L’emozione del rientro a scuola.

” Il dipartimento della protezione civile, in collaborazione col governo, ha deliberato che il 15 Marzo se l’epidemia non è stata contenuta verrà dichiarato il bicontenimento BSL-4. Se l’OMS dichiara la pandemia significa che il mondo si fermerà completamente per 21 giorni”.

E così è stato. Però, anziché fermarsi per 21 giorni, il mondo, si è fermato per molto più tempo. Gli aeroporti, la Borsa, gli uffici, i treni, le attività commerciali e soprattutto le scuole sono state chiuse.

Dall’oggi al domani. Inaspettatamente. Mentre tutti noi studenti gioivamo per il suono della campanella che segnava la fine della giornata scolastica, in realtà quel 9 marzo non sapevamo che quella sarebbe stata l’ultima campanella che avremmo sentito per molti mesi.

La speranza è l’ultima a morire, è vero, ma restare chiusi in casa ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette ti prova psicologicamente. Per noi giovani è stato un trauma grandissimo.

Quando il premier Conte ha ufficializzato il lockdown la maggior parte di noi studenti italiani ha esultato, felice di poter staccare la spina dalla scuola. In realtà e per fortuna, anche se non in presenza, la scuola non ci ha mai abbandonati. La novità della DAD all’inizio sembrava qualcosa di

bello, meno pesante ed innovativo. Ma ci sbagliavamo. I banchi di scuola, le lavagne, le pareti, le classi, il profumo della carta stampata dei libri, i corridoi, il baretto nel cortile, i bidelli, i professori (anche quelli più severi)… sono state queste le cose che realmente ci sono mancate: vivere la nostra quotidianità!

Dopo i tre mesi dell’estate, finalmente e nonostante i numerosi ostacoli superati, venerdì 18 Settembre 2020 varco quel cancello che mi porta dritto alla mia classe: la 5AT. Aver trascorso quattro lunghi ed intensi anni in un posto e pensare di non poter concludere al meglio un ciclo di vita così importante mi aveva un po’ destabilizzato. Sicuramente non è la scuola che ho lasciato a Marzo ma mi rivedo in ogni angolo di essa. Ricordo il me impacciato al primo anno, il me ragazzino che inizia ad ambientarsi al secondo anno, il ragazzo che si sblocca nei due anni a seguire a tal punto di tentare l’elezione come rappresentante d’Istituto. La scuola mi è mancata e non pensavo fino a tal punto.

Il primo giorno è stato emozionante. Vedere i miei compagni, ridere insieme, ricordare vecchi aneddoti, l’essere curiosi di vederci cambiati, magari un po’ cresciuti e più consapevoli di noi stessi.

Nonostante il peso asfissiante della quarantena, sono riuscito comunque a tirar fuori un lato positivo. Ho notato che dopo questo rientro ho più voglia di mettermi in gioco, di studiare e approfondire meglio gli argomenti, non gettare subito la spugna come mi capitava di fare prima e soprattutto di rispettare tutte le norme di sicurezza.

Non ho intenzione di tornarmene a casa un’altra volta né tanto meno di rinunciare al classico esame di maturità. Esso, a mio avviso, è qualcosa che ti segna dentro e di cui ti ricorderai a vita. Non voglio che questo virus mi privi dal provare l’ansia la notte prima degli esami, dal raggiungere un buon esito grazie ai miei sforzi e di avere un buon ricordo della scuola che mi ha accolto per cinque anni, facendomi sentire a casa. In sintesi, preferirei aver più paura degli esami piuttosto che del virus.

Concludo rivolgendomi a tutti i ragazzi della mia età. Rispettiamo quelle norme di sicurezza che la scuola ci ha presentato, senza vederle come una consegna imposta dal prof, ma come una piccola luce in fondo al tunnel. Tutti insieme possiamo farcela, senza sgambetti e “furberie”.

Spinali Sebastiano VAT