Prova di coraggio – Racconto

Iniziò tutto con una gita in campagna. Era estate, il sole ci cuoceva le schiene. Avevamo deciso di fare un giro da quelle parti, dato che avevamo trovato su internet una sfida di coraggio che consisteva nell’arrampicarsi su una torre dell’alta tensione (senza imbracatura). Arrivammo al luogo della sfida intorno alle due di pomeriggio: era già troppo caldo per arrampicarsi sotto il sole cuocente, così rimandammo la sfida alle Quattro, quando l’aria avrebbe iniziato ad essere più fresca. Durante l’attesa arrivò una coppia che iniziò l’arrampicata: li vedemmo arrivare in cima dove presero l’indizio per il percorso successive; al loro arrivo a terra erano sfiniti e ci sconsigliarono in tutti i modi di farla ma noi non demmo loro retta. Alle quattro in punto, dopo essere stati due orette all’ombra di una quercia, iniziammo la nostra avventura…
Se l’avessi fatto adesso avrei ascoltato la coppia di amanti, ma bando alle ciance, ora ritorniamo al racconto. Stavo dicendo che avevamo iniziato la nostra avventura: fino a due metri da terra andava tutto bene poi, però, quando iniziammo a salire, ci ritrovammo a sudare di fatica, di ansia e di paura. A sei metri da terra ci preoccupammo di cadere: già a quell’altezza un minimo errore poteva essere fatale, se mettevi un piede storto scivolavi e morivi o rompendoti l’osso del collo o battendo la testa su un sasso. Appena arrivati circa a metà (una trentina di metri) ci siamo fermati su una piattaforma e abbiamo bevuto, era ormai tardi e iniziava a far buio, ma continuammo e decidemmo che, se alle sei e mezzo non fossimo arrivati in cima, saremmo scesi indipendentemente da dove fossimo arrivati. Arrivammo in cima alle sei e tredici: ne fummo felici, continuammo a guardare il sole per un quarto d’ora, poi ci decidemmo a scendere. Alle sei e quarantasette eravamo a metà, guardammo giù, ci spaventammo: era ormai tardi e alla base era calato il buio, ma continuammo la nostra discesa lentamente.
«Aiuto! Ragazzi, aiutatemi… non ce la faccio, sto per cadere!» era Alex che ci supplicava di aiutarlo, era rimasto incastrato con la gamba in un buco ed era a testa in giù. Accorremmo il prima possibile, lo salvammo, per un pelo! Nella nostra discesa non ci furono problemi fino a che non arrivammo a circa 2-3 metri da terra… io scivolai, caddi e vidi tutto nero, pensavo di morire. Quando mi svegliai, era buio, stavo sdraiato sul mio letto con la finestra aperta e un filo d’aria fresca che faceva il giro della stanza per poi uscire dalla porta aperta, più tardi mi dissero che ero svenuto per due ore e tutti ma dico tutti i miei amici di avventura avevano giurato ai miei che sarebbero rimasti fino a che non mi fossi svegliato. Quella sera rimasero tutti a cena, il giorno seguente di buon ora andammo all’ospedale per un controllo, mi dissero che andava tutto bene, che non avevo e non avrei avuto problemi. Dato che eravamo in paese, decidemmo con un po’ di disaccordo da parte mia di comunicare la pericolosità di quella torre e delle sfide di coraggio. Circa tre giorni dopo da internet scomparirono le prove di coraggio e le torri dell’alta tensione vennero recintate per evitare futuri incidenti. Il coraggio va bene, ma la prudenza è anche meglio…
Enea / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze