Una dieta “plant-based” è ecosostenibile?

L’importanza delle scelte di consumo e la salvaguardia delle risorse ambientali

Con la progressiva espansione del “veganismo” negli ultimi decenni, numerosi scienziati si sono interrogati su quali effetti comporti tale scelta di vita: perché avvicinarsi ad un’alimentazione vegetale?

Il consumo di suolo, la produzione di COշ, l’uso delle risorse idriche e la deforestazione sono alcuni dei principali effetti sul pianeta del consumo di massa di prodotti animali.

Andrew Jarvis del Centro internazionale per l’agricoltura tropicale della Colombia ed altri esperti, hanno studiato gli eventuali cambiamenti climatici se tutta la popolazione mondiale diventasse vegana o vegetariana. Gli studi mostrano come la produzione alimentare, in particolare l’industria zootecnica, produca buona parte delle emissioni antropogeniche di gas serra (da un quarto a un terzo delle suddette) e quanto una più diffusa alimentazione vegetale aiuti a ridurle.

Ma per quale motivo l’allevamento animale contribuisce alle emissioni di gas serra per il 14,5% delle attività umane? A causa delle emanazioni intestinali e della produzione di mangimi (compresa la deposizione di letame sul pascolo): circa il 44% delle emissioni dell’industria zootecnica è sotto forma di metano (CH4), la parte restante consiste in protossido di azoto (N2O, 29%) e anidride carbonica (CO2, 27%) – dichiarazione FAO, Food and Agriculture Organization of the United Nations.

Secondo Marco Springmann, ricercatore del programma Future of Food della Oxford Martin School, se entro il 2050 il mondo diventasse vegano, le emissioni legate all’industria alimentare calerebbero del 70%, mentre se si applicasse una dieta vegetariana, le emissioni sarebbero ridotte del 60%. “That scenario is not very realistic but it highlights the importance that food-related emissions will play in the future”, afferma Springmann. Oltre a ciò, va considerato che il 68% dei terreni coltivabili (circa 5 miliardi di ettari) è destinato all’industria zootecnica: in un tale scenario, diventando tutti vegani o vegetariani, saremo in grado di riconvertire almeno l’80% di tali aree in agricolture per il sostentamento umano; tra i vantaggi ci sarebbero il recupero di terre oggi dedite alla produzione di mangime e l’incremento di piante in grado di rimuovere dall’aria il COշ.

Quanta più carne si consuma, tante più aree dovranno essere dedicate al sostentamento degli animali allevati, solitamente in modo intensivo; tanto più grande sarà l’emissione di metano e COշ; tanto più ampio sarà il consumo di acqua. Infatti, in media, i prodotti animali necessitano di molta più acqua rispetto a quelli vegetali, proprio per il fatto che l’animale, prima di essere macellato o di produrre latte e uova, ha bisogo di nutrirsi con mangimi e acqua.

 

Quella vegana o vegetariana pare una scelta, dunque, “più sostenibile” ma anche più salutare: infatti, le ricerche di Springmann dimostrano che in un mondo di vegani e vegetariani, la mortalità globale diminuirebbe del 6-10% – per riduzione di malattie cardiovascolari e del cancro al colon-retto . Con questo, la dieta vegana eviterebbe circa 8 milioni di morti all’anno, mentre quella vegetariana circa 7 milioni.

Tuttavia, non di poco conto sono i rischi economici di questo ipotetico cambiamento alimentare: se tutto il mondo smettesse di consumare prodotti animali e derivati, bisognerebbe ricollocare i lavoratori dell’industria zootecnica, non senza sforzo. Inoltre, alcune popolazioni nomadi basate sulla pastorizia, perderebbero, oltre che la propria identità culturale, il loro principale mezzo di sostentamento.

Stando alla ricerca di un team di scienziati della Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University, pare che la dieta più sostenibile tra tutte sia quella vegetariana; una riduzione significativa a livello mondiale del consumo di carne e derivati, poi, sarebbe in grado di sfamare il più alto numero di persone.

Il modo in cui le nostre scelte dietetiche influenzano i cambiamenti climatici è spesso sottovalutato. Per salvaguardare l’ambiente è importante un consumo responsabile di ciò che ci viene offerto. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), a questo proposito, traccia una linea guida che prevede di consumare una o due volte al massimo alla settimana la carne, specialmente se rossa: come afferma anche Springmann, la moderazione è la “chiave”. Pertanto, una dieta vegetale più consapevole, potrebbe davvero rivelarsi vantaggiosa per l’ambiente. 



Carola Valenti – Liceo Minghetti