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RIAPRIAMO LE SCUOLE, NON CONTINUIAMO A NEGARE AGLI STUDENTI IL DIRITTO ALLA SOCIALITÀ.

Lottare per il diritto di studiare, di vivere assieme ai propri compagni di scuola, di crescere con loro e di poter acquisire nuove conoscenze proprio sulle esperienze fatte nella comunità è sempre una scelta vincente. La ragazza di Torino con la sua protesta pacifica – ma come lei ve ne sono tanti in ogni parte d’Italia, da Nord a Sud – è il simbolo del fallimento di un’intera classe dirigente che noi italiani, direttamente o indirettamente, abbiamo voluto, votato ed eletto. Non incolpiamo i dirigenti scolastici, anzi, ringraziamoli perché con grandissimi sacrifici pongono rimedio proprio alle inadempienze di chi ci governa. La scuola ha un valore culturale ma a esso è strettamente connesso anche un valore sociale che va affermato e consolidato: è il valore della quotidiana relazione fra studenti, della vita in comune, delle relazioni di gruppo, delle regole condivise e – in termini più concreti – degli apprendimenti che stimolano alla conoscenza della realtà che ci circonda. Con il venir meno della famiglia, per varie ragioni che non sto elencando, la scuola d’oggi tra le varie funzioni ha anche quella di formare l’individuo, preparandolo alla vita “reale”, quella che lo attende al di fuori dell’edificio scolastico. Mi piace moltissimo il pensiero di Sydney Justin Harris quando afferma che lo scopo della scuola sia di trasformare gli specchi in finestre. Con l’isolamento in casa, la domiciliazione forzata delle vostre vite, le finestre diventano specchi. Certamente è meglio la didattica a distanza che nulla, ma, nel lungo periodo, non può essere una scelta sensata. Si gioca regolarmente il calcio. Nelle grandi industrie si lavora con regolarità. Le chiese e i luoghi di culto svolgono normalmente le loro funzioni. Agli studenti, invece, è negato un diritto fondamentale della persona umana, ma nessuno da grande importanza a questo problema enorme. Il governo pensa al Natale, ai panettoni, allo spumante e ai cenoni. Pasolini avrebbe ripreso un verso di una sua poesia tra le più belle dedicata all’Italia: “Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, proprio perché fosti cosciente, sei inconsciente”. Siamo sprofondati davvero troppo in basso! I centri commerciali sì, la scuola no! Non c’è stato un solo uomo di governo che ha pensato seriamente a voi studenti dando continuità alla vostra formazione e alla vostra crescita culturale e sociale. Hanno pensato ai banchi con le rotelle, alle mascherine per tutto il tempo delle lezioni, ma non al fatto che avreste perso quasi un anno di scuola, quella vera! Si sapeva del ritorno a scuola a settembre, ma non ci si è minimamente organizzati per farlo nella massima sicurezza. Eppure non era così difficile programmare, in fondo, c’era bisogno soltanto di distanziamento. I dirigenti scolastici sono stati lasciati soli e non è stata data loro la possibilità di trovare spazi idonei. Questo colpevole immobilismo oggi lo si vuole risolvere con le chiusure o con le mascherine agli alunni imposte per cinque o sei ore consecutive. Credo che questi governanti dovrebbero avere quantomeno la decenza di chiedere scusa a tutti gli studenti italiani per il danno che hanno loro cagionato. In questo Paese la scuola deve essere ripensata e l’emergenza Covid-19 poteva essere un’occasione enorme da sfruttare. Ci siamo occupati, invece, solo di calcio, di economia, dimenticando totalmente la cultura e la ricerca. La scuola è un diritto fondamentale dell’individuo e oggi, purtroppo, è negato da questa classe dirigente distratta, pavida e a volte inutile! A voi ragazzi dico: lottate per la vostra dignità e le vostre libertà non aspettate noi adulti distratti e pigri perché noi anche questa volta vi lasceremo soli!

Vincenzo Musacchio, giurista, è professore di diritto penale. Associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Discepolo di Giuliano Vassalli, allievo e amico di Antonino Caponnetto.