La fantastica avventura in un mondo parallelo – Racconto

– Amore! Svegliati! Se non ti sbrighi farai tardi pure stavolta!- Mi svegliò mia madre urlandomi dalla cucina al piano di sotto. Aprii gli occhi, o almeno ci provai, e non ancora del tutto cosciente, presi il telefono e appena lo accesi lessi “7.47” e sotto tre chiamate perse e 32 messaggi da July, la mia migliore amica. Ero davvero in estremo ritardo e non avevo minimamente il tempo né di richiamarla né di rispondere ai suoi messaggi. Mi alzai di scatto dal letto e per poco non cadevo inciampando sulla coperta che nel mentre era caduta in terra. Feci un respiro di sollievo e corsi in bagno; mi lavai, mi vestii e mi pettinai. La mattina non riesco a fare a meno di farmi la coda alta, se non me la faccio sembro un barboncino. Mi infilai le scarpe, uscii in fretta e furia senza nemmeno fare colazione, detti un bacio a mia mamma e mi catapultai verso la porta; meno male che la cartella l’avevo preparata la sera prima: erano le 7 e 55. Non iniziai nemmeno a correre perché decisi che ormai era inutile fare le corse per poi arrivare in classe con la classica professoressa che se arrivi un po’ in ritardo ti fa entrare l’ora successiva. Decisi allora di entrare nel primo bar che mi capitò e mi presi un cappuccino e una brioche e andai a sedermi nel primo tavolo vuoto che trovai. Mentre stavo mangiando, scrissi a July per dirle che sarei entrata all’ora successiva e che non si sarebbe dovuta preoccupare per me. Dopo aver finito di fare colazione, non sapendo cosa fare, decisi di restare nel bar per ripassare geografia, dato che alla quarta ora mi avrebbe interrogato. Io sono una ragazza che a scuola va abbastanza bene, non sono la secchiona, però non posso lamentarmi. Riguardo la mia vita sociale… non saprei cosa dire, perché non ne ho una. L’unica persona di cui mi fido è July, ci conosciamo da quando siamo nate e a lei posso dire tutto. Non ho amici perché non sono una che parla molto e poi preferisco stare da sola, senza nessuno che mi disturbi. Quando sto da sola penso a cosa poter mangiare il giorno dopo, oppure, la maggior parte delle volte, penso a Jack; il ragazzo che mi piace. È in classe mia e mi piace da circa tre anni, quindi da quando ho iniziato le superiori, perché sì, sono in terza liceo. Il liceo non è un grande inferno come tutti dicono, il mio problema principale ora è l’adolescenza. Si dice che sia un periodo in cui si riflette sulla propria vita per capire chi sei, ma a me sembra solo un periodo di dubbi e insicurezze. Tornando a Jack… beh, è un ragazzo davvero molto carino e abbiamo pure parlato alcune volte, ma per trenta secondi a volta. È un bravo ragazzo e sa qual che fa. Lui non sa nemmeno che esisto, praticamente, ma io continuo a sperarci. Riguardo i miei hobby ho sempre adorato i manga, ma soprattutto adoro l’arte del combattimento. Non lo faccio come sport perché non ci sono molto portata, ma sarebbe un sogno per me imparare a farlo. In certi momenti, quando non ho nulla da fare, prendo il mio telefono e mi metto a guardare i video su come imparare a difendersi e quali sono le prime mosse da fare. Quando sono da sola, chiudo le tende e mi metto a provare le mosse. Lo faccio da sola per evitare di ridicolizzarmi davanti ai miei genitori. Alzai un attimo lo sguardo dal libro e mi accorsi che mancava solo un quarto d’ora al suono della seconda campana, quindi mi avviai verso la scuola ed entrai proprio nel momento in cui quel suono è più assordante. Arrivata al portone, guardandomi intorno, notai che c’era Jack. Mi avvicinai un po’ imbarazzata e con la faccia tutta rossa e gli chiesi se pure lui entrava alla seconda ora. Lui mi rispose di sì, ma pochi instanti dopo mi resi conto della stupidità della mia domanda; se era fuori dal portone che aspettava era ovvio… Entrammo in classe insieme e tutti si misero a ridere e a prenderci in giro facendoci domande stupide del tipo: “Ah, ma allora Jack e Andrea stanno insieme…”, oppure: “Che carini!”. Io li ignorai e lo stesso fece Jack. A parte questo la giornata passò tranquilla e l’interrogazione di geografia andò molto bene: presi 8-. Mentre la professoressa mi faceva le domande ero tesissima e tremavo tutta, ma avevo studiato e andò bene. Tornata a casa trovai già tutto apparecchiato con l’insalata condita con il tonno che mi aspettava sul tavolo. Andai in camera per posare lo zaino, misi il telefono in carica e andai a mangiare. Sul piatto ancora vuoto trovai attaccato il solito post-it di mia madre:

Ciao tesoro, stasera torno tardi perché ho una riunione,
ma papà dovrebbe tornare presto.
Ti ho preparato un’insalata, ma se dovessi avere ancora fame in
frigo c’è il carpaccio avanzato da ieri sera.
Se stasera non ci si vede, domattina fammi sapere il voto
dell’interrogazione di geografia, oppure mi scrivi.
Ti voglio tanto bene.
PS. Nella posta ho trovato questa busta indirizzata a te,
non so cosa sia, vedi tu.
Ti voglio bene
Mamma

Non sapevo bene cosa fosse, ma in quel momento non mi importava più di tanto: pensai solo a mangiare. Dopo mi rilassai guardando sul telefono “le mosse migliori da applicare quando siamo in una situazione di difficoltà”. Ci stetti così tanto perché era sabato e potevo rilassarmi. Non sapendo più cosa fare decisi di prendere la busta che mia madre aveva trovato nella posta e la aprii. Dalla busta non si capiva bene chi fosse il mittente, c’era solo scritto il mio nome.

“Gent.ma sig.na Andrea Lukvood,
siamo lieti di invitarla alla nostra accademia di arti marziali
“Kodokan Accademy”
per renderla partecipe di un progetto che partirà a breve.
Certi di una sua risposta positiva le inviamo già i dati per l’appuntamento
che si terrà tra pochi giorni.
Qualora la sua risposta fosse positiva come speriamo
Le ricordiamo che la verremo a prendere noi a casa sua.
Cordiali saluti
Il Dirigente della Kodokan Accademy”

Pensai subito che si trattasse di uno scherzo fatto da ragazzi senza cervello. Andai pure a controllare su internet questa accademia e “stranamente” non mi dava nessun risultato. Ci pensai un attimo e mi chiesi: – Ma perché fare degli scherzi così stupidi? E meno male che dicono che l’uomo si sta pian piano sviluppando…- Lasciai perdere la busta e con pochissimo entusiasmo iniziai a fare Latino, materia che odio. Non riuscii a concentrarmi perché la mia testa pensava solo a quella maledettissima lettera. Per metà non pensavo fosse vero, ma per l’altra mi chiesi come chiunque avesse scritto quella lettera facesse a sapere della mia enorme passione per le arti marziali e per il combattimento. Forse era stata July, voleva prendermi in giro. Decisi allora di provare a lasciar perdere e di chiederle il giorno dopo delle spiegazioni.
Stamattina mi sono svegliata abbastanza tardi, ma avrei dormito di più se quel campanello non avesse suonato. Mi alzai tutta turbata e mi accorsi che i miei genitori mancavano e che mi avevano lasciato il solito post-it sul tavolo di cucina su cui era scritto che erano dovuti andare a Pistoia a causa della nonna che non si sentiva bene e sarebbero tornati domani. E per chi se lo stesse chiedendo, io abito a Firenze, il capoluogo della Toscana. Comunque, tralasciando questo particolare, andai a chiedere chi fosse, parlando attraverso il citofono. Una voce maschile adulta mi rispose che era per l’accademia. Senza nemmeno riflettere aprii la porta e mi trovai davanti un signore vestito con la tuta da kung fu legato con una cintura nera. Mi disse con tono quasi severo e con un’espressione impassibile che dovevamo andare all’accademia per la riunione generale. Mi sa che era oggi questa riunione e io non lo sapevo perché, sbadata come sono, non avevo letto nei dettagli la lettera. Io gli risposi che non avevo ancora accettato, ma lui mi disse che ormai era lì e avrebbe dovuto portarmi all’accademia al più presto. Gli disse che ero ancora in pigiama e che se proprio ci sarei dovuta andare mi ci sarebbero dovuti minimo 10 minuti. Lui mi disse solo che mi sarei dovuta sbrigare.
Mi vestii e feci tutto in 10 minuti esatti, ma mentre stavo uscendo di casa mi domandai cosa avrei potuto dire ai miei genitori; poi mi ricordai del post-it che mi avevano lasciato e mi avviai con questo signore verso l’accademia. Mi dovetti tirare un pizzicotto per credere a quello che è successo: oltrepassammo delle siepi e ad un certo punto tra due di esse riuscii ad arrivare come per magia davanti a un portello col nome dell’accademia descritta nella lettera. Sembrava quasi di trovarsi in un mondo parallelo, forse lo ero. Ero totalmente disorientata. Attorno a me c’erano un sacco di ragazzi tutti più o meno della mia età. Anche loro completamente non coscienti di dove fossero e con chi. Minuto dopo minuto arrivarono ragazzi nuovi e ad un certo punto il signore che mi era venuto a prendere a casa mia, con un semplice battito di mani attirò l’attenzione di tutti. Iniziò a parlare: – Cari ragazzi, benvenuti alla Kodokan Accademy. Io sono Kalamy Kodokan, il direttore. Voi siete coloro che sono strati scelti da me personalmente per essere addestrati e sappiate che poi dovrete affrontare una sfida. Ma di questo ne parleremo in seguito. Ora, ognuno di voi avrà un tutor che vi seguirà durante il vostro percorso. Andate nelle camerate e vestitevi con gli appositi indumenti che troverete sul vostro letto, ognuno con il proprio nome sul cuscino. Il vostri tutor vi aspettano. Le camere sono al piano di sopra, quelle delle femmine a destra e quelle dei maschi a sinistra. Ci incontriamo fa mezz’ora qui-.
Io, non sapendo dove andare, seguii la massa e dopo due rampe di scale mi trovai davanti al mio dormitorio. Percorsi il corridoio in cui c’erano i letti e alla fine trovai il mio, con un ragazzo seduto sopra. Capii che quello era il mio tutor. E dopo essermi vestita facemmo un po’ di conoscenza mentre ci avviammo verso il cortile. Si chiamava Marco e aveva la mia stesa età. Al primo impatto mi sembrò molto simpatico e sembrava che pensasse lo stesso di me. Kalamy ci disse che oggi i nostri tutor ci avrebbero insegnato le basi del combattimento. Marco iniziò partendo dalle basi, ma dato che io mi ero guardata un sacco di video su quest’argomento, facemmo molto veloce e per me più di una lezione fu un ripasso. Man mano che il tempo passava le mosse erano sempre più difficili e gli occhi mi si chiudevano sempre di più. Sudammo un sacco e dopo aver finito gli allenamenti non andai nemmeno in mensa perché mi feci alla velocità della luce una doccia e andai a letto. La mattina dopo mi svegliai alle 6.00, feci colazione, mi vestii e incontrai Marco nel solito cortile. L’allenamento fu lo stesso del giorno precedente, ma ci fu una pausa di circa un’oretta e mezzo per mangiare, riprendere le energie e riposarci. Dopo la pausa ricominciammo senza fermarci nemmeno un minuto.
La stessa procedura e la stessa organizzazione si protrasse per circa due settimane tranne la domenica, l’unico giorno in cui potevamo dormire fino alle 8.30.
Dal mio arrivo erano passate due settimane precise e in questo piccolo periodo capii che un giorno alla Kodokan Accademy, nel mondo reale è meno di un secondo e questo mi avrebbe risparmiato la sgridata da parte dei miei genitori. Passate le due settimane, Kalamy ci fece riunire nel cortile e ci disse: – Cari ragazzi, non so se vi ricordate del discorso che vi feci quando arrivaste qui, vi dissi che presto ci sarebbe stata una guerra. Tra pochi giorni inizierà e voi dovete essere preparati a questo. Lo scontro è con Titania, il nostro più grande nemico. In questi giorni vi dovrete allenare molto più del solito e poi passerò mentre fate addestramento e vi darò dei consigli su come migliorarvi. Questo è quanto. Ora mettetevi a lavoro-.
Io e Marco iniziammo subito ad allenarci e vidi Kalamy che si aggirava nei dintorni e capii che nel giro di pochi minuti sarebbe venuto a correggermi. Mi osservò e guardò attentamente tutti i passi e le mosse che facevo. Non mi disse nulla, andò via. Non capii se fosse stata una cosa positiva o negativa. Appena ebbe finito il giro “delle correzioni”, ci mise tutti in fila e decise il capo dell’esercito. Scelse me! Non so bene il motivo, ma appena pronunciò il mio nome disse: “Sei una ragazza coraggiosa e molto dotata”. Ci fu un applauso e io diventai rossa come un pomodoro… mi vergognavo all’idea di essere osservata da tutti, ma per fortuna che finì presto. Dopo questa scelta a cui io risposi di sì chiesi informazioni a Kalamy. Mi disse che ci saremo dovuti scontrare con delle sfide a duello. Per sapere chi avrebbe regnato su chi. Io ero completamente contraria a questa “sfida”, ma non osai ribattere. Io chiesi a Marco di addestrarmi il più possibile senza permettermi distrazioni. E di proporre sfide tra noi due. Mi addestrai molto, anzi, di più. Ero sfinita le gambe mi facevano male , ma dovevo resistere.
Il giorno della sfida mi sveglia verso le 5.30 e iniziai a riscaldarmi. La sfida si sarebbe tenuta nella “mia” accademia dopo pranzo. Gli studenti di Titania arrivarono precisi alle 3.00. ero più tesa di quando feci l’interrogazione di geografia. Kalamy aveva allestito una sala con tutti gli attrezzi che ci sarebbero potuti tornare utili e prima del duello Kalamy mi si avvicinò e mi disse che io sarei stata la prima a combattere, e l’avrei fatto con il capo della squadra nemica. Dalla paura mi era venuta la pelle d’oca. Prima di combattere chiesi a Klamy di darmi 10 minuti per scaricare la tensione, e in quei 10 minuti mi venne in mente una frase che mi disse mia madre quando ero piccola: “Se sei contraria a qualcosa, dillo e fatti valere. Se qualcuno ti sottovaluta tu fagli capire chi è che comanda, ma soprattutto sii sempre contraria alla violenza, a meno che non sia per difenderti, ma mai per altro”.
Mi feci coraggio e salii in pedana. Avevo di fronte il mio nemico, ma in quel momento decisi di rendere pubbliche le parole di mia madre e dissi: – Io penso che questo scontro non sia educativo. Io e te – dissi al mio “nemico”- combatteremo per sapere chi del mio o del tuo capo regnerà su tutto, ma credo che questo scontro porterà altre guerre e poi altre ancora. Penso che nessuno debba essere il capo, magari ci deve essere uno che sorvegli la situazione per sapere se va bene o male, ma penso che nessuno debba essere il “suddito” di qualcun altro. Poi io odio la violenza e le arti marziali dovrebbero essere un modo per difenderci senza fare del male, quindi io mi rifiuto di combattere -.
Dopo il mio discorso, fatto con un coraggio che non so da dove sia uscito, molte persone iniziarono ad alzarsi e a dire che erano d’accordo con me. Per me quello fu un momento di svolta e mi aiutò a capire che se si hanno delle idee contrarie bisogna esprimersi perché ci sarà sempre qualcuno che ti sosterrà e ti appoggerà. Non scordatelo mai.
Beatrice Bessi / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze