TORNERANNO I VECCHI TEMPI

Senza preavvisi, senza che ce lo aspettassimo, tutto ad un tratto, all’inizio di marzo, la nostra quotidianità cessò e divenne, sotto numerosi punti di vista, illegalità. Trasformare la quotidianità in un atto illecito: è ciò che ha fatto il nostro “caro” coronavirus, oramai tanto presente nelle nostre vite, nei dialoghi di ogni giorno tra gli abitanti di tutto il mondo, protagonista del 2020. Ebbene sì, improvvisamente, come la pioggia di marzo, arrivò qualcosa che nessuno, a maggior ragione noi adolescenti nel fiore degli anni, avevamo previsto: un cambiamento radicale delle nostre vite. Non ci rendevamo conto di quanto eravamo fortunati e di quanti privilegi usufruivamo, fino a quando non ci sono stati proibiti. Non comprendevamo il senso della libertà, fino a quando non abbiamo simulato una sorte di “reclusione”.  Effettivamente è così, si capisce il valore delle cose solo quando si perdono e noi da essere farfalle, libere di volare e andare dove volevamo, siamo diventati bruchi, costretti a vivere nella nostra larva in attesa di un messaggio che ci dia l’autorizzazione per poter divenire nuovamente farfalle, capaci di spiccare il volo e vivere con normalità lo scorrere della nostra vita. Il coronavirus lo possiamo reputare una specie di macchina del tempo, che ci ha dato  la possibilità di tornare ad essere nell’animo di coloro che vissero negli anni della Spagnola, gli anni Venti, quando la morte era qualcosa di piuttosto vicina, e ricorreva anche per motivazioni banali e di conseguenza ci si sentiva più attaccati ai valori fondamentali della vita. Era, per quanto sofferente, una cosa “normale” perdere un proprio caro a causa di malattie oggi quasi insignificanti, per carenza di medicinali e vaccini. Pertanto si tendeva ad essere dominati da una capacità di reggere il dolore, ma nello stesso tempo da un forte senso di speranza, alimentato dalla preghiera, dalla parola di Dio, rappresentante e luogo di rifugio nei momenti difficoltosi. Oggi, invece, si è un po’ più sprovvisti su questo punto di vista, non si è abituati a richiedere aiuto a Colui che sta sopra di noi, ma indubbiamente sentiamo la necessità di sentirci al sicuro, forti. Bisogna entrare nell’ottica che si vive e si muore, che la vita non ci appartiene, è imprevedibile proprio come “una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita”. E ciò che risulta fondamentale sta proprio lì, nell’ accettare che nulla è prevedibile e il bello della vita sta nella capacità di cogliere in maniera positiva “il qualsiasi cioccolatino che capita”, che sia del proprio gusto preferito o, come nel caso pandemia attuale, non sia del tutto gradevole. Si sente, ora più che mai, la necessità di guardare con positività ciò che accade attorno a noi, per quanto difficile possa essere.

Provo rabbia perchè non è plausibile che un qualcosa di tanto piccolo come un virus, ci possa portar via qualcosa di tanto grande, partendo dalle persone che amiamo di più ,dagli affetti, passando alle occasioni, alle esperienze, fino ad arrivare ai “treni” che abbiamo la possibilità di prendere una sola volta nella vita e che probabilmente, abbiamo già perso. Provo rabbia perchè non accetto che una pandemia ha portato il mondo intero a mutamenti tanto grandi, riguardanti il pensiero, le abitudini, gli stili di vita, l’interazione con il prossimo, ecc…Mi manca fare tante cose…Sento la necessità di abbracciare senza paura chi amo, uscire di casa e salutare calorosamente, da pura siciliana, la gente che incontro senza dare attenzione al metro di distanza e alla mascherina… Mi manca abbracciare i miei nonni, non lo faccio da febbraio, loro non ci saranno per sempre e la sola idea di non potermeli godere appieno per il timore di essere “il mezzo” che gli porti il virus a casa mi induce un forte sentimento di tristezza.Ho voglia di prendere un aereo, fare le esperienze che mi permetterebbero di crescere e diventare una donna in gamba nel futuro. Ho voglia di cantare a squarciagola ad un concerto le canzoni della mia band preferita, della quale voglio riportare un frammento di una canzone, alla quale sono molto affezionata e che mi aiuta, con le sue meravigliose note, giorno dopo giorno, ad affrontare questo duro periodo:

“Torneranno i vecchi tempi /con le loro camicie fiammanti,/sfideranno le correnti /fino a perdere il nome dei giorni…/ […] Torneranno tutte le genti che non hanno voluto parlare /Scenderanno giù dai monti ed allora staremo a sentire /Quelle storie da cortile che facevano annoiare/ Ma che adesso sono aria, buona pure da mangiare […]”

Spero accada presto  e quando quel giorno arriverà sarà meraviglioso. Aspetterò, e come disse Pavese: “Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola”. Affronterò, affronteremo questo momento difficile, e il mio auspicio è che facendoci forza l’uno l’altro, ne usciremo vincitori, potendoci finalmente riabbracciare.

Gaia Leone classe 3 A