Cari governanti, ascoltateci.

Dad e rientro a scuola, le aspettative di una generazione che alza la voce.

“Cosa succederà a settembre?”: ecco il grande interrogativo per questo autunno.

Più in particolare, il vero dilemma riguarda il destino della scuola durante la sua convivenza forzata con l’emergenza Covid-19.

Si continuerà con la didattica a distanza? Si seguiranno dei turni? Si useranno barriere di plexiglass?

Insomma, di ipotesi ce ne sono tante.  Altrettanto numerose sono le proposte di possibili soluzioni ai problemi che pongono; alcune di queste sono parecchio creative, dobbiamo riconoscerlo.

C’è solo un “piccolo” dettaglio che stupisce un po’ riguardo a tutta questa faccenda: si sta decidendo il destino della scuola (istituzione concepita e creata per i ragazzi) senza interpellare gli stessi studenti.

La scuola dovrebbe basarsi sulle esigenze dei diretti interessati, specialmente ora che, con l’arrivo dell’era digitale, le necessità dei giovani sono così rapidamente e profondamente cambiate.

È impensabile che si decida sul destino di un’istituzione pensata per i giovani senza interpellarli: sono gli studenti che nel prossimo futuro dovranno sperimentare in prima persona i metodi scelti dal governo e sono sempre loro che, in breve tempo, si affacceranno al mondo del lavoro, con la necessità di sperimentare in concreto le competenze acquisite a scuola o si ritroveranno a compiere scelte politiche, di cui dovranno avere piena consapevolezza. Devono quindi arrivare più preparati possibili ad affrontare la vita da adulti, e in quel momento saranno influenzati da decisioni prese oggi per loro da chi non ha raccolto le loro opinioni, i loro problemi, le loro proposte.

“Ma che dobbiamo farci? Questa è la logica italiana, radicata nella nostra indole: decide chi è al potere senza tener conto della posizione delle persone su cui ricadono le conseguenze. È inutile tentare di cambiarla ormai,” direte voi. E qui è l’errore più grave: rassegnarsi e tollerare una prassi sbagliata solamente perché è stata seguita per molto tempo non è un atteggiamento utile e costruttivo.

In Italia dobbiamo crescere, e questo può avvenire prima di tutto imparando a rispettarci gli uni con gli altri e a lasciare spazio a ogni individuo, ascoltando anche a quelli che per la loro età pesano poco “politicamente”.

Questa pigrizia che proviamo verso il cambiamento ci sta solo portando a toccare il fondo: dobbiamo rialzarci, comprendere quali siano i nostri problemi, imparare a risolverli nel giusto modo e con la collaborazione di tutti.

I governanti del nostro Paese dovrebbero dare più fiducia ai ragazzi e creare con loro un canale di comunicazione diretto, perché spesso sono proprio le menti più giovani a sorprendere dando soluzioni innovative a problematiche complesse.

In realtà già durante il periodo del lockdown i giovani hanno dimostrato grande maturità: i ragazzi, che spesso vengono etichettati come indisciplinati e poco inclini alle regole, si sono comportati rigorosamente, adattandosi alle nuove modalità di studio e perfino ingegnandosi in molte attività alternative in casa. Se anche inizialmente hanno gioito per la chiusura delle scuole, pensandola come una vacanza inattesa, poi hanno compreso la gravità della situazione, e hanno cercato di non perdere la motivazione.

Però durante questo periodo hanno imparato ad apprezzare di più il rapporto diretto sia con i compagni che con i professori. Infatti, interrogando i nostri coetanei riguardo al rientro a scuola è emerso, come prevedibile, che la maggior parte gli studenti vorrebbe tornare alla scuola vera, quella delle persone che si incontrano “in carne e ossa”, che guardano negli occhi i professori e ridono con i compagni: manca il contatto personale con i professori, nascosto dietro ad un sorriso, un incoraggiamento, una correzione, gesti molte volte più importanti di tante parole.   

Proprio perché l’isolamento vissuto ci ha portato a riscoprirci l’uno con l’altro e a rivalutare anche i rapporti che magari prima sentivamo meno vicini, l’esigenza di tornare in classe è grande.

Fenomeni come la “mala-movida”, che in questo periodo tanto preoccupano, sono per lo più episodi isolati. La maggior parte dei ragazzi, invece, cerca di soddisfare la comprensibile esigenza di relazionarsi con i coetanei con modalità di incontro più prudenti.

Questo prova che gli studenti sono sicuramente disposti ad impegnarsi con responsabilità e disciplina per rientrare a scuola, tenendo sempre presente l’isolamento passato.

Tuttavia, sembra, dalle impressioni raccolte tra i nostri coetanei, se il rientro a scuola fosse impossibile per il problema della sicurezza sanitaria, che i giovani non sarebbero troppo dispiaciuti neppure di “rientrare” a scuola virtualmente: infatti, in generale, gli studenti hanno espresso un’opinione abbastanza positiva sulla didattica a distanza.

Al contrario, molti ragazzi sono critici riguardo all’ipotesi dell’entrata divisa in turni o dell’alternarsi tra didattica dal vivo e a distanza: questi metodi gli appaiono complicati, dispersivi e più difficili da seguire.

Cari governanti, vi chiediamo di dare ascolto ai giovani, alle loro esigenze e alle loro soluzioni. Potrebbero sorprendervi. 

di Elena Baruti e Costanza Buffone