“I Miserabili” di Victor Hugo

I Miserabili sono un romanzo storico e soprattutto realista, in cui l’autore, Victor Hugo, ci vuol dare una vera immagine della realtà, dipingere la vera Parigi del primo ’800 e scavare a fondo negli angoli più reconditi dell’uomo e della società. È proprio lo scavare a fondo il tratto caratterizzante del libro, l’autore infatti decide di andare giù, nelle profondità inesplorate della civiltà umana, nell’abisso delle miserie e dei mali. Non gli interessa parlar di re, gloriosi generali e ricchi borghesi. Hugo mostra la faccia oscura della medaglia, quella che nessuno osa guardare, dove regnano disonestà, dolore, rimpianto e soprattutto miseria, quella vera, che in quanto sovrana dà anche il nome al romanzo. Perché, verrebbe da chiedersi, parlare di assassini, ladri e forzati? Perché mettere a nudo questi esseri depravati? Perché Hugo vuole trovare le ragioni di tutto ciò, vuole indagare e scoprire cosa si cela dietro a questa facciata di tenebra, non limitarsi semplicemente a raccontare i fatti per come sono. E poi trovare il colpevole, cercare una soluzione: questo rende “I miserabili” un romanzo. E l’essere queste cose fatte magistralmente lo rende uno dei migliori romanzi mai scritti.  
Nel romanzo, dunque, troviamo tantissimi personaggi che potremmo, senza dubbio, definire miserabili, persino miserrimi. Ne sono esempi Thenardier, i figli Eponine e Gavroche, Fantine e Mabeuf, fino al protagonista: Jean Valjean. Sono persone che brancolano nel buio, incerte, striscianti in fondo al pozzo della società senza che qualcuno lanci loro una corda per aiutarle a risalire. Eppure questi personaggi non sono i colpevoli, bensì le vittime. Il carnefice è la società, che guarda questi vermi agonizzanti indifferente, fredda, disgustata dai suoi stessi figli. Artigiano sprezzante della sua opera, che cerca in tutti i modi di nascondere, sotterrare, celare alla vista, la sua vergogna. Illuminata civiltà che preferisce che questi disgraziati nascano e trascorrano la vita nelle sotterranee gallerie del mondo, dimenticati in un cantuccio. Che invece di aiutare, preferisce voltare lo sguardo, nel migliore dei casi, oppure castigare e punire. Preferisce, però, punire un peccato che non esiste. Può mai essere un peccato il nascere in una situazione precaria e sfortunata, o il non potersi permettere una carrozza privata? E quand’anche lo fosse, è giusto morire derisi o abbandonati in uno schifoso buco?  Come tutte le grandi opere della Letteratura, anche “I Miserabili” è sempre incredibilmente attuale e ci spinge a riflettere sugli eventi contemporanei e sulla nostra società, in particolare sugli ultimi, veri protagonisti del romanzo: per questo l’avrei voluto scrivere.  
Davide Agnelli / Liceo Classico Galileo di Firenze