network che di recente sono stati creati e che ogni giorno vengono usati da miliardi di persone.

Ho scelto di parlare di questo argomento perché secondo me è un problema che dai ragazzi è preso in maniera abbastanza superficiale. Non a caso, nonostante la società in generale si impegni a far collassare questi eventi del tutto drammatici, gli atti di bullismo non cessano, anzi, questi atti mi sembrano sempre più frequenti.

A mio parere, quanto fatto dalle forze dell’ordine, dalle scuole e dagli psicologi è anche abbastanza, non credo che essi possano fare più di così per limitare il più possibile questi eventi, ma sono poco convincenti agli occhi di chi ritiene giusto comportarsi in questa maniera. Ad esempio, ho visto scuole fare lezioni per contrastare il bullismo facendo vedere dei video toccanti agli alunni, fargli fare ricerche tramite il web sull’argomento in questione oppure organizzare degli incontri con esperti che possano spiegare al meglio come stanno realmente le cose su questo tanto odiato comportamento. Ma non ho visto fare altro. Magari può essere d’aiuto le prime due, tre volte, ma dopo la quarta diventa un qualcosa di monotono, che ormai è diventato ovvio agli occhi di tutti quanti gli adolescenti, compresi i bulli stessi.

Ma il vero problema non è il modo di fare delle scuole o delle forze dell’ordine, che nonostante sia monotono, è sempre corretto, ma è la società stessa che prende troppo sottogamba la questione. 

Tutti, in qualche maniera, si sono sentiti dire che uno dei problemi principali del bullismo è l’educazione che i genitori hanno dato ai propri figli, ma moltissimi dei genitori non si sono mai impegnati abbastanza a migliorare il comportamento del proprio figlio, o addirittura si sono limitati ad una sgridata insignificante. 

Un’altra cosa ormai ritenuta ovvia da tutti gli adolescenti è che in un atto di bullismo, dove sono presenti il bullo, la vittima e lo spettatore, la parte peggiore dei tre è lo spettatore, e questa è una cosa che è stata affermata e detta in tutte le scuole, che siano italiane e non, a partire dalle elementari. Ma allora perché in ancora molti atti di bullismo, lo spettatore si fa da parte limitandosi ad osservare quanto accade? 

Ne sono consapevole perché alle medie avevo un ragazzo di origini straniere che spesso assumeva dei comportamenti abbastanza infantili che alcuni ritenevano molto fastidiosi. Questi alcuni si sono poi dimostrati offensivi, e spesso anche violenti nei confronti del ragazzo, che però non aveva il coraggio di reagire o di riferirlo ai propri genitori. Ma su venticinque persone presenti in classe, solo tre alunni hanno avuto il coraggio di difendere il povero ragazzo.  

Un altro problema della società (visto però dal mio punto di vista), è la mentalità che si ha e il ragionamento che si usa quando ci si trova su un social network, come lo può essere Instagram, Twitter o Facebook, che si basano principalmente su postare delle foto online e comunicare con altri amici. Tantissime persone però si chiudono in loro stessi per poter stare su queste piattaforme e farebbero qualsiasi cosa per avere qualche “like” in più alle loro foto. Altre invece postano delle foto che all’inizio possono sembrare “innocue”, ma che poi si risulteranno delle armi micidiali per poter prendere di mira una determinata persona, prendendola in giro, bullizzandola e offendendola a tar punto da rendere la sua vita un vero e proprio inferno, cosa ormai molto comune.

Abbiamo trattato quest’argomento a scuola, quando abbiamo organizzato un incontro con la polizia postale proprio per parlare di razzismo e bullismo.                                                       Possiamo fare un esempio prendendo come esempio una ragazza che si fa una foto in spiaggia e la posta su un qualsiasi social. Ma una persona prende la foto e la modifica, rendendola imbarazzante e oscena, e la posta a sua volta sul web, distruggendo così la dignità della ragazza innocente. Dopo la dignità ci passa di mezzo il suo animo, la sua persona e nel peggiore dei casi anche la vita stessa.

Non oso immaginare cosa potrei provare io se mi trovassi in una situazione del genere. Avrei paura a camminare per strada, ad andare a scuola, a fare la spesa, o persino uscire con degli amici fidati. Sicuramente ne parlerei con i miei, con la polizia, anche con un amico se esso si rivelerebbe una persona onesta di cui potersi fidare.

Si è sentito un’infinità di volte che la persona più debole non è la vittima ma il bullo, perché se gli si rivolge la situazione contro egli non sa più come reagire, ma io credo che la parola più giusta che possa descrivere un bullo, è “codardo”. Un bullo non bullizza senza un motivo, c’è sempre qualcosa di mezzo, e credo che sia l’apparire più forte di altri e restare sempre al centro dell’attenzione. Ma io li ritengo codardi, perché usano un atteggiamento e un metodo vile per poter apparire importanti. Per far sembrare la propria persona migliore di quella degli altri, si possono sicuramente usare altri metodi che saranno molto più efficaci come apparire incredibilmente intelligenti o brillanti, ma sicuramente la demolizione di un adolescente non è un metodo che si può usare per questo banale scopo. 

Per fare un esempio prendiamo due persone, famose in tutto il mondo e che si sono fatte conoscere per fatti conosciuti a tutti: Albert Einstein e Adolf Hitler. 

Il primo ha fatto diffondere il suo nome per aver rivoluzionato la fisica, grazie alla sua mente brillante infatti è visto da tutti come un idolo.                                                                                                                                      Il secondo si è fatto conoscere in tutto il mondo per aver sterminato quasi undici milioni di persone durante la Seconda Guerra Mondiale, e non a caso è visto come l’incarnazione del male e dell’incoscienza. 

Molte volte mi chiedo cosa ci trovino di divertente a distruggere un uomo, a demolirla completamente, proprio come fecero i Nazisti con gli ebrei, perché il bullo è questo che fa…deride una persona fino al punto di rovinarla.

Molti temi, come il razzismo o l’omofobia, si accomunano al tema del bullismo. Se ci pensate, il razzista e l’omofobo, bullizzano e non poche volte. Sono temi molto simili tra di loro. Insieme alla polizia postale abbiamo parlato anche di questi altri argomenti, e abbiamo capito che ognuno di questi si basa sulla paura del diverso, sulla paura di relazionarci con qualcuno che riteniamo non uguale a noi, e che quindi riteniamo inferiore, per via della sua nazionalità, della sua religione, o del colore della pelle. Tutti e tre si basano sul prendere di mira un soggetto per via delle sue caratteristiche, che possano essere fisiche o mentali.

Direi però che il fulcro o quello che sta alla base di tutto, è in qualsiasi caso il bullismo, perché il razzista bullizza una persona “diversa da lui” e un omofobo bullizza una persona LGBT.




 

Tema sul razzismo – Davide Ariele d’Amore 1C – 25/3/2020

Ho scelto di parlare del razzismo perché si tratta di una problematica importante da molti secoli a questa parte, mentre le altre due tematiche mi sembrano più legate all’attualità. Infatti sul razzismo si è fondato lo schiavismo almeno dal XVI secolo, mentre invece possiamo parlare di cyberbullismo solo a partire dall’invenzione dei social. Quanto all’omofobia, è un tema dibattuto da pochi decenni solo nei paesi democratici, nei quali in passato l’omosessualità veniva condannata o comunque discrimimata. Nei paesi non democratici, invece, l’omosessualità è considerata ancora oggi una grave colpa. 

I mezzi di comunicazione di massa parlano di razzismo in occasione di episodi di cronaca, solitamente violenti. In questi casi i docenti e gli esperti intervengono cercando di informare ed educare, tuttavia i loro sforzi sembrano vani, a giudicare da certi commenti sul web o da certe scritte per strada.

Nel Cinquecento, dopo la scoperta delle Americhe, i conquistatori ridussero in schiavitù      milioni di uomini, sia indigeni che africani. Infatti essi affermavano che i neri e gli indios non avevano l’anima e che quindi erano sullo stesso livello degli animali. Solo 350 anni più tardi lo schiavismo fu proibito, ma circa 80 anni più tardi il razzismo sfociò nel Nazismo, che fece oltre sei milioni di vittime, soprattutto fra gli ebrei. Qualche mese fa abbiamo visitato con la mia classe la sinagoga di Roma, dove le guide ci hanno descritto la deportazione degli ebrei nel ’43, raccontandoci alcuni episodi. Purtroppo nel ’74 la sinagoga fu attaccata da terroristi che lanciarono bombe a mano uccidendo un bambino e ferendo 21 persone. Anche oggi si verificano anche in Italia episodi di violenza, come per esempio il caso di un uomo che ha sparato su alcuni migranti africani innocenti per vendicare l’uccisione di una ragazza. In molti paesi del mondo le minoranze sono perseguitate per motivi religiosi o per motivi razziali, come è avvenuto in Siria dove gli yazidi sono stati sterminati, o in Birmania dove gli ronghya sono espulsi. 

In classe con i docenti e con un agente di polizia abbiamo parlato della falsità della teorie razziste e delle conseguenze penali di comportamenti razzisti e del bullismo.

Per quanto mi riguarda, quando vedo scene di razzismo mi domando come sia possibile che un uomo si senta superiore ad un altro solo perché ha la pelle di un altro colore o perché adora un altro dio. Posso solo immaginare come si sentivano le vittime torturate o uccise da carnefici del loro stesso paese, probabilmente convinti di compiere una missione storica. 

Se fossi io la vittima mi interrogherei sulle ragioni dei miei aguzzini e cercherei di dare una motivazione sensata alle loro azioni e proverei a convincerli del fatto che in fondo siamo tutti uguali. Se tutto questo non servisse a niente, mi rivolgerei alla polizia e denuncerei i fatti. 

Tutti e tre questi fenomeni, razzismo, bullismo e omofobia hanno in comune il fatto che   alcuni uomini esercitano una violenza fisica o verbale su altri uomini non per ciò che essi hanno fatto, ma per ciò che essi sono. Si tratta quindi di violenza su chi viene considerato diverso da noi.     

Daniele Fabrizio.        Bullismo e cyberbullismo.



Il bullismo è un atteggiamento violento e intenzionale nei confronti di una persona considerata dal soggetto inferiore o inadatta a difendersi. 

Questa frase descrive un tema molto importante di cui abbiamo ampiamente parlato in classe e con la polizia postale. Oggi ho deciso di parlarne perchè è il tema che sento più vicino a me ed alla mia generazione oltre che per aver avuto un amico che ne è stato vittima.

Purtroppo questo atteggiamento era una volta ed è tutt’ora molto diffuso. Negli ultimi anni però si è sviluppata un’altra forma di bullismo, ovvero il cyberbullismo che aggiunge al primo l’utilizzo della tecnologia e di piattaforme social ormai diffuse tra tutti i ragazzi. I protagonisti di tutti e due le tipologie sono il bullo, la vittima e gli spettatori. Spesso il bullo viene accompagnato da una cerchia di amici molto ristretta che lo sostiene nelle sue azioni e nella maggior parte dei casi sono essi stessi ad avere gravi problemi psicologici causati ad esempio dalla mancanza di affetto da parte della famiglia che li porta a trovare nelle loro azioni un modo per essere considerati. Ciò insieme ad altri atteggiamenti, come il razzismo o l’omofobia sono alcuni dei principali problemi sociali del mondo contemporaneo. Per questo molte organizzazioni come la polizia postale, nata nel 1981, gli istituti scolastici, o in alcuni casi ogni singolo cittadino cercano di combattere affinché tutto ciò non accada. Purtroppo però è molto difficile prevenire o aggiustare dinamiche di questo genere ed alcune volte, in situazioni molto gravi, la vittima si suicida. Nonostante i numerosi vantaggi che traiamo dalla tecnologia in questi casi essa è molto pericolosa perché è un mezzo di comunicazione estremamente veloce e capillare in cui non sia ha modo di cancellare definitivamente contenuti. Per questo penso che le peggiori forme di discriminazioni siano attraverso internet o piattaforme social ormai diffuse tra tutti i ragazzi. Un mio caro amico, conosciuto alle elementari, durante il periodo delle scuole medie è stato bullizzato a causa di una difficoltà nel camminare, dovuta ad un grave incidente in bicicletta. Io al momento dell’incidente non ero presente, ma ho saputo l’accaduto il giorno seguente: quando ho chiamato Matteo, il mio amico, mi ha detto che era in ospedale e lo avevano operato. Stava facendo una gara in bicicletta con un suo amico e al momento di fermarsi i freni non avevano reagito. Si era schiantato su un vaso in cemento, ed era caduto su un prato con la bici sopra la gamba causandone la rottura. In ospedale gli avevano detto che per molto tempo avrebbe camminato male e non avrebbe assolutamente potuto correre. Così quando è tornato a scuola un gruppo di bulli di un’altra classe ha iniziato a prenderlo in giro dicendo che era zoppo e gli lanciavano oggetti in corsa facendogli pesare il fatto che non riusciva a correre. Dopo poco tempo però fortunatamente alcuni studenti della classe hanno riferito tutto ciò al preside della scuola. Tornava tutti giorni a casa piangendo e con la tentazione di non andare più a scuola e non uscire di casa, così anche i genitori hanno chiamato la scuola che ha comunicato ai genitori dei bulli che sarebbero stati espulsi, e una volta tornati avrebbero dovuto smetterla di bullizzare Matteo, altrimenti sarebbero intervenute le forze dell’ordine. Fortunatamente la cosa si era risolta e Matteo aveva sofferto per soli 2 mesi. Si potrebbe dire però che 2 mesi siano pochi, ma in realtà finché questo atteggiamento non ci tocca personalmente, o una persona molto cara a noi, non si capisce fino in fondo quanto possa essere doloroso anche solo per una settimana essere trattai male a causa di una qualunque difficoltà che si può incontrare nel corso della vita. Adesso che lui frequenta il primo liceo come me non ha più nessun tipo di problema ed io e lui siamo molto legati. Con questo racconto spero che riesca a far capire a ragazzi come ero io, che non credono fino in fondo all’importanza di questo tema, che in realtà è fondamentale riferire e parlare sempre delle difficoltà che si possono incontrare di ogni tipo. Perché c’è sempre un modo per punire l’artefice ed aiutare una vittima che deve sempre ricordare che nella maggior parte dei casi è l’artefice ad avere problemi psicologici o una ristrettezza mentale che non gli permette di accettare dei comportamenti o culture diverse dalle proprie. Anche in diversi atteggiamenti che ho già nominato quali il razzismo o l’omofobia è importante aiutare le persone in difficoltà perché non è accettabile che in un mondo moderno ed “evoluto” esistano ancora questi tipi di problematiche sociali.

TEMA NUMERO 2

OMOFOBIA – Marini Andrea

Tra le tre tematiche proposte ho scelto l’omofobia, perché secondo me è un tema più attuale. Sentiamo parlare spesso del bullismo e del razzismo, mentre l’omofobia a volte è un tabù, maggiormente per gli anziani, perché i giovani di solito hanno una mente più aperta, anche se spesso però sentiamo, dai mezzi di comunicazione, di aggressioni a sfondo omofobo da parte, ad esempio di ragazzi fuori da una discoteca o a scuola.

In Italia purtroppo non esiste ancora una legge contro l’omofobia, ma ci sarà presto, prima dell’emergenza Coronavirus, era previsto, per il 31 marzo, un incontro per parlare di questo tema.

 L’omofobia, crea nelle vittime un grande disagio psicologico, infatti è causa di una grande percentuale dei suicidi adolescenziali.

 Fortunatamente oggi se ne sta parlando sempre di più, soprattutto nelle scuole, per sensibilizzare quante più persone possibili, il che è già un grande traguardo per la battaglia a questo fenomeno. 

Questa battaglia va vinta quanto prima perché danneggia seriamente chi ne è vittima, le vittime vengono fatte sentire sbagliate e portate ad odiare sé stessi, semplicemente perché diverse dal gruppo dei coetanei con cui vivono, e questa è una cosa orrenda e che nessuno dovrebbe provare.

Un esempio può essere la storia di Marco, un ragazzo di 14 anni che si è suicidato gettandosi da un terrazzo a San Basilio, non riusciva più a convivere con l’idea di non essere accettato da quando si è accorto che le sue prime cotte erano ragazzi e non ragazze.

 Dopo questo caso lo psichiatra Vittorio Lingiardi ha spiegato che: “chi ha un orientamento sessuale minoritario ha una difficoltà in più, se sei nero o ebreo quando torni a casa hai il sostegno della famiglia. I gay spesso devono nascondersi anche lì.” questa è una frase che mi ha colpito molto, perché mettendosi nei panni di una vittima di omofobia a scuola, finalmente tornare a casa per fuggire dalle discriminazioni e poi non trovare l’appoggio della famiglia, o addirittura essere insultato o cacciato di casa e a quel punto è veramente solo senza avere nessuno a cui chiedere aiuto. 

Noi, come classe abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con i docenti ed anche con un poliziotto con cui abbiamo discusso del perché l’omofobia è una cosa sbagliata e che i gay sono persone normali; avere un orientamento sessuale diverso dagli altri non vuol dire essere inferiori, è proprio la diversità che rende affascinante l’umanità, FORTUNATAMENTE siamo tutti diversi, e queste differenze non devono essere un pretesto per discriminare qualcuno. È proprio questo che accomuna l’omofobia con il razzismo e il bullismo, la discriminazione per una diversità.

TEMA n. 2

L’OMOFOBIA – Milana Leonardo

Un tema che è stato trattato durante vari incontri avuti con la polizia in classe, è stato quello dell’omofobia.

Ho scelto di parlare di questo argomento perché pur essendo sempre presente nella nostra società, ho l’impressione che venga un po’ trascurato dai mezzi di comunicazione.

Penso che sia molto importante parlarne, e sicuramente le parole degli esperti possono aiutare ad arginare il fenomeno. Più se ne parla, più si conosce l’argomento, e meglio è.

Questo tema è attuale perché di frequente vengono compiuti atti di discriminazione e violenze nei confronti delle persone omosessuali e transessuali. Questi atti spesso riguardano persone giovani e avvengono durante la vita quotidiana: possono essere insulti verbali, scritte offensive, fino ad arrivare ad aggressioni fisiche. 

Episodi di omofobia sono avvenuti negli ultimi anni anche sulla Rete e sui social, dove gli aggressori si possono nascondere dietro l’anonimato. 

A volte le vittime neanche denunciano per paura, e se lo fanno possono avere tante ripercussioni nella sfera pubblica e privata che possono portare a eventi tragici, come il suicidio.

 

Questi fenomeni, seppur vengano disprezzati dalla maggior parte della popolazione, continuano ad avvenire, secondo me, sopratutto per un pregiudizio, diffuso in alcune comunità conservatrici e religiose, che considera malato o sbagliato l’omosessuale.

Attualmente, in Italia, ancora non esiste una legge contro la omotransfobia, anche se si è cominciato a parlarne; a volte è proprio la stessa politica ad opporsi alle leggi a favore dei diritti per le comunità LGBT. 

Pur non essendo una vittima di omofobia, posso immaginare cosa si prova ad essere considerati “diversi” e derisi dalle persone; come ci si possa sentire ad essere discriminati ad esempio sul lavoro per il proprio orientamento sessuale: accade spesso, infatti, che in quei lavori dove si ha un contatto con il pubblico, non vengano assunti omosessuali perché potrebbero arrecare una cattiva immagine all’azienda. 

Oppure immagino cosa abbiano provato quelle persone alle quali tempo fa era stato negato l’affitto di un appartamento o il pernottamento in albergo.

Anche l’omofobia è una forma di razzismo, ma ciò secondo me viene ignorato. Sono ancora molte le persone e le famiglie che sono vittime di questa discriminazione.

Servirebbe una legge che punisca questi reati come è stato fatto per il razzismo: spero che questo vuoto normativo possa essere colmato il prima possibile. 



Traccia due: riflessione sul bullismo cyberbullismo

Filippo Pagano

Oggi vorrei parlare di un argomento molto importante che caratterizza i nostri tempi, soprattutto fra noi giovani all’interno dell’ambiente scolastico e non, il bullismo e il cyberbullismo. La maggior parte degli eventi avviene sui social e a scuola, coinvolge moltissimi adolescenti e può avere esiti devastanti.  Ho scelto di trattare questo tema in particolare perché ho conosciuto persone che hanno subito azioni di bullismo, che si sono confidate con me, e quando lo abbiamo trattato in classe è stato il tema al quale mi sono interessato di più. Credo quindi che sia l’argomento sul quale mi posso meglio esprimere. Sentiamo molto spesso eventi di bullismo o cyberbullismo che vengono esposti al telegiornale, in tante trasmissioni che danno largo spazio al problema con dibattiti e molto spesso leggiamo di questo argomento anche sulle testate giornalistiche o magari lo sentiamo alla radio dove si parla di combatterlo per evitare eventi spiacevoli. Secondo gli psicologi il bullismo e il cyberbullismo sono entrambi atti aggressivi, fatti intenzionalmente, che persistono nel tempo, mentre nel bullismo la violenza può essere verbale o anche fisica nel cyberbullismo avviene solo attraverso la rete, in questo modo l’anonimato e la difficoltà di essere rintracciati permette ai bulli di agire indisturbati e diffondere offese ad un grande numero di persone in tempi brevi. Quasi sempre i bulli  sono a loro volte delle vittime e hanno difficoltà emotive che sfociano in atteggiamenti di rabbia e aggressività che scaricano su individui più fragili e vulnerabili. Molti di questi comportamenti non vengono percepiti dai ragazzi come reati come fatti gravi come un danno per le vittime e spesso nascono come antipatie reali e prese in giro tra compagni di scuola. Gli psicologi consigliano di aiutare il bullo a incanalare la sua rabbia in comportamenti non violenti e a vivere delle esperienze positive che gli permettano di vedere le cose da una prospettiva diversa. Fondamentale è il ruolo della famiglia e degli insegnanti che devono essere attenti a riconoscere segnali di difficoltà dei propri figli, anche gli insegnanti sono tenuti a prestare attenzione a eventi di bullismo e a denunciarli. Nel 1981 nasce la polizia postale, ente con il compito di monitorare su determinati fatti e promuovere progetti per coinvolgere, educare, formare e sensibilizzare i giovani ad un uso sicuro del web senza correre rischi di adottare comportamenti scorretti o pericolosi per se stessi e per gli altri. 

Io sono venuto a conoscenza di alcuni casi di bullismo poiché alcune persone si sono confidate con me ed io ho sempre provato a sostenerle. L’ultima persona è il mio cugino inglese Michael (di dieci anni) che quest’anno per via del cambio di scuola è stato preso di mira da un gruppo di ragazzi. Lui mi diceva che lo obbligavano a dargli la merenda o che ripetutamente ogni giorno lo prendevano in giro sminuendolo solo per via di un computer. Io in questo caso non ho potuto sostenerlo anche per via della distanza ma so che i suoi genitori hanno subito contattato la scuola che ha preso provvedimenti a riguardo.  Anche nella mia scuola c’è stato un incontro con la polizia postale dove abbiamo appunto trattato vari argomenti tra cui il bullismo. Il poliziotto ci ha introdotto il tema indicando le caratteristiche del bullo, della vittima e soprattutto come lui ha voluto sottolineare il ruolo degli spettatori che non denunciando il fatto diventano complici di tale reato. Ha cercato nell’ ultima lezione di farci capire che a volte anche in maniera non intenzionale ognuno di noi può assumere comportamenti da bullo, aiutandoci ad evitarli e prospettandoci la pericolosità della diffusione di immagini e notizie private di altre persone soprattutto nel web. Cadere nell’ atto del bullismo è molto facile perché un semplice scherzo può diventare offensivo per la vittima diventando così un atto di bullismo. Secondo me il bullo è un ragazzo che ha difficoltà emotive o che si sente sicuro di ma in realtà non lo è, non ha dei modelli di comportamento e che nel caso del cyberbullismo si nasconde dietro ad un display sentendosi invincibile e che forze non si rende nemmeno conto della sofferenza che causa alla sua vittima. Secondo me la vittima può essere un ragazzo tranquillo o sennò un ragazzo già insicuro di che il bullo prende di mira. Sicuramente il ragazzo bullizzato inizia a sentirsi non accettato nel gruppo perdendo la propria autostima e sicurezza. Io da vittima mi chiederei principalmente perché un ragazzo mi vede diverso, perché sta assumendo questo comportamento nei miei confronti e quale piacere prova nel far soffrire una persona e mi sentirei escluso dal gruppo. Sicuramente nel tempo mi inizierei a sentirmi triste ma proverei ad appoggiarmi ad un amico fidato, con il quale mi posso confrontare e sfogare perché sono sicuro che da vittima nascerebbe dentro ognuno una grande rabbia. Sicuramente chiederei aiuto alla famiglia per provare a trovare una soluzione per uscire da una situazione così. Comunque tra le tre tematiche proposte e delle quali abbiamo parlato sia in classe sia in presenza del poliziotto ci sono delle caratteristiche analoghe. Come il poliziotto ci ha fatto capire tutte e tre nascono dalla paura di relazionarci con il “diverso” cioè una persona che noi riteniamo non sia uguale a noi magari solo per via della etnia, della religione o delle scelte sessuali. Tutte e tre sono accomunate dalla discriminazione di un soggetto per via di alcune sue caratteristiche. Atti di omofobia ,razzismo e bullismo possono essere svolti fisicamente o tramite l’ utilizzo del web.

IL BULLISMO E CYBERBULLISMO – Pressutti Beatrice

Il termine bullismo indica un comportamento aggressivo e ripetuto nel tempo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. Da una parte c’è il bullo, colui che attua una violenza che può essere fisica e/o psicologica mentre dall’altra la vittima, colui che subisce questi atteggiamenti. 

Il bullo di solito si circonda di complici che lo appoggiano ed aiutano nel perpetrare questi soprusi; questi possono servirsi delle piattaforme digitali che permettono di ampliare il raggio di azione perché molto diffuse, frequentate da innumerevoli persone e inoltre permettono di agire in anonimato.

Gli esperti del settore cercano di aiutare dando dei consigli su come affrontare questo tipo di situazione. Se si viene bullizzati è importante parlarne con qualcuno, non isolarsi, reagire ai soprusi e se serve farsi aiutare dalle forze dell’ordine e da uno psicologo. 

Le conseguenze del bullismo possono essere più o meno gravi, a volte fatali per la vittima che può arrivare anche al suicidio. Ormai è un argomento molto trattato e discusso sia su internet che in televisione e nelle scuole dove purtroppo è più frequente accadano questi episodi.

Ho scelto il bullismo poiché avendolo vissuto in prima persona credo di essere maggiormente competente nel parlare di questo argomento piuttosto che dell’omofobia o del razzismo.

Durante la mia esperienza avvenuta mentre frequentavo le scuole medie mi sono resa conto che i professori nel loro tentativo di porre fine alla situazione che si era creata non sono stati in grado di eliminare il problema ma forse sono stati in grado di peggiorarlo.  

A seconda dell’organizzazione e della competenza della scuola e dei professori possiamo trovare tre realtà distinte: la prima è quando sia l’istituto che i collaboratori si disinteressano completamente del fenomeno; la seconda è quando il fenomeno è parzialmente trattato ma nel momento in cui avviene non si è in grado di affrontarlo; la terza realtà comprende le scuole dove il fenomeno è ben trattato ed i professori si adoperano per ridurre ed evitare atti di bullismo anche coinvolgendo la polizia ed esperti del settore per istruire noi alunni su quanto questi atti siano spregevoli e inutili e quindi insegnarci come affrontarli.

Non ho mai condiviso totalmente la mia esperienza poiché ricordarlo mi fa tutt’ora soffrire ma tra le righe di questo testo cercherò di far capire e raccontare senza entrare nei particolari ciò che ho vissuto.

Ci troviamo circa a metà della seconda media quando la mia migliore amica al tempo (ma nonostante ciò che mi ha fatto passare rimane la persona più importante per me anche ora che non abbiamo più nessun tipo di rapporto) ha deciso di mettere in giro voci false su di me. Da lì mezza scuola, dai i ragazzi che avevo rifiutato fino a quelli che nemmeno conoscevo, alle ragazze che manipolava, quasi tutti iniziarono ad insultarmi inventando ulteriori falsità più di quelle che aveva diffuso lei e cominciarono a scrivermi sui social con dei profili falsi tutte cose che ovviamente non erano vere.. questa situazione è durata circa un anno.

Io ho sempre cercato di mostrarmi all’apparenza forte e disinteressata di ciò che succedeva anche se dentro di me stavo molto male. A volte rispondevo agli insulti altre invece no, ho sempre parlato con tutti anche se sapevo ciò che alcuni dicevano di me ma la cosa più importante è che questa esperienza seppur negativa mi ha aiutato a riconoscere le persone vere.

Questa situazione mi ha segnata particolarmente e tutt’oggi condiziona la mia vita, talmente tanto da non riuscire più a fidarmi di nessuno, ad esempio ogni volta che un ragazzo tenta un approccio con me lo respingo, la stessa cosa per le amiche che ovviamente ho ma quando sono sola nella mia testa mi creo sempre dei complessi perchè penso che possano prendermi in giro, mi chiedo se sono veramente leali con me o se invece si vogliono prendere gioco di me. 

A distanza di quasi due anni ricordo ancora tutto come fosse ieri ed è questo che non mi permette di essere serena e vivo la mia vita in un continuo stato d’ansia.

Quando quest’anno alle superiori in un nuovo ambiente e con gente nuova, l’agente della polizia è venuto nella mia classe per parlarci del tema del bullismo ma anche dell’omofobia e del razzismo mentre si discuteva e ci si confrontava, nella mia testa era tutto un susseguirsi di ricordi e questo mi ha disorientato e fatto sentire vulnerabile avendo fatto riaffiorare la paura di essere nuovamente presa di mira. 

Ancora oggi mi sento male ogni volta che ripenso a quei momenti soprattutto perché provocati da una delle poche persone di cui io mi sia mai fidata realmente e con la quale sono cresciuta.

Mi sono chiesta tante volte perchè si sia comportata in questo modo e sono arrivata a pensare che si sia sentita minacciata da me per come sono, io differentemente da lei non ho mai avuto problemi con nessuno e ho sempre cercato di aiutare gli altri.

Chi l’ha sostenuta nelle sue azioni “da bulla” probabilmente lo ha fatto per divertimento senza pensare che ciò potesse ferirmi. Quando li ho affrontati chiedendo il motivo del loro comportamento nessuno ha avuto il coraggio di ammettere di aver partecipato a queste pessime azioni. Penso che i bulli siano i primi ad avere dei problemi di adattamento nella vita sociale, non sono in grado di gestire i rapporti con gli altri e tendono a sottomettere gli individui per sentirsi e mostrarsi superiori alle vittime e quindi mettersi al centro dell’attenzione.

La cosa che più mi addolora e disturba è quando la gente mi dice che non ha senso pensarci e starci male a distanza di così tanto tempo e che lo devo superare.. ma d’altronde se non lo si prova non ci si rende conto di quanto sia difficile riuscirci. Io ogni volta che mi dicono queste parole vorrei dirgli: “Secondo te a me piace stare così? Non vorrei una volta per tutte riuscire a mettere una pietra sopra a tutto e dimenticarmene? Non credi?”

Però la maggior parte delle volte non dico niente per paura che pensino che non sono abbastanza forte e si allontanino da me non accettandomi per come sono.

Non dimenticherò mai le parole di una mia amica quando si è trovata in una situazione simile alla mia e nel momento in cui io le avevo chiesto aiuto lei quasi deridendomi lo ha raccontato ad altri mentre quando è successo a lei io non l’ho detto a nessuno e dopo lei mi ha chiesto scusa dato che non pensava ci si sentisse così.

Il bullismo, il razzismo e l’omofobia hanno in comune un prepotente e una vittima: il prepotente con il suo bisogno di superiorità e attenzione e la vittima con le sue insicurezze e paure che vengono alimentate dall’atteggiamento del prevaricatore. Si crea quindi un circolo vizioso da cui se non aiutati nessuno dei due riesce ad uscire.

Sono tre fenomeni con nomi diversi ma con la stessa radice: la mancanza di rispetto per le diversità altrui; bisognerebbe che tutti capissero che ognuno è unico e ciò non può che arricchire la società e quindi tutti noi.

PRESUTTI BEATRICE 

Traccia 2

Alberto Tridente               25 marzo 2020

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 Il razzismo

Il razzismo è la tendenza a discriminare un individuo in base alla sua religione, il suo colore della pelle e la sua etnia. Personalmente sono molto sensibile a questo problema, dato che ho due fratelli africani, adottati dal Congo, che quindi sono di etnia diversa dalla mia.

Quando sono andato il Africa con i miei genitori a prendere il mio primo fratello, avevo cinque anni e non sentivo affatto la tematica del razzismo. All’epoca come tutti i bambini non percepivo differenza tra me e i miei fratelli e mi sembrava che nessuno intorno a me ci pensasse. Ora, crescendo capisco che il razzismo è ancora un problema presente. 

La prima volta che mi sono reso conto che l’etnia dei miei fratelli poteva essere un problema per alcuni, è stato al parco giochi in montagna. Al nostro arrivo, gli altri bambini che stavano giocando iniziarono a strillare: “Uh, i negri!”, ridendo e scappando. I miei fratelli ci rimasero male, io ancora peggio, perchè mi dava fastidio che venissero paragonati a persone cattive da cui fuggire. Certo, non posso definire questo un episodio di vero razzismo, perché in fondo si è trattato di una bambinata, ma è stato quello il momento che mi ha aperto gli occhi su come alcuni possono vedere le differenze, perciò da allora ci faccio caso. 

Ora si sente molto parlare di razzismo, sia in televisione sia a scuola, e secondo me questa è una cosa giusta, perché in questo modo si avvicinano i giovani ad un tema importante e li si aiuta a prendere una posizione senza pregiudizi. Secondo me sono più le generazioni passate, come quelle dei nostri nonni o dei nostri genitori, a non essere abituate a vivere in un paese multietnico. In definitiva credo che il razzismo sia dovuto all’ignoranza, nel senso di non conoscenza. E’ normale forse temere quello che non si conosce e sembra così diverso da noi, magari si pensa che ci può togliere le nostre certezze. Poi è anche facile farsi influenzare dagli altri e evitare di affrontare questo “diverso”, diventando razzisti o comunque disinteressandosi. Anche la politica spesso dà esempi negativi di razzismo ed esclusione e le persone si fanno influenzare, diventando “aguzzini” per paura che gli stranieri portino via il lavoro e arrivino al benessere. Anche gli altri fenomeni come il bullismo e l’omofobia nascono dalla paura del diverso e si nascono dall’ignoranza e dal complesso di inferiorità di alcuni che vogliono prevalere ma 

Oggi in Italia vivono tanti stranieri, ci sono migliaia di adulti che sono venuti per lavorare, ma anche figli di famiglie straniere presenti nel nostro paese da anni. Poi ci sono le persone adottate, come i miei fratelli, che spiccano perché magari hanno l’aspetto diverso, ma sono italiane a tutti gli effetti.  Questa cosa colpisce perché un italiano di colore o di etnia diversa è una stranezza, specie per le vecchie generazioni. Credo che sia molto doloroso per questi “nuovi italiani” sentirsi rifiutati e specie per i bambini deve essere un problema non riuscire ad essere accettati perché stranieri e diversi. 

Io penso che ogni essere umano è uguale e contemporaneamente diverso da un altro e che ognuno può contribuire a modo suo alla vita economica di un paese.  Ogni persona prende le abitudini e parla la lingua del paese in cui vive abitualmente, ed è questo che gli dà una radice, ma poi tutti devono poter vivere ovunque in piena libertà senza dover essere discriminati per nessun motivo