Racconto di un amore reciso sul nascere

C’era una volta un regno, il cui castello era circondato da un altissima catena di alte montagne.
I più anziani del popolo dicevano che il re avesse fatto costruire in un luogo così angusto la dimora reale per evitare l’avvenimento di una profezia la quale riguardava la sua unica figlia.
Infatti, nata la piccola principessa, il sovrano organizzò una spedizione al fine di consultare l’oracolo della montagna famoso per dare sempre dei responsi veritieri ma il quale richiedeva un enorme offerta affinché si venisse accolti; nel corso della sua storia, la famiglia reale, era riuscita a farsi sorridere più volte dalla dea bendata attraverso gli oracoli dell’anziano della montagna.
Giunto nella grotta in cui abitava il vecchio eremita, poste le offerte sopra l’altare costituito da una ruvida pietra, il re chiese all’anziano quale fosse il destino di sua figlia.
Nessuno ricorda le esatte parole ma si racconta che il testo fosse più o meno questo: “Un cavallo vive con zelo nella prateria, muore costretto a farlo nel sabbione”. Pronunciato l’oracolo, il vecchio richiuse gli occhi e si abbandonoò alla magia dei fumi che aleggiavano nella caverna.
Subito dopo che la spedizione capeggiata dal re fu tornata alla reggia si decise di convocare a corte i migliori indovini della regione affinché essi discutessero sulla più precisa interpretazione; la conclusione fu la seguente: “La principessa, rappresentata attraverso una leggiadra giumenta, deve evitare il contatto con il popolo, rappresentato in una profezia dalla sporca sabbia, e vile sabbia, poiché verrà uccisa mentre riuscirà a vivere con gioia nel palazzo reale, rappresentato dalla verde prateria dei giardini di sua maestà!”
Da quel momento il re decise di imporre un ferreo isolamento che prevedeva il trasferimento della reggia reale all’interno della catena montuosa in cui si trovava anche l’anziano oracolo ed evitare qualsiasi presenza della principessa davanti al popolo.
Passarono diversi anni ed ormai il vecchio re si stava avvicinando al meritato riposo ed ancora nessuno spasimante si era candidato per avere la mano della principessa che stava attraversando il periodo migliore della sua bellezza: aveva gli occhi verdi come le gemme incastonate nella corona reale e i capelli rossi come il fuoco da cui risorge una fenice; proprio il giorno del suo diciottesimo compleanno venne organizzata una splendida processione trionfale per celebrare le regie truppe reduci da un grandioso successo militare ai danni del regno a sud che, ingolosito dall’età dell’anziano re, cercava di impadronirsi dei territori confinanti.
Il re decise, dopo notti insonni, di permettere la partecipazione alla grande festa anche alla figlia a patto che tutte le persone che si fossero riversate in strada avrebbero dovuto indossare una maschera di giunchi costruita da loro stessi che avrebbe dovuto lasciar scoperta solo la bocca, privando della vista i poveri contadini.
La principale attrazione di quell’enorme festa furono le numerose bancarelle che ogni contadino aveva posto fuori dalla propria casa: ognuno avrebbe potuto servire la pietanza che meglio gli riusciva affinché tutti potessero godere della miglior qualità di ciascun cibo.
Fra tutte le pietanze esposte la giovane principessa rimase colpita da quella che sembrava essere una semplice pagnottella ma che, se aperta, rivelava al suo interno una bellissima confettura di albicocche.
“Scusi signore, come riuscite a realizzare un dolce così particolare? Sembra assai delizioso, potrei averne un pezzetto di grazia?”
“Prego, si serva pure, ad una ragazza tanto bella non si riuscirebbe a negare nulla. I suoi capelli sembrano più dolci di qualsiasi dolce le mie mani siano in grado di fare ed i suoi occhi sono verdi come la più bella delle mele che ho nel mio campo!”
La giovane principessa si accorse che il ragazzo aveva applicato dei piccoli fori affinché potesse vedere con libertà attraverso la maschera e fu sul punto di chiamare la guardia reale e farlo arrestare ma resistette a questa tentazione con tutte le sue forze.
“Mele verdi? A corte ne abbiamo solo rosse e gialle, sarei molto curiosa di vederne l’aspetto, sarebbe così gentile da accompagnarmi in un luogo in cui vi è un albero che ne produce?”
“Oh, mia regina, ne sarei onorato, anche se conosco bene i rischi a cui vado incontro ma la accontenterò poiché lei è la più bella fra le giovani che io abbia avuto l’onore di guardare!” esclamò il giovane contadino.
I due andarono nel giardino immediatamente dietro la casupola adiacente alla bancarella del giovane ragazzo, lui staccò una mela dall’albero e la porse alla ragazza che la mangiò la mela verde senza scrupoli; i due giovani rimasero a parlare per molto tempo: lui raccontava a lei le leggende del luogo e la principessa ne rimaneva estasiata e meravigliata al sentire un contadino tanto abile nell’arte culinaria quanto in quella retorica.
Il Sole era quasi tramontato quando il giovane iniziò a raccontare una storia d’amore alla principessa, le parole del ragazzo avvicinavano sempre di più i due fino a farli prendere mano nella mano; la storia era quasi conclusa quando i due giovani erano ormai fusi in un unico abbraccio: lui sussurrava ormai all’orecchio di lei e viceversa, le loro labbra erano ormai molto vicine quando la guardia reale irruppe nell’abitazione e, vedendo la scena, non pensarono due volte a trascinare il ragazzo nell’enorme prato oltre il muricciolo che delimitava la casa e a pestarlo prima di consegnarlo al re per metterlo sotto processo.
Venne allestito un patibolo nella corte interna del castello ed il giovane era ormai diverso rispetto a poche ore prima: il suo naso era tutto rivolto verso destra, l’occhio sinistro era giallo e semichiuso e le sue labbra piene di tagli; il re volle che questa esecuzione fosse d’esempio per tutti i sudditi e infatti sembrava essere deciso a lasciare vivo il disgraziato ma con un terribile segno sul suo corpo.
I consiglieri erano divisi riguardo la pena da applicare: c’era chi optava per l’amputazione della lingua, chi per il taglio delle orecchie, chi per la rimozione degli occhi.
Allora il giovane, raccolte le ultime forze, gridò ad alta voce: “Il vostro castigo sarà nullo su di me: se mi taglierete la lingua io potrò lo stesso vedere ed ascoltare la voce angelica della principessa, se mi taglierete le orecchie potrò comunque parlare ed ammirare la bellezza di sua figlia e, se mi priverete della vista, potrò lo stesso ascoltare e parlare con la principessa e, per ricordarmi del suo volto divino, mi basterà osservarlo con gli occhi della mente!”
Sentita la grave insubordinazione il re decise di applicare la pena capitale e ordinò di tagliare la testa del giovane ribelle; il sangue che sgorgò da essa formò una sorta di fiume che, come se spinto dalla corrente del destino, circondò i piedi della giovane principessa in cerca di un ultimo abbraccio.
La ragazza pianse per giorni nella sua stanza convinta di aver perso il vero amore, per ricordarsi del giovane guardava spesso dalla finestra in cerca dell’enorme prato in cui si erano seduti a parlare; un giorno, mentre cercava il suo amore all’orizzonte, ella posò lo sguardo sul giardino reale e notò un cavallo cadere, esausto poiché nessuno lo nutriva più da giorni, nell’enorme sabbione d’allenamento nel quale la principessa era solita esercitarsi nella cavalcata; vide anche l’ultimo respiro del povero animale mescolarsi con la polvere di sabbia da esso sollevata e disperdersi nella fredda aria di montagna.
Leonardo Fattori / Liceo Classico Galileo di Firenze