Monte Everest, il “no” alla ripulita dai rifiuti

Reinhold Messner - WikipediaIl Monte Everest è la cima più elevata della catena dell’Himalaya, che si estende per cinque Stati dell’Asia meridionale, ovvero Bhutan, Cina, Pakistan, Nepal e India. Nel 2019 una spedizione di 14 persone scelte aveva riportato a valle ben dieci tonnellate di rifiuti tra attrezzatura per arrampicate, bombole d’ossigeno e bottiglie di plastica, nonché quattro cadaveri di alpinisti. La proposta di quest’anno è quella di smaltire il maggior numero di scarti del Monte, senza pericolo di incrociare gli alpinisti in quanto sarebbe loro vietata ogni occasione di escursione e di accampamento sulle strade che portano alla vetta. Il governo di Katmandu, capitale del Nepal, ha però ribadito che l’Everest per adesso non verrà ripulito. L’operazione di clean-up sarebbe dovuta infatti partire a marzo e interessare una milizia di Nepalesi e di guide locali; purtroppo, con il propagarsi del Coronavirus nel mondo, l’Everest resta ancora un immenso immondezzaio. La comunità montanara locale è estremamente sicura che il raccolto di rifiuti e di corpi recuperato nel 2019 sia solo una piccola parte di quello che realmente si trova sul Monte. Pasang Nuru Sherpa, appartenente al team che ha ripulito l’Everest nel 2019, rivela che, se privati dell’ingombrante presenza degli alpinisti lungo la via, i membri della squadra potrebbero facilmente continuare con la loro impresa anche nel corso del 2020. Al contrario, poiché il governo centrale è assolutamente in deroga a ciò che il team propone di realizzare, la prossima stagione si avrà un terreno innevato e il lavoro risulterà molto faticoso. Gli scalatori stranieri pagano ogni anno almeno 300.000 dollari, pari a 27.500 euro, per raggiungere le vette dell’Everest, ma molti di loro non sembrano interessarsi allo scenario che troverà chi scalerà dopo di loro. La primavera scorsa il tetto dell’Everest ha ospitato il numero record di 885 alpinisti, mentre quest’anno solo un ristretto gruppo cinese sta arrampicandosi dal versante tibetano.
Francesco Cosenza / Liceo Classico Galileo di Firenze