Il pino nero abruzzese di 900 anni esiste davvero

Fino a pochi giorni fa si insinuava dell’esistenza del leggendario pino nero (nome scientifico “Pinus nigra”) in Abruzzo, ma gli studiosi dell’Università della Tuscia di Viterbo ne hanno individuati degli enormi esemplari nel Parco Nazionale della Majella nella valle dell’Orfento, precisamente sulla Cima della Stretta. Si tratta di una formazione boscosa di sei esemplari di pino nero, localmente detto chièta, ancorata allo strapiombo di un burrone, in una posizione irraggiungibile se non con tecniche alpinistiche: i ricercatori si sono dunque calati dal dirupo muniti di attrezzature per la sicurezza come caschi, corde e imbragature. Dagli studi è emerso che il tronco più grande avrebbe una circonferenza di circa quattro metri; inoltre, il tronco in questione sarebbe uno dei più antichi esseri viventi, in quanto avrebbe ben 900 anni. Il libro “Piante sacre e magiche in Abruzzo” del naturalista e botanico Aurelio Manzi, pubblicato per la prima volta nel 2003, evidenzia come gli ultimi pini neri situati sulla Cima della Stretta fossero legati al culto di Cibele, dea anatolica della natura, degli animali e dei luoghi selvatici, e di altre divinità affini come Pan e Dionisio. Il pino nero fu oggetto in antichità di numerose leggende e racconti sacri: come sottolinea ancora Manzi, i rami di pino nero fungevano da decorazione alla statua di Cristo morto durante la cerimonia notturna del Venerdì Santo e, nella mitologia classica, persino i Fauni li utilizzavano come corona da porre in testa. Il pino è narrato anche in sonetti popolari: nel 1923 il poeta e latinista Cesare de Titta scrisse una poesia che narra di un giovane che, per compiacere la sua amata, recide un imponente pino che cresceva sulle pareti a picco.
Francesco Cosenza / Liceo Classico Galileo di Firenze