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Per un ritorno a scuola in sicurezza, le opinioni di chi la vive davvero.

Volevamo saperne di più su cosa accadrà a Settembre, se la scuola online è stata una decisione valida, così abbiamo chiesto ai protagonisti di questo folle anno.

La DAD è stato l’ennesimo cambiamento della scuola, ora che anche questa esperienza si è conclusa possiamo provare a “tirare le somme” chiedendo ai veri pionieri dei nostri tempi: alunni e insegnanti. Per questo motivo siamo “entrati” nelle loro case porgendogli queste cinque domande: Com’è stato il primo approccio a questo nuovo sistema? Col tempo hai notato dei cambiamenti nella tua routine? Nella relazione con alunni/ insegnanti è cambiata qualcosa? Ora che si è concluso tutto come giudichi il lavoro svolto e la prontezza di studenti/famiglie/insegnanti davanti a questa emergenza? Cosa ti aspetti a Settembre? (D’Onofrio Gabriele “Liceo scientifico Avogadro”, Tiberia Ilaria, università “LA Sapienza”, Costa Corrado scuola media “S. Orsola”, Vennaruci Francesca docente al “Liceo classico Giulio Cesare”, Chiassarini Daniela, scuola primaria “Francesco Petrarca” di Viterbo)

Siamo partiti dai maturandi, è stato uno degli argomenti più dibattuti e di cui si è parlato di più: la famosa Maturità 2020, perciò vediamo cosa ci hanno raccontato. Il nostro intervistato D’Onofrio Gabriele ha risposto così: “inizialmente ero contento, come per ogni nuova esperienza, col tempo, però, anche tutto l’entusiasmo generato a primo impatto è svanito”. Proseguendo con la intervista: “una volta che si era creato un “equilibrio” era difficile modificarlo”; tuttavia la DAD .

Questo è stato il commento finale all’ultima domanda: “è stata l’unica soluzione di fronte all’emergenza a cui siamo stati sottoposti, nonostante tutta un’iniziale confusione ha permesso a noi dell’ultimo anno di affrontare un esame come quello di maturità”.

La scuola, però, non è composta solo da liceali e, tra coloro che hanno provato qualcosa di simile ci sono gli universitari, che, sebbene abituati di più ad un “principale lavoro da casa”, hanno, comunque, vissuto con disagio quest’esperienza: “ il primo approccio è stato tranquillo,  dato che nessuno aveva soluzioni alternative” queste sono state le parole di Ilaria che continua affermando: “non credo, forse, con i professori che ci hanno seguito assiduamente c’è un rapporto di umanità, nel senso che in quel momento ci sentivamo tutti impotenti. Andando avanti con l’intervista aggiunge: “gli studenti e le famiglie hanno fatto il possibile, davvero. Sono molto critica invece nei confronti di alcuni professori universitari, i quali si sono molto approfittati della situazione, lasciando i ragazzi in balìa di loro stessi”; provando a guardare al futuro questo è il timore che li avvolge: “mi aspetto la stessa didattica…. quindi comincio a tremare!”.

Abbiamo chiesto il loro parere anche a studenti ancora più piccoli; il primo a cui daremo voce è il parere di ragazzi di terza media, Corrado,  che ci ha risposto così: “è stato molto “strano”, non pensavo che questa situazione sarebbe durata così tanto e non credevo che la scuola potesse fare fronte in maniera così efficiente ad un totale cambiamento”  e poi  “si, sicuramente mi è mancato andare a fare sport, uscire fisicamente fuori e vedere gli amici, ma soprattutto mi è mancato vivere in maniera allegra e normale l’ultimo giorno di scuola, che, devo ammettere, non essere stato comune, avendo dovuto solo spegnere la videocamera dall’ Ipad”. Proseguendo: “ no, personalmente, ho avuto un ottimo riscontro e lo stesso rapporto con scuola e professori che avevo prima e, nonostante questo metodo sia più scomodo sotto tanti fronti, mi sono ritrovato a fare le ore di lezioni e di compiti della stessa quantità” perciò una volta chiestogli quale fosse il suo giudizio finale di quest’esperienza ha risposto: “concluso il periodo, giudico pronte sia l’azione della scuola sia quella della mia famiglia, con cui mi ha fatto piacere passare del tempo insieme, meno quella degli studenti, nella mia classe, poiché alcuni non si sono presentati alle lezioni per tutto il periodo, nonostante avessimo anche l’esame. A settembre mi aspetto e spero vivamente di tornare sui banchi di scuola, possibilmente senza limitazioni, anche se lo vedo molto difficile”.

Per avere un quadro completo del ciclo scolastico, abbiamo posto le stesse domande a insegnati del liceo e della scuola primaria; questo è ciò che ha detto la professoressa Vennarucci Francesca dal “Liceo classico Giulio Cesare”:” Il primo approccio alla didattica a distanza è stato molto positivo, perché nel panico seguito all’improvviso lockdown, ha costituito un modo per mantenere un legame con quella realtà, la scuola, che ci era stata bruscamente sottratta. Rivedere i volti dei miei studenti è stato motivo di grande sollievo e speranza. . All’inizio la Dad è stata dunque un modo di dire “noi professori ci siamo, la scuola c’è, non vi lasciamo soli”.Poi a poco a poco si è riorganizzata la didattica, con gli orari, i compiti assegnati, le verifiche e si è entrati in un quotidiano di cui scorgevamo i vantaggi certo, ma anche i limiti: l’ora di lezione è infatti composta da tante cose e tra queste la più importante è l’empatia, cioè il legame che si crea tra il professore, gli studenti e coloro di cui si parla: poeti, artisti, scienziati, inventori, viaggiatori… che con le loro storie insegnano e commuovono. La distanza, il doversi parlare attraverso uno schermo, limita fortemente questo aspetto di scambio, dialogo e trasmissione di emozioni, impedisce all’insegnante di avere uno sguardo d’insieme sulla classe, di recuperare chi si è distratto, di cogliere lo stupore o il disagio o la meraviglia negli occhi degli studenti, che consentono di calibrare meglio la lezione. Diciamo anche che costruiscono la lezione. Pensare di poter ridurre le dinamiche educative alla pura trasmissione di informazioni, che l’insegnante può far arrivare agli studenti utilmente tramite audiolezioni o power point, significa ignorare ciò che realmente accade durante l’ora di lezione, come sostiene Recalcati: «In quell’arco di tempo insegnante e studenti sono attori, ognuno con il proprio corpo, attraverso cui passano affetti ed emozioni – che non sempre sono positivi ma che, quando lo sono, impediscono che l’apprendimento si riduca a una pura e semplice tecnica dell’assimilazione». Anche per gli studenti è così: so infatti che, per sentirsi parte, spesso durante le videolezioni si scrivono sul gruppo di whatsapp, per commentare insieme, per mantenere vivo quel comunicare sotto traccia che è tipico delle lezioni e costitutivo dell’essere classe e non discenti-monadi.
Ho anche dei dubbi in relazione all’inclusività della didattica a distanza: a parte il fatto che non tutti, come si è visto, possiedono competenze, strumenti tecnici e logistici, spazi, per poter gestire questo tipo di didattica, ciò che preoccupa è che gli studenti più fragili, con difficoltà legate alla relazione con i compagni o con i docenti, o connesse all’ansia da prestazione, hanno reagito non positivamente a questa modalità. Se inizialmente alcuni di loro hanno provato sollievo nel non essere più chiamati alla presenza quotidiana a scuola, con le sue ansie e i suoi tempi serrati, col tempo si è registrata una progressiva tendenza a isolarsi, a non intervenire, a chiamarsi fuori. Dunque vedo la didattica a distanza come un’importante risorsa in un tempo di eccezionalità: ci ha impedito di soccombere. Ma devo dire che a maggio non ne potevo più e avrei dato qualunque cosa pur di tornare in un’aula, con i miei studenti e con i colleghi. Non sono quindi affatto d’accordo con quanti pensano di usare questa drammatica emergenza come una sorta di “prova generale” per trasformare lo “stato di eccezione” in normalità.” Nell’ esposizione della professoressa Vennarucci c’è apprezzamento per le tecniche usate in emergenza, rammarico per ciò che si è perso ma, soprattutto, preoccupazione per l’incertezza a cui è affidato il futuro della scuola. Conclude la sua intervista fiduciosa nell’impegno di tutti gli operatori della scuola: “Occorre come sempre temperare il pessimismo della ragione con lo slancio ottimistico della volontà.”

Più allarmistica è la situazione che si evince dalle risposte avute dall’insegnate Chiassarini Daniela, insegante di scuola primaria “Francesco Petrarca” Viterbo, “data l’età degli alunni, la DAD toglie alla scuola il compito principe di formazione permanente e non soltanto di informazione. In classe il bambino conosce se stesso nel rapportarsi e commisurarsi con compagni e docenti. Nel contatto umano libero o guidato, scopre “l’altro” come completamento di sé, con il quale imparare ad interagire per il bene comune. E’ sintomatica la carenza di una didattica a distanza, difronte ai visetti smarriti dei piccoli di prima classe che aspettano rassicurazioni per le loro paure, e all’impotenza di noi maestri che proviamo a “spiegare” non potendo stringere la mano o fare loro una carezza, per dire “coraggio, non sei solo, ci sono io vicino a te, cammineremo insieme!…”

03 giornalismo

Maria Elena Costa

Benedetta d’Onofrio