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Recensione del libro “Norwegian wood” di Haruki Murakami

Indiscusso capolavoro di Murakami, basato su un suo precedente lavoro dal titolo “Hotaru” (“la lucciola”).
Lo scrittore giapponese scrive questo romanzo di formazione nel 1986 in Grecia e poi proprio in Italia, inizialmente in Sicilia poi a Roma, per poi pubblicarlo l’anno successivo. Oltre al titolo originale è conosciuto in Italia anche come “Tokyo Blues”. L’intero racconto è un flashback del protagonista Watanabe Toru, provocato dall’ascolto del brano Norwegian Wood dei Beatles, che scatena in lui una serie di emozioni e ricordi del suo periodo universitario. Watanabe ricorda in particolare un episodio avvenuto diciotto anni prima e che ha cambiato radicalmente il suo sguardo sulla vita. Il giovane, in fatti, tra la difficile vita dell’università e del collegio, per caso, incontra la conoscente Naoko. Watanabe e Naoko hanno alle spalle una complicata storia, dal momento che lei era stata la fidanzata del suo migliore amico Kizuki, morto suicida alcuni mesi prima. Tra i due, quindi, non c’era mai stato un rapporto di intimità, erano semplicemente stati uniti da un terzo, che al momento non c’era più. I due ragazzi scoprono di avere in comune molto di più di quello che pensavano e capiscono di non essersi mai conosciuti veramente. Tra loro si sviluppa un rapporto sentimentale molto particolare e altalenante. Nello stesso periodo Watanabe conosce una compagna di università, Midori, e si trova combattuto tra l’amore per queste due figure femminili, entrambe molto ricche di personalità. Dopo un periodo di frequentazione, Naoko scompare e lascia detto a Watanabe che si trova in un istituto psichiatrico.

Il libro prosegue e si immerge sempre di più nella psicologia dei personaggi, lasciando il lettore con un finale mozzafiato. Murakami racconta una storia piena di dolore, piena di vita e piena di morte. Racconta le difficoltà dei giovani che spesso vengono oscurate, fa luce sulla complessità della vita. Il romanzo tratta argomenti forti, difficili e va letto con la prospettiva che non sarà una passeggiata, ma per quel che mi riguarda ne vale assolutamente la pena.

C’è una frase che a mio parere riassume parecchio l’essenza di questo libro, ed è pronunciata dal protagonista stesso: “la morte non è l’opposto della vita, ma una sua parte integrante”


Eleonora Rimoldi