Milano calling

 

Possiamo immaginarci così l’inizio di una trasmissione che annuncia le contromisure per il virus e la crisi che ne è conseguita, soprattutto in Lombardia, ed è sicuramente così che i Clash (1976-1986) si immaginano l’annuncio di una guerra nucleare da parte della BBC ai giovani di Londra. A noi giovani di oggi, oltre 40 anni dopo non si chiede certo di entrare in guerra, ma la durezza dei rimproveri verso “gli sdraiati” è stata certamente dello stesso tenore. In particolare Giuseppe Sala, sindaco di Milano, si è a più riprese scagliato contro la “movida” individuando spesso nelle fasce di popolazione più giovane la responsabilità del mancato contenimento dell’epidemia. Ma perché è così facile prendersela con gli adolescenti, con una categoria che dovrebbe essere salvaguardata e curata per il bene del futuro della società tutta? Perché si parla tantissimo di giovani, il tema è molto discusso da radio, tv, giornali, programmi; ma non parlano mai i giovani. Non hanno un portavoce, non hanno qualcuno che spieghi il loro punto di vista. In questo stesso modo devono essersi sentiti i giovani del ‘75-’80, parimenti ritenuti degenerati dalla generazione precedente; il loro disagio è da subito sfociato nella produzione di una musica che li rappresentasse, che canzonasse l’immagine che veniva presentata di loro. Ci vuole autoironia per chiamarsi “punk” (slang inglese, “di scarsa qualità”, “da due soldi”), ma rispecchia perfettamente la crudezza approssimativa di note discordanti e senza armonia che hanno infiammato una generazione. Secondo molti critici la rottura si ha con i Sex Pistols, celeberrima band britannica dai testi aggressivi e controversi, animati da immaginari caratterizzati da abuso di sostanze stupefacenti, rapporti casuali non sicuri e autolesionismo: il loro apporto artistico (“la sola punk rock band inglese”, secondo la BBC) è stato senza dubbio fondamentale ma è stata anche l’apertura necessaria ai più anziani per bollare l’intera cultura punk (coi suoi infiniti sottogruppi) come “deviati”, “mostri” e “depravati”. Possiamo dire senza problemi che questo processo lo stiamo rivivendo, sopratutto in relazione all’emergenza Covid; abbiamo già visto come ci sia subito precipitati a raccontare dei terribili assembramenti fatti dai giovani (servizi di Striscia, del Corriere, delle Iene, Il Fatto Quotidiano etc.) e ciò ha completamente legittimato l’assenza quasi totale di copertura sulle migliaia di associazioni di volontariato e beneficienza organizzate e formate spesso e volentieri dai più giovani, che si sono dimostrati prontissimi ad aiutare i più deboli; banchi alimentari, distribuzione di materiale medico-sanitario e trasporto organizzato per visite specialistiche sono solo alcune delle iniziative che si sono rette grazie all’aiuto di collettivi studenteschi in tutta Italia.

Sarebbe però falso ideologico presentare la “generazione Z” come angeli custodi, poiché è necessario ammettere l’atteggiamento completamente fuori luogo di molti adolescenti che hanno approfittato di ogni minima concessione per fare baldoria. Il mondo non è in bianco e nero e spero che questo articolo faccia riflettere su tutte le sfumature di grigio che esistono anche solo nel microcosmo dei giovani italiani: così come i Clash (oggi globalmente riconosciuti per il loro impegno politico e civile) e i Sex Pistols (il cui frontman morì di overdose dopo aver, secondo molti, assassinato la compagna) sono i due estremi di un movimento non generalizzabile, così non si può parlare “dei giovani”, in toto, come generazione intera.

https://youtu.be/B3bfagPsyrc

Federico La Varra