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Fra cambiamenti climatici e tagli: come si evolverà l’agricoltura in futuro?

Jared Diamond, nel suo saggio “Armi, acciaio e malattie”, spiega in maniera molto dettagliata come dall’agricoltura siano nate le basi della società moderna. Grazie ad essa, infatti, si è potuti giungere alla nascita di una classe sociale non produttiva che non si dovesse preoccupare di procurarsi cibo, ma specializzarsi, ad esempio, nelle funzioni amministrative e governative.

L’agricoltura nell’economia europea

Ad oggi l’agricoltura, pur mantenendo la sua estrema importanza, viene spesso messa in secondo piano. Ciò si può notare dai tagli che l’Unione Europea sta compiendo alla PAC (Politica Agricola Comune). Nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027 rispetto al periodo 2014-2020 i fondi a livello europeo potrebbero diminuire di circa 74 miliardi di euro (dovuti alla Brexit e alla deviazione dei fondi su altri settori come ad esempio il Green Deal). In questo modo l’Italia nel solo 2021 perderebbe 370 milioni di euro rispetto all’anno precedente, di cui 230 costituiscono il fondo per lo sviluppo agricolo e 140 i pagamenti diretti agli agricoltori. Uno smacco per l’agricoltura italiana, sempre più impegnata a contrastare i cambiamenti climatici con politiche ambientali efficaci e sostenibili (come dimostrano i record sul fronte della sicurezza alimentare, il minor numero di prodotti con residui chimici oltre i limiti di legge e la diminuzione delle emissioni a livello nazionale del settore primario) che hanno portato l’Italia, almeno in questo ambito, ad essere la più “green” d’Europa. Queste politiche rischiano di essere indebolite e di affossare ancora di più un’agricoltura già martoriata dai cambiamenti climatici.

Il ruolo dei cambiamenti climatici

Il 2019, ad esempio, è stato il quarto anno più caldo in Italia dal 1800. Gli eventi estremi come desertificazione, siccità, gelate e sfasamenti stagionali sono diventati sempre più frequenti. Secondo Coldiretti la produzione agricola nazionale è diminuita dell’1,3%. Il calo sale al 2,4% per i vegetali, con punte del meno 12% per il vino. In circa un decennio, questo ripetersi di catastrofi naturali è costato all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro.

Nel 2020, il maltempo di fine marzo e aprile unito ad un inverno caldo, che ha anticipato le fioriture, ha in parte compromesso la raccolta ortofrutticola estiva. Secondo ISMEA, le pesche in particolare hanno avuto un calo del 28% rispetto al 2019. Un danno immenso per il made in Italy sempre più in ginocchio e che difficilmente riuscirà a rialzarsi senza un veloce cambio di rotta.

Le soluzioni

Per diminuire l’impatto ambientale dell’agricoltura e migliorare le condizioni climatiche, in futuro è importante incentivare l’agricoltura sostenibile.

Bisogna cercare innanzitutto di diminuire l’agricoltura intensiva. I ritmi della domanda alimentare sempre più alti e la necessità di avere prodotti di qualità nutrizionale elevata hanno permesso lo sviluppo di questo tipo di agricoltura che, a causa dell’abuso di fertilizzanti, pesticidi e ormoni, portano alla degradazione del terreno e ad un progressivo inquinamento delle acque interne. A ciò si aggiunge la deforestazione di intere aree che vengono sfruttate fino alla loro desertificazione.

Una risposta valida può essere trovata nell’agricoltura biologica, incentivata dall’Unione Europea. In essa si predilige l’utilizzo di concimi di natura organica come il letame o lo stallatico. Al posto dei dannosi antiparassitari  si utilizzano esclusivamente preparati vegetali nati dall’osservazione naturale di alcune piante selvatiche che riescono a difendersi rilasciando alcune sostanze. Con ciò non bisogna demonizzare l’agricoltura convenzionale. Essa serve, come detto in precedenza, a soddisfare una richiesta alimentare sempre più in crescita. A ciò si aggiunge il fatto che la sola agricoltura biologica porterebbe ad un’impennata dei prezzi alimentari con enormi svantaggi, soprattutto per le fasce di reddito più basse e per i Paesi in via di sviluppo. Deve essere quindi trovato un compromesso.

In zone vocate sarebbe meglio la diffusione dell’agricoltura biologica. Essa può garantire una resa sicura del prodotto a livello salutare e diminuire l’impatto ambientale in maniera efficace. L’agricoltura convenzionale deve, a sua volta, cercare di avvicinarsi ad altri tipi di coltivazione, ad esempio quella integrata, dove si utilizzano prodotti chimici solo se realmente necessari. Questi prodotti hanno un’azione residuale limitata che può evitare l’inquinamento delle falde acquifere e mantenere la produttività del terreno.

Il futuro dell’agricoltura

La figura dell’ agricoltore, come detto all’inizio, è sempre stata fondamentale all’interno della società e oggi lo è ancora di più. Non può rimanere ancorata alle pratiche di 40-50 anni fa, ma deve accogliere le sfide del nuovo mondo (globalizzazione, cambiamento climatico, aumento della popolazione mondiale etc.) cercando, attraverso il lavoro, fatto di passione e di tanti sacrifici, di migliorare l’ambiente per il bene di tutti.

Federico Di Lello