LE PASSIONI: LA NOSTRA ANCORA DI SALVEZZA


Le passioni non soltanto ci colorano le giornate con la loro intensità,ma spesso sono il nostro motivo per andare avanti, per continuare a vivere.


Le passioni: tema alquanto banale però forse al contempo quasi sottovalutato. No, non si parla di semplici attività che si svolgono talvolta nel tempo libero. Le passioni sono gli occhi del cuore, ci lasciano vedere il mondo come mai prima, ci fanno riscoprire i colori e la bellezza delle loro varie sfaccettature . Talvolta si può pensare che queste sfumature siano sinonimo di imperfezione ma, come in realtà le passioni ci ricordano, esse ci donano intensità, rappresentano infatti i colori che nella loro indecisione non potevano essere più giusti.
Perché solo attraverso le passioni possiamo capire tutto ciò ? Perché ciò che le lega alle sfumature è la loro simile e profonda intensità . Pensiamo a diverse passioni, per esempio la musica o lo sport.
Potremmo mai immaginare le note di un pianoforte soltanto con suoni decisi? Non sono forse quelle melodie sospese nell’aria a crearci le palpitazioni ? Non sono forse esse a farci venire la pelle d’oca ? Proprio come l’adrenalina che si prova guardando o praticando uno sport. Quella sensazione di paura e decisione allo stesso tempo, non è forse quella a rendere tutto più interessante?
Riusciremmo a vivere senza queste emozioni? Probabilmente si, almeno teoricamente ci riusciremmo, con condizioni ottime di salute . Però forse la nostra esistenza non avrebbe più un vero senso.
Alcune persone stanno riscoprendo la bellezza superiore di dare un senso alla propria vita, al di là di quelli che avrebbero potuto essere i loro limiti, sia fisici che mentali. Le passioni sono state la loro ancora di salvezza soprattutto da quando si sono ritrovati, inevitabilmente, a dover affrontare la tempesta.


Una delle persone che ci ha fatto sognare per la sua forza e la sua determinazione è la campionessa sportiva Bebe Vio. Nata a Venezia , è seconda di tre fratelli; ha praticato scherma fin dall’età di cinque anni e mezzo. Era la sua passione, la sua arte, almeno finchè nel 2008 all’età di 11 anni fu colpita da una meningite fulminante che le causò un’estesa infezione, con annessa necrosi ad avambracci e gambe, di cui si rese necessaria l’amputazione.Un percorso lungo e complicato che vede Bebe combattere in ospedale per più di sei mesi, tra chirurgia plastica e rianimazione; questa malattia lascia sul suo corpo evidenti tracce, sono molte infatti le cicatrici che ricoprono il corpo della giovane Vio.
Un anno, è bastato un solo anno per cambiarle totalmente la vita, per farle capire di essersi trovata nella tempesta. E in queste situazioni, non è facile avere ancora la voglia di lottare per rimanere a galla, perché il mare sembra troppo forte e perché il dolore ci lacera lentamente, e troppo in profondità. E ad un tratto non si parla soltanto di sofferenza fisica, ma del terrore di quello che verrà dopo, della prospettiva che la tempesta forse non finirà mai. E allora sembra più facile scappare dalla situazione, voler annegare per non essere costretti a dover accettare il cambiamento, a dover fronteggiare le conseguenze della potenza del mare e dell’imprevedibilitá della vita.
Ecco infatti cosa ci racconta Bebè Vio di quel periodo: “Ho chiesto ai medici di uscire prima dall’ospedale perché era il mio compleanno, mio papà a casa mi faceva le medicazioni ma non avevo la morfina. Mi faceva molto male, urlavo ‘perché a me, perché a me’ e volevo suicidarmi”.
Momenti duri, difficilissimi, sembra di non scorgere una via d’uscita , di aver perso più di avambracci e gambe, di aver perso la speranza per la propria passione e la speranza per la vita.


Tuttavia , è la risposta del padre di Bebe a rappresentare un punto di svolta, come lei racconta in un’intervista : “Mio papà mi ha chiesto ‘E come avresti intenzione di suicidarti?’ e io ‘Ora mi butto giù dal letto’. Ammetto di avere un letto americano, quindi è molto alto, ma ovviamente non abbastanza. Faccio per buttarmi giù, lui non ci credeva, mi ha preso al volo e mi ha rilanciata su e poi mi fa: ‘Bebe scusami, buttandoti giù dal letto non ti suicidi ma ti fai ancora più male e poi vieni a me a rompere. Se vuoi me lo dici, siamo al secondo piano e ti porto alla finestra. Se ti butti da lì è sicuro’.A quel punto mi disse: ‘Bebe, ma non rompere le scatole che la vita è una figata!’. E io sono rimasta lì a pensare che la parte dura era finita e a quel punto era tutto relativamente in discesa. È stata questa frase a illuminarci”.
E da quel momento, per Bebe Vio, la vita è stata veramente una figata
Ha affrontato ogni giorno con un sorriso sempre più grande, con una luce negli occhi capace di accecare tutti. Questo perché nonostante le difficoltà, ha ritrovato la gioia grazie alla sua grande passione: la scherma.
Ha imparato a far diventare possibile anche l’impossibile , non si è fermata davanti a niente.
Perché come lei stessa ha spiegato, non aveva senso continuare a chiedersi “perché a me?”, non augureremmo tutto ciò a nessuno. Bisogna riscoprire la gioia e la fortuna di essere ancora vivi, di poter cambiare le cose. Contrariamente a quello che si aspettava Bebe, la sua vita non è stata in “discesa” anzi. Non ha mai smesso di amare il suo sport, e
la sua forza, la sua determinazione ma soprattutto la sua grande ironia, l’hanno portata al successo. Perché se non si può camminare, non significa che non si possa volare.
Da quando Bebe Vio ha scoperto di poter continuare a praticare il suo sport, la scherma è rientrata nella sua vita,e, fortunatamente, non è più uscita . È come se ad un tratto le avesse fatto dimenticare di tutte le sue ferite, di tutta la sofferenza, di tutte le sue delusioni. La scherma ha rimesso in piedi i pezzi della sua anima, facendoglieli sentire, per la prima volta, realmente al posto giusto. È incredibile come uno sport, o una passione, riesca a far riscoprire il mondo, riesca a dare l’energia necessaria per non smettere di lottare. Certo, non è stato semplice per lei, all’inizio niente lo è. Però quello che si può creare quando si è guidati dal cuore, è semplicemente straordinario. Non c’è bisogno di avere tutte le caratteristiche fisiche o le doti necessarie, se una passione accende la propria anima, non c’è niente da fare, si continuerà a brillare.
Ed è quello che è successo a Bebe Vio.
La sua crescita sportiva compiuta dal giorno in cui è tornata in pedana è stata davvero degna di nota: nel giro di poco più di un anno ha conquistato il titolo di Campionessa italiana ai campionati italiani Under 20 del Gran Premio Giovanissimi “Renzo Nostini” – Trofeo “Kinder+Sport” (6 maggio 2011), si è piazzata seconda ai Campionati italiani assoluti di Livorno (27 maggio 2011) ed ha vinto il Primo Trofeo Open Femminile Under 18 di scherma in carrozzina a Varsavia (dal 23 al 26 giugno).Ad aprile 2013 vince il suo primo oro in una competizione di Coppa del Mondo a Montreal (Canada).
Questi sono alcuni (davvero una minima parte) dei suoi grandi e innumerevoli successi.
Ed è sicuro che ce ne saranno tanti altri, perché quando si ama veramente il proprio sport, è impossibile smettere di farlo.


Un’altra storia importante di cui dovreste veramente essere a conoscenza è quella di Ezio Bosso, che purtroppo recentemente, alla sola età di 48 anni, è venuto a mancare. Egli era un direttore d’orchestra, un compositore e un pianista italiano. Era e continuerà sempre ad essere uno dei più grandi artisti che il nostro Stato ha avuto l’onore di ospitare. Una delle poche persone che rappresenta il vero simbolo della parola passione. Il suo cuore fu rapito dalla musica alla sola età di 4anni. Comprese subito di essere stato stregato dalle note, la sua anima non poteva farne a meno. Dunque intraprese la sua vita con un unico scopo, quello di poter creare lui quelle dolci melodie capaci di far sognare. E ci è riuscito pienamente, studiando prima in conservatorio e poi esordendo in Francia, come solista, alla sola età di 16 anni. Da quell’evento incominciò a girare per le orchestre europee. Fu l’incontro con Ludwig Streicher a segnare la svolta della sua carriera artistica indirizzandolo a studiare Composizione e Direzione d’Orchestra all’Accademia di Vienna.
Aveva finalmente trovato il senso della sua vita nella musica, ed ebbe molto successo.
Incredibile anche solo rivedere nelle registrazioni come suonasse, ad occhi chiusi, con le mani che andavano da sole. La musica la sentiva dentro di sè,in tutta la sua intensità e con tutte le sue sfumature, le sue bellissime note e differenti dinamiche, ed era estasiato dal suo grande amore per lei, da come lo facesse sentire bene.
Tutto questo però finché, anche lui si trovò nella tempesta.
Una tempesta, purtroppo, molto burrascosa.
Nel 2011 subì un intervento per l’asportazione di una neoplasia cerebrale e fu anche colpito da una sindrome autoimmune neuropatica.Le patologie inizialmente non gli impedirono di continuare a suonare, comporre e dirigere.
Non aveva intenzione di fermarsi, era una lotta contro la sua malattia, era dura però ne valeva la pena. Lo faceva per la continua elevazione e devozione dell’anima alla sua arte.
Non gli importava del mare burrascoso che aveva contro, del dolore passato, della difficoltà nel continuare la propria vita come se fosse semplice.
Eppure non ha mai smesso di sorridere, i suoi occhi non hanno mai smesso di brillare. Sembra la descrizione di un innamorato, ed in certi versi lui lo era.
Innamorato profondamente e intensamente della musica. Era disposto a fare tutto tranne che a perderla. È sempre stata e sempre sarà il suo grande sogno. Il suo desiderio, quello che fa venire i brividi al solo pensiero. Già, i brividi che non solo lui sentiva mentre suonava, perché infatti era capace di trasmetterli a tutti.
Un artista non è solo colui che ha grandiose abilità, ma è soprattutto colui che riesce ad emozionare il mondo nel mostrargliele.
E lui ha emozionato più volte se stesso ed il suo pubblico.
Ha portato grandi valori in una realtà che forse non gli era neanche all’altezza.

Infatti nonostante la sua grandezza, è sempre stato umile, ha sempre voluto diffondere il suo dono, con l’ambizione di poter aiutare con la forza della sua determinazione. Bastava solo sintonizzare tutte le nostre anime alla sua musica. Ha salvato tante persone, ma purtroppo non è riuscito a farlo con se stesso.
Non dipendeva da lui, aveva superato più volte le maree, ma questa era una vera tempesta, ed era dannatamente incessante.
Purtroppo infatti, il peggioramento della malattia neurodegenerativa lo ha costretto nel settembre 2019 alla cessazione dell’attività di pianista, avendo compromesso l’uso delle mani.È morto il 15 maggio 2020 nella sua casa di Bologna a causa dell’aggravarsi della malattia.
Una passione travolgente, fino all’ultimo respiro.
I parenti, i conoscenti, la gente, l’Italia….tutti hanno perso una persona preziosa, un diamante in un mondo che si accontenta solo di bronzo.


Vi ho raccontato due storie difficili, due storie di persone incredibili che non si sono mai fatte limitare dagli ostacoli della vita. Il destino purtroppo sembra essere crudele, bisogna ricordare di continuare ad andare avanti, di cercare un’ancora di salvezza. Anche Ezio Bosso ha trovato la salvezza, anche se non è qui, è riuscito a salvare la propria anima, a vivere la vita con la stessa audace intensità.
E allora perché chi ne ha tutte le possibilità non lo ha ancora fatto?
Abbiamo tutti nel petto un violino e abbiamo perso l’archetto per suonarlo. Alcuni lo ritrovano nei libri, altri nell’incendio di un tramonto, altri negli occhi di una persona, ma ogni volta l’archetto cade dalle mani e si perde come un filo d’erba o un sogno.
La vita è la ricerca infinita di questo archetto per non sentire il silenzio che ci circonda.
Affrettatevi, il tempo vola, non fate volare via anche il vostro archetto.

Martina Amitrano 3C classico Cambridge 2.0 -liceo G.B. Vico Napoli