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Il testo cancellato è il titolo, il resto è il testo. O il contrario

“Imagine all the people, livin’ life in peace”, cantava John Lennon nel ’71. Quanto tempo è passato! Eppure il suo sogno ci sembra sempre più lontano. Ma le sue parole risuonano ancora oggi, martellano nelle nostre orecchie. Come faccio io a vivere in pace, se tu non puoi vivere in pace? Come è possibile che le persone debbano ancora urlare per far sentire che loro ci sono, they matter, come direbbero oltreoceano? Che loro hanno il diritto di vivere in pace, e hanno il diritto di camminare in pace, di stare in casa in pace, senza la paura di essere uccisi perché diversi. Queste parole le abbiamo sentite tante volte quest’anno… e chissà quante volte ancora le sentiremo.

Ma perché tutto ciò? La diversità è vita, è ciò che ci permette di andare avanti. A lezione di scienze, il professore ha spiegato che ciò che permette a noi organismi eucarioti di continuare ad esistere come specie è proprio la diversità. Senza, se morisse un individuo, morirebbero tutti, perché tutti avrebbero quella sua stessa patologia. E sempre a scienze, abbiamo studiato la genetica. Ognuno di noi è frutto di un’incredibile varietà di combinazioni e mescolanze e calcoli e numeri. E allora l’intolleranza verso il diverso cade, si smonta di ogni credibilità, sembra un qualcosa di così stupido che neanche crederemmo possa esistere. Eppure ad alcune persone il diverso spaventa, ma è normale che spaventi, perché se non spaventasse sarebbe uguale a noi, e noi non ci spaventiamo di noi stessi, o forse sì, e allora il diverso ci spaventa perché assomiglia a noi, e allora noi siamo diversi, ma non possiamo spaventarci del diverso che siamo noi, o forse sì.

Mi guardo intorno. Mi alzo un attimo, la professoressa ha detto che possiamo, e mi affaccio alla finestra. I due alberi davanti casa sono diversi. Quello a sinistra è più alto, con più foglie, sembra anche più forte, più robusto, quello a destra è più piccolino, con il tronco che si dirama in due rami sottili, sottili, ma regge. Sono diversi, ma ecco, prima di adesso non ci avevo neanche fatto caso. Eppure, ora, mi piace questa cosa che sono diversi, se fossero stati uguali non mi sarebbero piaciuti, o forse non ci avrei fatto caso. Ma ci ho fatto caso e mi piacciono. C’è diversità davanti casa.

C’è diversità anche dentro casa. Io e mio fratello siamo diversissimi. A lui piace giocare ai videogiochi. A me non piace. A me piace leggere e guardare film. A lui non piace. Eppure ci vogliamo bene.

C’è diversità anche a scuola. In realtà meno di quanto si possa immaginare. È una classe di quasi solo ragazze, quindi siamo noi tre ragazzi ad essere diversi, eppure non mi dispiace così tanto.

La diversità è parte della mia vita, è parte anche della tua vita, è parte del mondo. La diversità permette al mondo di esistere. Permette all’universo di esistere. Se ci fossero solo stelle, noi non potremmo esistere. Ma anche se ci fossero solo pianeti non potremmo esistere. E se non ci fosse niente, e fosse tutto vuoto, tutto uguale, non potremmo esistere lo stesso. Quindi la diversità ci dona vita, ci permette di vivere, è vita.

“Imagine all the people, livin’ life in peace”, cantava John Lennon nel ’71. Quanto tempo è passato!

Eppure il suo sogno ci sembra sempre più lontano. Per vivere in pace serve diversità, perché se c’è diversità, e c’è e deve esserci, c’è una pluralità. Ma perché la diversità nell’universo, la diversità nella natura non ci spaventa, a me non spaventa che i due alberi davanti casa mia sono diversi, e invece se la diversità è nelle persone, non solo ci spaventa, ma la odiamo, la stigmatizziamo,

quando è irreversibile la emarginiamo e quando si pensa che la si possa cambiare, proviamo a renderla uguale a noi? La diversità non era vita? È vita solo in alcuni casi? E allora serve che questa diversità venga riconosciuta, che venga rispettata. Sì, è importante che venga riconosciuta, prima ancora di essere rispettata. Quante volte ho sentito persone anche importanti dire che “siamo tutti uguali”! Ma noi non siamo uguali, non vogliamo essere uguali, non voglio essere uguale a te, anche se mi piace come sei, e guardo il tuo profilo Instagram e dico che vorrei essere uguale a te, non lo intendo davvero, perché in fondo mi piace essere diverso da te, perché se fossi uguale a te, sarei te, ma io voglio essere me e essere diverso da te e da tutti gli altri.

Mi sono perso. Sì, è importante che venga riconosciuta… già l’ho detto. Rileggo tutto. Mi sembra di aver detto tutto, e di essermi perso tante volte. Penso a come stanno impostando il testo i miei compagni, poi scuoto la testa. Non lo voglio fare come gli altri, sennò quello che ho scritto fino ad adesso non serve a niente. Sarebbe solo retorica. Ho ripetuto fino ad adesso che la diversità è importante, che ci permette di esistere, e allora riapro la consegna, no, le immagini non le metto, le avranno messe tutti, ma forse è come voleva che fosse la professoressa, e allora le metto, ma poi sono tutti uguali, non mi piace più quello che ho scritto. Cancello tutto e ricomincio. Sì, cancello tutto. Forse qualcosa lo posso tenere. Sì, così. È diverso. Mi piace.

di Simone Di Minni