Il cinema a scuola: si parte!

Ed eccomi qui a scrivere un articolo relativo ad un progetto “Il cinema a scuola”.

Sì non sto scherzando, come dice la nostra prof. di italiano, con la didattica a distanza non ci sono limiti.

Ecco perché non ha rinunciato al tradizionale progetto cinema dove di solito gli alunni assistono alla proiezione di un film durante l’orario scolastico. E che cosa ci ha proposto?

Un film qualsiasi?

No. Ci ha proposto di partecipare alla XII edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, dedicata al cooperante napoletano Mario Paciolla, deceduto in Colombia in circostanze rimaste misteriose mentre operava al servizio delle Nazioni Unite.

Il concorso cinematografico è articolato in quattro sezioni: Doc, Short, Youth e Ciak Migration.

Tra le opere in concorso nella sezione Ciak Migration  la nostra docente-coach ci ha proposto la visione del  documentario Dem Rek: si parte! del regista Davide Demichelis per conoscere la storia di migrazione di Alì Sohna.

 

 

E così il 24 Novembre abbiamo visto il “film”  Dem Rek:Si parte!

Per prima cosa abbiamo dovuto affrontare la registrazione. Ah dimenticavo per la nostra classe è stato un compito assegnato regolarmente su Classroom.

Tra un tutorial e l’altro, dopo tante difficoltà siamo riusciti tutti ad effettuare la registrazione e  a vedere e commentare il film-documentario, stando comodamente a casa.

Per quanto mi riguarda dopo 20 minuti, utilizzati per cercare di registrarmi, sono riuscita a vedere il film.

È  stato F-A-N-T-A-S-T-I-C-O.

Nel film-documentario il protagonista racconta la sua storia.

Alì è un ragazzo 23enne della città di Serrekunda, in Gambia, la regione più povera dell’Africa, a soltanto 15 anni è emigrato in Italia, precisamente a Matera.

Qui ha studiato recitazione e, all’età di 21 anni, è ritornato nel suo Paese insieme ai suoi compagni di viaggio: Pompea, amica di Alì, Anna, studentessa di recitazione, Andrea, regista teatrale, Paola, giornalista, Joseph, fotografo, e Alessio, clarinettista.

Ad accoglierlo c’erano i suoi parenti e i suoi amici.

Tra questi c’è Omar, un signore africano che aveva accolto la madre (di Alì) a casa sua, per due anni, fino alla sua morte.

Omar seppellì la donna nel cimitero e regalò un terreno ad Alì che vorrebbe costruire un teatro per gli studenti che vogliono imparare a recitare.

Durante questo viaggio nella sua terra di origine, Alì ha visitato tante scuole dove con l’aiuto degli studenti ha messo in scena la sua storia.

Gli studenti imparano così a raccontare la propria vita attraverso  il teatro.

Negli spettacoli, Alì diceva che se n’era andato dal suo Paese per andare in un posto migliore e che era stato fortunato mentre molte persone, durante la migrazione in mare, morivano e muoiono…

Qual è il messaggio di Alì? Le parole, i gesti di Alì sono serviti a spiegare le ombre delle migrazioni e molti ragazzi hanno deciso di rimanere in Gambia. Tuttavia tre ragazzi, che non hanno visto lo spettacolo, hanno provato ad andare via e sono affogati.

 

In questo film si parla anche della schiavitù, da parte degli occidentali nei confronti dei popoli africani.

Per la prima volta ho visto Kunta Kinteh Island, l’isola dove moltissimi africani vennero schiavizzati. L’isola prende il nome dello schiavo africano più famoso: Kunta Kinteh, protagonista della serie televisiva “Radici” che i nostri genitori hanno visto in TV quando erano bambini.

 

Come si può combattere il dolore di un viaggio senza ritorno? Io credo che la proposta di Alì sia valida, ovvero usare il teatro per raccontare che cosa si nasconde dietro un viaggio verso altri Paesi.

Questa attività mi è piaciuta T-A-N-T-I-S-S-I-M-O.

Attraverso la visione di un film abbiamo compreso la differenza  tra le migrazioni di ieri e quelle di oggi.

 

“Il teatro è una medicina. Il teatro salva le persone”.

 

Elisa Maria Rociola

Classe I G

Docente: Elisabetta Pasquale