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Da foche a pinoli: ecco la dieta dell’uomo di Neanderthal

In seguito al ritrovamento dei resti di un pasto di circa 100 mila anni fa, nella cava Figueira Brava nella roccia a picco sul mare nei pressi di Lisbona, vari esperti hanno potuto confermare che, per quanto riguarda gusti in fatto di cibo, siamo estremamente simili ad un nostro antenato: l’umo di Neanderthal. Come affermano João Zilhão dell’Università di Barcellona e Diego E. Angelucci dell’Università di Trento nella loro ricerca pubblicata su “Science”, nella grotta c’era tutto il necessario per ricostruire quella che si è dimostrata una dieta varia e, a tratti, molto simile alla nostra.
“Lo scavo – spiega Angelucci – ha permesso di recuperare una grande quantità di resti archeologici relativi all’occupazione della grotta da parte dei neandertaliani: strumenti in pietra scheggiata (selce e quarzo), resti di pasto, residui dell’uso del fuoco (carboni e cenere). Tra i resti di pasto, la sorpresa è rappresentata dall’abbondante presenza di resti di pesce, molluschi e crostacei, che dimostrano l’utilizzo sistematico di risorse di origine marina”. Tra queste risorse provenienti dal mare le più comuni erano sicuramente: cozze, vongole e patelle; vari tipologie di granchio; pesci, tra cui squali come lo smeriglio e la verdesca, ma anche anguille, orate, gronghi, cefali; uccelli acquatici, tra cui germani reali, oche selvatiche, sule, cormorani, gazze marine, garzette; e mammiferi come delfini e foche grigie.
Per quanto riguarda invece i prodotti terrestri, tra le carni: il cervo, lo stambecco, il cavallo, l’uro e piccole prede quali la tartaruga terrestre. Per quanto concerne i vegetali, sono state rinvenute soprattutto specie mediterranee: l’olivastro, la vite selvatica, il fico, diverse specie di quercia. Oltre a queste anche il pino domestico, in grandi quantità, che ha fatto pensare ad un uso e consumo sistematico di pinoli… “I dati paleobotanici mostrano che le pigne mature erano raccolte ancora chiuse dai rami più alti dei pini, proprio là dove si formano. Poi dovevano essere trasportate e conservate nella grotta, e aperte all’occorrenza con l’aiuto del fuoco in modo da estrarre e consumare i pinoli. Non è un caso che siano presenti resti di pigne e gusci di pinoli, ma non i semi commestibili”.

Viola Maestri / Liceo Classico Galileo di Firenze