Sessantanove, il numero di Achille Lauro

Achille Lauro (rapper) - WikipediaIl quinto album in studio, il simbolo del cambiamento. Il simbolo del compito arduo di “dare una dignità” alla trap utilizzando i suoni del rock: è questo il “Sessantanove” di Achille Lauro.
Il 1969, è risaputo, è l’anno del cambiamento, della libertà e del volersi esprimere in modo diverso rispetto al passato: è stato l’anno della Luna, del concerto dei Beatles sul tetto della Apple e di “Ummagumma” dei Pink Floyd. È a questo scenario che il cantante romano si ispira, già fin dalla copertina del disco, dove compaiono citazioni a Marilyn Monroe, James Dean, Elvis Presley, Jimi Hendrix, la Rolls Royce.
Cambiamento, contaminazione, rottura: queste sono le parole con cui Lauro ha descritto il suo 1969 in dieci tracce in cui il cantante prova ad andare “oltre la trap”, mantenendone il linguaggio ma narrando storie personali segnate dalla malinconia. “Andare oltre la trap” dandole, grazie ai suoni del rock, una dignità, è il compito che Achille Lauro, affiancato dall’inseparabile Boss Doms, si è ripromesso di portare a termine in modo esemplare e, per ora, ci sta riuscendo al cento per cento. Lauro è riuscito, infatti, a portare i temi comuni della trap ad un immaginario retrò, in linea col concept del disco.
1969 è stata la “scommessa” di Lauro, il disco di rottura, che rischia di non essere compreso da coloro che lo hanno seguito fin dagli albori, anche se, fin da subito, il cantante ha fatto abituare il pubblico ai suoi “cambi di rotta”, seguendo le mode a modo suo, mischiando vari generi tra di loro. In questo album tale tendenza è arrivata al top, in modo anche particolarmente convincente: ascoltare per credere, ma senza pregiudizi. Uscito il 12 aprile 2019 è composto di dieci tracce:
si parte con Rolls Royce e, per scegliere il titolo della traccia di apertura del nuovo album, Lauro si è ispirato ad una citazione di Marilyn Monroe che affermava che avrebbe preferito piangere sui sedili di una Rolls Royce piuttosto che sui vagoni di un metro. Il brano, che sul palco dell’Ariston aveva suscitato scalpore poiché era stato pensato che fosse un “inno all’ecstasy”, parla in realtà di una conversazione tra ragazzi che affrontano i desideri rozzi della vita: la macchina più costosa di tutte, i vestiti di marca, degli eccessi che portano ad una morte precoce. “No, non è un drink, è un Paul Gascoigne/ No, non è amore, è un sexy shop”. Questa malinconica conversazione termina con una domanda esistenziale “Di noi che sarà?” seguita da una specie di preghiera “Dio ti prego salvaci da questi giorni/ Tieni da parte un posto e segnati ‘sti nomi”, che conclude questa disperata invocazione di una generazione senza futuro, che troppo facilmente si fa trascinare dagli eccessi. Poi arriva C’est la vie, dove chitarra e arrangiamenti d’archi accompagnano la malinconica poesia d’amore che vuole arrivare al cuore delle persone. È un amore probabilmente finito quello raccontato dal cantante, è il racconto di un amore in cui l’amante si getta nel fuoco solo per sentir dire dall’amato di non farlo, titubante, però, che possa dirlo davvero. “E sto cadendo nel burrone di proposito/ mi sto gettando dentro al fuoco, dimmi “amore no”/ finiranno anche le fiamme, ma il dolore no/ e non puoi uccidere l’amore ma l’amore può.” La canzone, ha spiegato Lauro in un’intervista, descrive “Un semplice tentativo di fermare uno stato d’animo, come una fotografia che immortala un momento. La scelta tra l’abbandono e l’abbandonarsi a qualcuno. La visione cinica dell’amore, visto come il dare a qualcuno la possibilità di ucciderti e sperare che non lo faccia”.
Cadillac è il pezzo più breve dell’album e riprende Rolls Royce. In due minuti e mezzo, Lauro inneggia, su una base grezza di chitarra e batteria, alle frivolezze della società contemporanea, le marche e la spensieratezza;
Je t’aime ft Coez inizia con una strofa di Coez che racconta l’inizio di un giro del mondo e si conclude con una strofa di Achille Lauro. Nel pezzo vengono citate tutte le grandi mete “In fila per i soldi, come a Wall Street/ In fila per i sogni, Palm Springs”. Il brano evoca la necessità di prendersi una pausa, dopo la fine di una storia d’amore “Adieu, mio amor, merci, Je t’aime”;
Zucchero, questa traccia riprende il tono malinconico di C’est la vie, la traccia sottolinea le necessità, spesso frivole della vita, senza tralasciare i problemi che si nascondono dietro ai soldi, riuscendo ad arrivare ai cuori degli ascoltatori in tutta la profondità del significato. Ho avuto crisi di nervi, crisi d’affetto/ Conosco un passaggio segreto,/ porta all’inferno”.
1969 è la traccia che dà il titolo all’album. Il brano si apre con le parole “Ah ma’, wow/È il 20 luglio del ’69/ Sì, sono fuori, sì, sì, sto sulla luna”, chiaro riferimento allo sbarco dell’Apollo 11 sul satellite che viene utilizzato per descrivere il momento della rivincita del cantante, in quanto nel testo spiega come tutte le sue fatiche stanno ripagando i sacrifici fatti da sua madre quando era piccolo.
Roma ft Simon P è un ringraziamento alla sua città natale, rinforzato ancche dalla voce del rapper romano Simon P. Cantata in dialetto romanesco, è una traccia scura, che rischia di non arrivare completamente all’ascoltatore se non vive gli stessi sentimenti verso la città Eterna.
Sexy Ugly è impostata come una catalogazione, senza un messaggio ber preciso. Solamente alla fine si trovano due frasi che escono dall’essere parte dell’elenco: “Chi vuol vivere per sempre? Io no/ Cosa vuol dire “per sempre”, non so/ È solo un momento dolce/ Stringimi ancora a te,/ A te ancora un po’”.
Delinquente è la traccia forse più esplicita dell’album, dove il cantante descrive il suo atteggiamento e le sue abitutidini: “Domenica a messa, sigaretta, oh sì/ Cintura di pelle, serpente,/ Camicia aperta, delinquente”, insomma, un atteggiamento che gli è stato pesantemente criticato in ogni sua apparizione al grande pubblico.
L’album è chiuso da Scusa, un brano che ha come tema centrale la morte, accettata dall’artista seppur con una nota di rammarico. “Se fosse il turno mio, stanotte dirò “giusto”” afferma il cantante, come se si ritenesse meritevole di morire giovane, come altri artisti da lui citati. La nota di rammarico è sottolineata dal verso “E il vento porterà via tutto come se/come se non fosse esistito mai niente”, come se l’artista non si riuscisse a capacitare di come tutto il lavoro fatto durante un’intera vita possa scomparire in un attimo con la morte.
Che dire? A quanto pare “Fare un sessantanove è più difficile che fare un sessantotto”.
Laura Cappelli / Liceo Classico Galileo di Firenze