In viaggio con Parmenide e Dante

Ti è mai capitato di viaggiare con la mente e trovarti catapultato nel passato o in un immaginario futuro? Io l’ho fatto! Ed ho pensato a quanto sarebbe stato bello poter viaggiare nel tempo, tornare nel passato per riconoscere i propri errori o mancanze, rivivere il presente nella consapevolezza di ciò che si è diventati per riuscire nel futuro a migliorare e cambiare la propria esistenza, senza commettere gli stessi errori.

Il viaggio nella filosofia e nella letteratura

Un aiuto ci può arrivare dallo studio degli scritti di due autori solo apparentemente lontani: il filosofo Parmenide e il poeta Dante Alighieri. Vissuti in epoche storiche completamente diverse, si pensi che Parmenide è vissuto intorno al VI secolo a.C., mentre Dante è vissuto intorno al XIII secolo d.C., affrontano però il medesimo viaggio introspettivo.

I significati allegorici e morali del viaggio

L’opera di Parmenide, intitolata “Sulla natura”, affronta un viaggio conoscitivo per esprimere il passaggio dell’uomo dallo stato di ignoranza a quello di conoscenza. Per Dante,invece, il viaggio ha un significato allegorico che rappresenta il cammino che l’uomo deve percorrere per sfuggire alle passioni terrene ed arrivare alla libertà morale e alla fede. Una strada che va dall’istinto e dall’ignoranza verso la coscienza della verità e della salvezza.

Entrambi partono dal mondo delle apparenze, dell’inganno e dei sensi fino ad arrivare al mondo della verità. Sia Dante che Parmenide sono due “privilegiati” poiché entrano in questi mondi da viventi. Il loro linguaggio è oscuro, fatto di simboli e allegorie.  Parmenide utilizza il “carro” per esprimere l’aiuto divino necessario per poter giungere sino alla conoscenza della verità e della giustizia. Dante invece ha il poeta Virgilio che lo accompagnerà per tutto il suo viaggio.

L’unico ostacolo che i due devono superare, per poter accedere alla verità, viene simboleggiato da una porta. Poiché per Parmenide, per possedere la verità è necessario essere giusti, le chiavi della porta sono tenute da Dike, la dea della giustizia. Per Dante invece la porta è quella infernale,  che trova sulla sua sommità l’iscrizione: “Per me si va nella città dolente, Per me si va nell’eterno dolore, Per me si va tra la perduta gente.” Queste parole sembrano oscure a Dante, per il loro senso “cripto” e minaccioso.

Allora non importa se sei seduto su un divano a guardare un film, magari di Harry Potter, se sei Parmenide o Dante, importa il viaggio e importa ciò che troverai.

di Martina Ludovico