• Home
  • Blog
  • Articoli
  • La parabola di Maradona: carnefice e vittima di sè stesso Diego Armando Maradona è morto all’età di 60 anni per un arresto cardiaco nella sua casa di Tigre.

La parabola di Maradona: carnefice e vittima di sè stesso Diego Armando Maradona è morto all’età di 60 anni per un arresto cardiaco nella sua casa di Tigre.

La morte del fuoriclasse argentino fa discutere, e non poco. Diego Armando Maradona, senza dubbi, rappresenta per tutti il “calciatore” più forte di tutti i tempi ma non simboleggia la figura dell’ “atleta” più grande. Uno stile di vita spericolato, all’insegna della trasgressione, ha compromesso una carriera che sembrava non avere fine. La dipendenza dalle droghe e la fragilità che ne è derivata, hanno segnato gran parte della sua irripetibile carriera. E poiché nella vita tutto si paga, nel 2000 fu colpito da un infarto a seguito di un’overdose, nella località balneare uruguaiana di Punta del Este, e nel 2004 fece i conti con un’altra crisi cardiaca a Buenos Aires. Consapevole del male che si era fatto, in un’intervista lui stesso affermò: ”Sai che giocatore sarei stato se non avessi tirato cocaina?”. Arrivò a pesare quasi 100 kg, al punto tale da essere operato urgentemente alle ginocchia. Agli eccessi di Diego si aggiunse il consumo frequente di alcol che lo portò svariate volte in ospedale. Negli ultimi anni era riuscito a disintossicarsi ma il suo fisico mostrava tutte le conseguenze di una vita condotta sul filo del baratro. A guardare indietro si può pensare che i suoi problemi ebbero origine dalle cattive amicizie e dalla impossibilità di gestire una fama dirompente, per un ragazzino sprovveduto proveniente dalle Favelas,tra le quali palleggiava il suo pallone fatto di stracci con gli occhi che gli brillavano. E’ stato descritto da chi lo ha conosciuto al suo arrivo in Italia come un ingenuo ragazzo meraviglioso, che ha avuto la capacità di far innamorare i napoletani e tutto il mondo con quegli occhi limpidi e brillanti e il pallone ai piedi. Ma a Napoli, negli anni ’80, si accompagnò ai fratelli Giuliano, padroni incontrastati della città, per fare la bella vita, divertirsi con le donne e abusare della loro droga. Maradona è stato un’incredibile operazione di marketing del calcio italiano, tanto da diventare un bersaglio anche per l’agenzia delle entrate italiana: nell’ ‘89 fu accusato di evasione fiscale; un’altra squallida macchia su un campione che spesso si era reso disponibile a grandi gesti di generosità e beneficenza. E poi quel grande dolore, l’8 luglio del 1990, all’Olimpico, finale dei mondiali di calcio, Argentina – Germania: l’inno nazionale argentino fischiato in modo assordante e la colorita risposta di Diego sancirono la fine di una bellissima storia d’amore tra il grande calciatore e il pubblico italiano.

Forse la smania di emergere, i momenti di debolezza e l’ingenuità di un ragazzo che è riuscito ad ottenere tanto grazie al suo talento, si sono rivelati i punti deboli nel corso della sua carriera. Molti hanno marciato sul ruolo di Maradona nella società, a volte approfittando della sua posizione per scopi di lucro personale. Difficile per un uomo che è stato definito “pibe de oro”, sfuggire ad una realtà del genere, che da un lato sembra in grado di garantire una posizione sempre migliore, e dall’altro è come se ti faccia entrare in un tunnel dal quale è difficile uscirne vincitori.

Nonostante tutto, Diego Armando Maradona rimarrà sempre l’idolo di chi ama e gioca il calcio, che ogni volta che farà un gol dirà tra sé di averlo fatto “ un po’ con la testa di Maradona ed un altro po’ con la mano di Dio”.

Tommaso Ferraro 5 ASP