Aborto. Polonia spaccata in due, popolo invade le piazze

Continuano in Polonia le proteste contro la sentenza dello scorso 22 ottobre, che ha dichiarato incostituzionale l’aborto in caso di malformazioni o di possibili malattie del feto.

Il cattolicissimo Stato europeo ha sempre avuto rapporti controversi sul il tema dell’aborto, da molti considerato uno dei diritti fondamentali di ogni donna. Secondo la legge varata nel 1993, l’aborto poteva essere depenalizzato qualora esistessero evidenze scientifiche dell’elevata probabilità di un deterioramento del feto o del possibile manifestarsi di malattie pericolose per la vita. Tuttavia, la presidente dell’Alta Corte Julia Przylebska ha definito tale legge incompatibile con la Costituzione polacca.

Fin dal 2016, il Pis, partito di estrema destra di ispirazione conservatrice clericale ed attualmente al governo, ha tentato di far abrogare definitivamente la legge sull’aborto. Quando i conservatori sembravano, però, essere vicini a conseguire il proprio obiettivo, migliaia di donne e uomini si sono riversati nelle piazze della capitale e delle città principali di tutto il paese, reclamando il diritto all’aborto in qualsiasi circostanza, dando il via a disordini che perdurano ormai da più di dieci giorni. Le attiviste e gli attivisti del movimento “Ogolnopolski Strajk Kobiet (Lo Sciopero Nazionale delle Donne) hanno compiuto una delle azioni più decisive e simboliche della protesta, sfidando l’enorme influenza della Chiesa Cattolica nel paese e facendo irruzione in molte chiese durante i riti religiosi. Tra le frasi sui tanti cartelli esibiti: “Preghiamo per il diritto all’aborto”. E’, inoltre, stato lanciato l’hashtag #ToJestWojna, “#QuestaE’Guerra”.

Attualmente, nel mirino dell’azione dei manifestanti: il presidente della Conferenza Episcopale Polacca Stanislaw Gadecki, per aver appoggiato la sentenza della Corte Costituzionale, e il vicepremier Jaroslaw Kaczynski, “uomo forte” del governo conservatore, che è stato tra i primi a schierarsi contro le manifestazioni.

Le istituzioni polacche hanno risposto ai disordini dichiarando di non essere disposte a trattare con i manifestanti e inviando le forze armate, con l’ordine di sciogliere i cortei, se necessario, anche con l’uso della forza, a contrastare i manifestanti. L’ex vicepremier polacca Jadwiga Emilewicz ha, inoltre, dichiarato che “la libertà di una donna finisce quando rimane incinta, perché è limitata dalla libertà del bambino”, riassumendo in breve le istanze dei conservatori.

L’esito finale della lotta per il diritto all’aborto è, al momento, incerto. È, tuttavia,  innegabile,  alla luce dell’incredibile partecipazione alle manifestazioni, che il processo per la laicizzazione dello Stato polacco, da sempre soggetto all’influenza della Chiesa Cattolica, abbia fatto un enorme passo avanti nell’ultimo periodo e che il paese si stia lentamente muovendo, nonostante i tentativi di boicottaggio, da parte di una larga fascia della popolazione, per vie legali, verso la totale emancipazione femminile.

Simone Staiano, III C