Le donne nella ricerca scientifica raggiungono il Nobel

Il Nobel per la Chimica.

Mercoledì 7 ottobre 2020 si è svolta a Stoccolma l’annuale assegnazione dei premi Nobel. Il premio Nobel per la Chimica è stato assegnato a due donne: la microbiologa francese Emmanuelle Charpentier, del Max Planck Institute di Berlino, e la biochimica statunitense Jennifer A. Doudna, dell’Università della California di Berkeley.

Le due scienziate hanno scoperto e sviluppato insieme un particolare metodo di editing genomico, denominato Crispr/Cas9. Questo metodo consiste nella possibilità di modificare, con grande accuratezza, minime parti della sequenza del dna degli organismi viventi, senza spostarla dalla sua posizione naturale.

La scoperta

Questa scoperta risale all’inizio del 2010. Studiando i meccanismi di difesa dai virus di due batteri streptococchi, Emmanuelle Charpentier si imbatte in nuovi tipi di molecole chiamate tracrRNA. Queste molecole fanno parte di un complesso di maggiori dimensioni, il Crispr/Cas. Consentono di riconoscere particolari sequenze presenti nel Dna di un virus e di modificarlo, inattivando l’agente infettivo.

Prima dell’avvento di CRISPR/Cas9, modificare i geni in una cellula era estremamente difficile, richiedeva molto tempo e spesso portava a risultati poco affidabili. Grazie alle forbici genetiche si possono, invece, effettuare modifiche molto più accurate in tempi più rapidi. Il sistema è ormai diffuso in numerosi ambiti della ricerca, anche se non è sempre facile da padroneggiare. Inoltre, ha mostrato di avere la necessità di qualche miglioramento.

L’utilizzo

I ricercatori, in questi anni, hanno utilizzato CRISPR/Cas9 soprattutto per comprendere meglio il funzionamento dei geni e le loro interazioni, per esempio nel caso di malattie presenti in alcuni animali. CRISPR/Cas9 è ritenuta una risorsa molto promettente per sviluppare nuove cure contro alcune malattie ereditarie. I ricercatori stanno anche sperimentando l’impiego di CRISPR per modificare le nostre cellule immunitarie, rendendole in grado di andare a caccia delle cellule tumorali con maggiore efficacia.

CRISPR/Cas9 potrebbe essere impiegato per creare esseri umani geneticamente modificati, potrebbe offrire enormi benefici per ridurre i rischi di nascite con gravi malattie ereditarie, ma potrebbe anche portare a modifiche irreversibili del nostro patrimonio genetico.

Oltre a riconoscere l’importanza scientifica e le potenzialità della scoperta, la decisione dell’Accademia di Stoccolma mette fine a un’accesa controversia sulla sua paternità. Il Nobel lascia infatti fuori Feng Zhang, biochimico del Broad Institute del MIT. I suoi studi sono comunque stati fondamentali per applicare la tecnica alle cellule di mammiferi.
 
“Le donne possono lasciare un segno importante nella scienza ed è importante che lo sappiano le ragazze che vogliono lavorare nella ricerca” ha pronunciato la scienziata vincitrice Emmanuelle Charpentier, dopo aver ritirato il premio.

Il premio Nobel per la Fisica.

Ma i successi “rosa” non finiscono qui. La ricercatrice newyorkese Andrea Ghez, la quarta donna Nobel per la Fisica, è stata premiata insieme al collega tedesco Reinhard Genzel e al britannico Roger Penrose.
I primi due, hanno dimostrato l’esistenza del buco nero supermassiccio Sagittarius A* al centro della Via Lattea. Penrose, ad una decina di anni dalla morte di Einstein, dimostrò come si possono formare i buchi neri. In più, ne descrisse le proprietà grazie a diverse soluzioni matematiche.

L’intuizione di Penrose aprì la strada a numerosi altri studi. Nondimeno, contribuì a rafforzare i sospetti di alcuni ricercatori sulla possibilità che un buco nero sia presente al centro della Via Lattea. Tra questi, ci furono proprio Reinhard Genzel e Andrea Ghez, che negli anni Novanta iniziarono a indagare il centro della nostra galassia. Grazie ai progressi raggiunti nelle tecnologie di osservazione, contribuirono a sviluppare nuovi strumenti per tenere sotto controllo una fonte di onde radio molto potente nel centro galattico, chiamata Sagittarius A*.

L’utilizzo.

Il loro lavoro ha permesso di mappare con grande precisione le orbite delle stelle più luminose in prossimità del centro della Via Lattea. Le rilevazioni ci dicono che nel centro della galassia c’è un oggetto estremamente massiccio, che influenza il movimento delle stelle che ha intorno. Si stima che in uno spazio grande quanto il nostro Sistema Solare sia concentrata una massa pari a 4 milioni di volte quella del nostro Sole.
Genzel e Ghez hanno raccolto dati fondamentali ritenute le prove finora più convincenti per sostenere che ci sia effettivamente un buco nero al centro della nostra galassia.