Per sentirsi più vicini: 20 piatti tipici natalizi

Questo 2020 ci ha portato un periodo di noia causato dal covid-19. Tutti noi speravamo in un miglioramento che ci avrebbe garantito di passare il Natale con amici e parenti. Questo miglioramento purtroppo non è avvenuto, siamo arrivati al mese di dicembre ed è il momento di pensare a come passare le vacanze all’insegna del divertimento, anche se solo con poche persone, speriamo le più strette.
Avendo quindi tanto tempo a disposizione vi proponiamo dei piatti tipici natalizi che potrete cucinare in famiglia per rendere questo Natale, strano e diverso, più divertente.

 

VALLE D’AOSTA – POLENTA CONCIA


Ricca e saporita, è facile da preparare e perfetta da gustare quando arriva la stagione fredda. Questa pietanza non è tipica solo della Valle d’Aosta e la sua ricetta varia notevolmente da regione a regione: può essere servita col formaggio fuso sulla superficie o sciolto direttamente nella farina durante gli ultimi minuti di cottura, fino a essere servita in strati alternati con sugo e parmigiano grattugiato.
Questa polenta è molto più morbida e saporita di quella semplice, la consistenza quasi liquida e la morbidezza sono dovute all’uso del burro e del formaggio mischiato nel composto farinaceo.
La polenta concia non è un alimento adatto per una dieta ipocalorica in quanto il suo apporto calorico è molto elevato. Tuttavia c’è da sottolineare che non è la polenta in sé ad essere calorica ma il suo condimento. Quindi, maggiore sarà l’apporto del formaggio maggiormente calorica sarà la nostra porzione di polenta concia.

Ingredienti: 500 gr circa di farina gialla, 1 cucchiaio da brodo di farina bianca, 1 1/2 litro d’acqua, 50 gr di toma mediamente stagionata, 150 gr di burro fuso, Sale, Pepe

 

PIEMONTE – BAGNA CAUDA


La Bagna Cauda è un piatto tradizionale piemontese, simbolo della cucina contadina di una volta. Questo era un piatto di condivisione dove tutti i parenti intingevano le verdure lesse e crude nello tesso tegame, il fujot, anche se, negli ultimi anni, per praticità si usano i fujotini, ossia piccoli tegamini sempre di terracotta, bucati sotto, dove si inserisce una candela per mantenere la temperatura della salsa, che deve essere piuttosto alta. L’ipotesi più accreditata sull’invenzione della bagna cauda riguarda i vecchi contadini piemontesi. Terminata la vendemmia, la campagna si avvolge nella nebbia e nell’orto restano solo cavoli, cardi, topinambur: è in questa stagione che la bagna cauda fa la sua comparsa, questi ingredienti vengono ridotti a salsa grazie a una lenta cottura e poi servita accompagnata da verdure di stagione cotte o crude intinte nella preparazione Si festeggia quindi la fine del lavoro nei campi con un piatto rustico e popolare, saporito e forte, da ripetere ogni anno in questo periodo.

Ingredienti: 1 testa di aglio, 1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva, 50g di acciughe rosse di Spagna, una noce di burro

 

LOMBARDIA – PANETTONE


Il panettone è nato nel Medioevo ed è legato alla tradizione, che vigeva all’epoca, di preparare in occasione del Natale dei pani molto ricchi, che venivano serviti dal capofamiglia ai commensali. Dunque non era altro che un pane fatto in casa con qualcosa per arricchirlo. Una leggenda racconta che sia nato in seguito a un incidente alla corte di Ludovico il Moro nel quindicesimo secolo. Il dolce che doveva essere presentato alla festa di Natale organizzata dal Duca era bruciato nel forno e, non avendo alternative, il pasticcere accettò la proposta di uno sguattero, il Toni, di portare in tavola una pagnotta impastata con uova, burro, canditi e uvetta. Il duca e gli ospiti apprezzarono questo dolce e alla domanda su come si chiamasse il pasticcere rispose l’è il pan del Toni. Un nome che col tempo sarebbe diventato il panettone.
La forma attuale del panettone venne infine ideata negli anni Venti, quando Angelo Motta, prendendo ispirazione dal kulic, un dolce ortodosso che si mangia a Pasqua, decise di avvolgere il dolce nella carta paglia, rendendolo come lo vediamo oggi.

Ingredienti: farina di frumento, uvetta, burro, tuorlo d’uovo fresco e uova fresche, scorze di arancia e limone candite, zucchero, acqua, latte fresco, sale, eventualmente miele e vaniglia da bacche

 

TRENTINO-ALTO ADIGE – CANEDERLI


Il piatto è di origine contadina ed è legato all’usanza di non buttare via mai niente e cercare di fare tutto con quel poco che si aveva per dar da mangiare alla famiglia: infatti le famiglie contadine partivano dal pane avanzato, ormai raffermo, come base per poi aggiungervi dalla carne alle verdure.
I canederli possono essere sia dolci che salati: quelli salati rappresentano oggi uno dei primi piatti più amati in Alto Adige e si mangiano spesso come piatto unico nel brodo oppure conditi con burro fuso e formaggio grattugiato, salsa ai funghi o al formaggio e accompagnati da insalata o cappuccio e Speck. I canederli dolci invece vengono preparati prevalentemente con albicocche e prugne, ma nei ristoranti si trovano anche le versioni con le fragole, la ricotta e il cioccolato. Per questo dolce si prepara lo stesso impasto di patate e farina che si usa per fare gli gnocchi, poi lo si stende per farne una sfoglia e con essa si avvolge la frutta scelta per il dolce. Una volta chiuse, le “palle” vengono cotte nell’acqua.

Ingredienti: 250 g di pane raffermo. Si usa pane tagliato a dadini di circa mezzo cm di lato, 150 g di Speck dell’Alto Adige con la sua parte di grasso, tagliato a dadini fini di 2-3 mm di lato, tenendo presente che se sono troppo grossi compromettono la tenuta del Knödel, 2 uova, 1/4 di latte, 1 cucchiaio di cipolla tritata finemente, 1 cucchiaio di burro, 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 1 cucchiaio di erba cipollina tritata farina non oltre 30 grammi, sale e pepe

 

FRIULI-VENEZIA GIULIA – GNOCCHI DI SUSINE


La ricetta di questo piatto risale alla tradizione mitteleuropea; molto probabilmente è giunta in Friuli Venezia Giulia tramite le cuoche boeme che lavoravano a servizio delle famiglie nobili. Nella terra di origine, ma anche nei libri di ricette, è possibile reperire due versioni di questo piatto: gnocchi di prugne o gnocchi di susine. Si tratta in realtà della stessa ricetta realizzata con i medesimi ingredienti: infatti, a dispetto dell’uso comune del termine “susina”, spesso riservato alle varietà tonde, e di “prugna”, sovente utilizzato in riferimento alle varietà viola scuro di forma più allungata, in realtà susina e prugna, dal punto di vista botanico, sono lo stesso frutto, semplicemente denominato susina quando è fresco e prugna dopo essere stato essiccato. Questi gnocchi vengono serviti come dolce ma soprattutto come primo, perché la dolcezza della cannella si smorza con l’asprigno delle susine.

Ingredienti: 350 g di patate a pasta bianca, 1 uovo, 250 g di farina 00, 60 g di burro fuso, 12 susine, 3 cucchiai di pangrattato, 35 g di zucchero semolato, 20 g di burro, Cannella in polvere

 

VENETO – PANDORO


La maggior parte delle persone sostiene che le prime testimonianze di questo dolce natalizio debbano essere ricercate a fine 1800 precisamente il 14 ottobre, nella cucina del pasticcere a Verona infatti la città di Verona lo riconosce come alimento tipico e tradizionale. Per altro, il nome del pandoro deriverebbe da “Pane d’oro”, tramite cui Melegatti avrebbe voluto ricordare i pan de oro tipici della Repubblica di Venezia, dalla forma conica e impreziositi da foglie d’oro zecchino. Una seconda corrente di pensiero, sostiene invece che il Pandoro discenda dalle brioches francesi, che all’inizio del XVII secolo erano tra i dolci più amati nella Repubblica di Venezia mentre altre persone particolarmente patriottiche vogliono mettere in luce la provenienza veneta del Pandoro: l’antenato più prossimo del dolce natalizio sarebbe appunto il Nadalin, un prodotto veneto ottenuto in maniera analoga al Pandoro, ma con tempi di lievitazione inferiori e quindi dalla forme più bassa e contenuta, è infatti molto complicato riprodurre questo dolce in casa poiché occorrono fino a 36 ore di lavorazione, almeno 10 ore di lievitazione e 7 cicli d’impasto per ottenere la caratteristica consistenza del pandoro; inoltre bisogna mantenere la giusta temperatura in modo uniforme con i forni casalinghi, ed evitare di conseguenza la formazione della crosta in superficie, tipica del panettone.

Ingredienti: (Per l’impasto) 450 gr di farina manitoba , 10 gr di lievito di birra fresco, 70 gr di acqua, 3 uova intere, 1 tuorlo, 30 gr di burro morbido +140 gr di burro morbido a pezzetti per la sfogliatura, 135 gr di zucchero, 8 gr di sale fino (Per la Marinatura di aromi) buccia grattugiata di 2 arance, 2 cucchiai di miele, 2 cucchiaio di estratto di vaniglia

EMILIA ROMAGNA – TORTELLINO


Tradizione vuole che i tortellini non possano mancare quando tutta la famiglia è raccolta attorno al tavolo a Natale, e la preparazione stessa dei tortellini richiede la collaborazione di tutto il parentado: c’è chi tira la sfoglia, chi la taglia a piccoli riquadri, chi mette la nocciolina di ripieno sul quadrato e chi lo chiude con abilità, facendolo girare attorno al dito mignolo. Una piccola “catena di montaggio” familiare, un momento magico che fa pregustare l’atmosfera natalizia in arrivo, unisce gli animi e appiana i piccoli dissapori. I tortellini, secondo la tradizione bolognese, vanno cotti e mangiati rigorosamente in un buon brodo di carne di manzo e di cappone o gallina. Un’altra ricetta, sebbene non tradizionale, li vede cotti in un brodo che può essere più povero (di dado, ad esempio) e conditi con la panna. Per trovare nei documenti il vero e proprio termine “tortellini” arriviamo al 1708, quando il menù del pranzo natalizio dei monaci di San Michele in Bosco riporta una “minestra di tortellini”.
Proprio al ‘700 risale inoltre l’inserimento tra gli ingredienti del ripieno del tortellino il midollo di bue. Prima di storcere il naso sappiate che questa ricetta di Alberto Alvisi, cuoco del vescovo di Imola, ebbe talmente tanta fortuna che nel tortellino per tutto l’800 e nella prima metà del ‘900 il midollo era quasi d’obbligo.

Ingredienti: pasta fresca gialla preparata con 3 uova e 3 etti di farina; per il ripieno: 300 gr. di lombo di maiale rosolato al burro, 300 gr. di prosciutto crudo, 300 gr. di vera Mortadella di Bologna, 400 gr. di formaggio Parmigiano-Reggiano, 3 uova, 1 noce moscata; per il brodo: 1 kg di carne di manzo (doppione), 1/2 gallina ruspante, sedano, carota, cipolla, sale

 

LIGURIA – PANDOLCE


In passato il pandolce era un dolce natalizio piuttosto povero, fatto usando solo farina, olio, miele, uva passa, acqua di fiori d’arancio, semi di anice e lievito naturale e solo attualmente sono state aggiunte le scorze di arancia e cedro candite. Inoltre il burro ha preso il posto dell’olio e lo zucchero quello del miele. Le varianti del pandolce sono due: alto e basso, che in maniera errata viene definito pandolce antico.
Ogni famiglia genovese, un tempo, custodiva la sua ricetta “segreta” del pandolce. Tutte le versioni avevano comunque in comune la lunga lievitazione

Ingredienti: 250 grammi di lievito madre, 250 grammi di farina 00, 80 acqua tiepida, 6 grammi di lievito di birra (facoltativo ma consigliato), 100 grammi di burro, 100 grammi di zucchero semolato, 5 grammi di essenza di arancio, 150 grammi di uvetta sultanina, 50 grammi di cedro candito a cubetti, 50 grammi di scorza di arancia candita, 50 grammi di pinoli, 1 cucchiaino di semi di finocchio

 

TOSCANA – CROSTINI DI FEGATINI


La ricetta dei fegatini toscani viene preparata in vari modi secondo la tradizione di famiglia, con l’ aggiunta o meno di ingredienti come la pasta di acciughe o i capperi. L’origine dei crostini toscani è molto antica, si pensa risalga addirittura all’epoca degli antichi Romani. In occasione dei banchetti le pietanze a base di carne e pesce venivano servite in grandi piatti da condividere e i commensali utilizzavano il pane per raccogliere salse, oli e sughi. Nacque così il primo antenato dei crostini veri e propri.
Nelle classi più povere Il pane del giorno precedente veniva scaldato e servito con paté a base di carne e i tagli di carne a disposizione non erano ovviamente i più ricercati. L’invenzione dell’antipasto è dunque da attribuire al popolo, tuttavia la tradizione divenne a poco a poco adottata anche dalle classi sociali più elevate, seppur con qualche adattamento. Quello che era nato come un alimento di base, essenziale, dalla necessità di risparmiare divenne un ricercato antipasto nelle residenze dei nobili toscani, che proponevano ai loro sofisticati ospiti una ricetta sempre diversa.
Il crostino toscano ha mantenuto nei secoli la sua popolarità e ancora oggi è presente sulle nostre tavole nelle sue innumerevoli e sempre sfiziose versioni.

Ingredienti: fegatini di pollo 300 grammi, fegatino di coniglio 1, carne di maiale 100 grammi, cipolle bianche 1, carote 1, rosmarino 1, salvia 2 foglie, spicchio di aglio 2, olio extra vergine di oliva, pane toscano, sale e pepe

 

UMBRIA – PANPEPATO


Il panpepato, o pampepato, è un dolce di forma tondeggiante tradizionale del periodo natalizio dell’Italia centrale. È composto secondo tradizione da vari ingredienti: mandorle, nocciole, pinoli, pepe, cannella, noce moscata, arancia e cedro canditi, uva passa, il tutto impastato con o senza cacao, cioccolato, caffè, liquore, miele, farina, mosto cotto d’uva. Il dolce è poi cotto al forno.
La ricetta nel corso dei tempi ha subito trasformazioni personalizzate dalle singole famiglie non solo nella quantità di frutta secca utilizzata, ma anche nella scelta della frutta e nonostante oggi sia essenzialmente un prodotto artigianale, in alcune zone persiste la preparazione casalinga e la tradizionale usanza dello scambio del dolce accompagnato da un rametto di vischio. Il panpepato non deve essere però confuso con il pangiallo, anch’esso tipico dolce laziale del periodo natalizio, caratterizzato dal fatto di essere un “lievitato” senza cioccolato ed il cui nome deriva dal fatto che, anticamente, era ricoperto esternamente con acqua di zafferano responsabile del caratteristico colore giallo. Le origini del Panpepato, antenato del panforte di Siena sono antichissime. Risalgono infatti al medioevo.
Secondo la leggenda il Panpepato è stato inventato da una suora, preoccupata per le condizioni di salute dei senesi, debilitati per l’assedio della città e che assunse anche la funzione di “cibo d’emergenza” per le affamate milizie senesi, durante l’assedio dei fiorentini, che causò la caduta della Repubblica Senese.

Ingredienti: 300 gr di miele, 350 gr di farina 00, 150 gr di nocciole pelate, 150 gr di mandorle pelate, 150 gr di noci sgusciate, 150 gr di uvetta, 150 gr di cioccolato fondente, 150 gr di canditi, 1 cucchiaino di cannella in polvere, 1 cucchiaino di pepe nero, 4/5 chiodi di garofano, mezzo cucchiaino di noce moscata

 

MARCHE – VINCISGRASSI


Secondo la tradizione, il nome deriverebbe da un episodio ben preciso: in vista della guerra, una cuoca anconetana decise di preparare un piatto superproteico con cinque o sei tipi di ragù di carne, per il generale austriaco Alfred von Windisch-Graetz (da cui prenderebbe il nome, semplificato e italianizzato, il piatto) che lo apprezzò molto e vinse l’assedio di Ancona del 1799. La tradizione, però, non specifica se il piatto sia stato inventato in onore del generale o se fosse già conosciuto all’epoca che gli venne dedicato. Pare che i vincisgrassi fossero già presenti come “lasagna di princisgrass” nella tradizione alimentare marchigiana, in particolare maceratese; la ricetta compare anche nel 1779 in un libro di cucina del grande cuoco maceratese Antonio Nebbia, con tartufi e animelle, oggi del tutto assenti nella ricetta.

Ingredienti: Lasagne all’uovo 500 g; Frattaglie di pollo 350 g; Cipolle 1; Carote 1; Sedano 1 costa; Passata di pomodoro 300 g; Parmigiano Reggiano DOP da grattugiare 100 g; Sale fino q.b.; Pepe nero q.b.; Olio extravergine d’oliva q.b.; Maiale polpa 200 g; Manzo polpa 200 g; Pancetta 100 g; Brodo di carne 200 ml

 

LAZIO – ABBACCHIO AL FORNO CON LE PATATE


La cucina romana è verace, terrena, semplice e sostanziosa anche a Natale. Uno dei piatti simbolo della tradizione per il pranzo del 25 dicembre è l’abbacchio al forno. Di solito associamo l’agnello – chiamato nel Lazio e in molte zone del centro-sud anche abbacchio – alle feste pasquali. In realtà a Roma e dintorni la carne ovina viene consumata anche a Natale, questo perché la tradizione agricola è fortemente radicata nel Lazio e soprattutto nell’Agro Pontino. L’abbacchio al forno va servito con le patate, che devono cuocere nella stessa teglia della carne, in modo da assorbirne succhi ed odori.
Si tratta di una ricetta classica e tradizionale, che per questo motivo viene preparata in maniera diversa da famiglia a famiglia. Noi vi proponiamo una ricetta base alla quale possono essere aggiunti o eliminati ingredienti.

Ingredienti: 1,5 kg agnello a pezzi (oppure un cosciotto dello stesso peso);2 spicchi d’aglio; 4 rametti di rosmarino; 1 foglia di alloro; 1 bicchiere vino bianco; 1 kg patate, olio extra vergine d’oliva q.b.; sale q.b.; pepe q.b.

 

ABRUZZO – CAGGIONETTI


I caggionetti sono dolci tipici del teramano, tra i più noti preparati in inverno nel mese di Dicembre. Questo dolce viene anche proposto in altre zone d’Abruzzo con un diverso ripieno che varia da città a città secondo gli ingredienti che si aveva maggiormente a disposizione. Nel Chietino con il ripieno di ceci, a L’Aquila con le mandorle mentre a Teramo, nella nostra provincia, da sempre i “caggionetti” vengono preparati con una squisita crema di castagne.

Ingredienti:
• Per il ripieno: 500 g. di passato di castagne lesse; 100 g. di mandorle private della buccia, tostate e tritate; 150 g. di cioccolato fondente grattugiato; buccia grattugiata di un limone; 50 g. di cedro tagliato a dadini; 3 cucchiai di miele di acacia; ½ cucchiaino di cannella; 3 cucchiai di zucchero; ½ tazzina di rum (secondo i gusti)
• Per la pasta frolla: 500 g. di farina; ½ bicchiere d’acqua 1 tuorlo d’uovo; ½ bicchiere di vino bianco secco; 1 cucchiaio di zucchero; ½ bicchiere di olio extra-vergine d’oliva; olio di semi di arachide per friggere

 

MOLISE – BACCALÀ ARRACANATO


Il baccalà arracanato, che vuol dire aromatizzato (con origano), è una ricetta tipica della cena della Vigilia di Natale molisana, perché la tradizione vuole che la vigilia si mangi magro. Semplice ma gustosissimo, questo piatto è arricchito dalla presenza dell’uva passa. La ricetta originale prevede che il tegame con il baccalà, sia messo a cuocere nel camino, completamente ricoperto dalla cenere. Durante il tempo di cottura il baccalà andrebbe cosparso con una miscela di olio e vino e insaporito con qualche foglia di alloro. Il baccalà arracanato, che vuol dire gratinato, si prepara in occasione della vigilia di Natale, quando per tradizione si esclude la carne a favore del pesce.

Ingredienti: 600 g di baccalà tenuto in ammollo; 250 g di mollica di pane; 80 g di pinoli o noci; 80 g di uvetta; 200 g di olive nere; 300 gr di pomodorini datterini o ciliegini; mezzo bicchiere di vino bianco ; qualche foglia di alloro; abbondante origano secco; uno spicchio d’aglio; una cipollina prezzemolo; olio extravergine di oliva; sale, pepe; semi di finocchio

 

CAMPANIA – STRUFFOLI


Gli Struffoli napoletani sono il dolce tipico delle festività natalizie a Napoli. Si tratta di piccole palline di pasta, prima fritte e poi ricoperte completamente dal miele e decorate con i “diavulilli”, da servire fredde a tavola. Sono diffusi in tutto il meridione d’Italia con qualche variante anche nel nome.
Il loro nome sembra avere origine greche, deriverebbe dalla parola “strongoulus”, che significa “arrotondato”, e da “pristòs” che vuol dire “tagliato. C’è chi invece protende per l’origine andalusa, esiste infatti nella cucina andalusa un dolce estremamente simile agli struffoli, il piñonate, che differisce da gli struffoli napoletani solo per la forma delle palline di pasta, che sono più allungate. La parentela tra struffoli e piñonate potrebbe risalire al lunghissimo periodo di vicereame spagnolo a Napoli.

Ingredienti: 200gr di zucchero; 500gr di farina; olio di semi di arachide; 1 scorza d’arancia; 1 pizzico di sale; 40 uova; 60gr di burro; 15gr di liquore all’anice; 1 cucchiaio di cannella; 1 cucchiaio di vaniglia; scorza di limone grattugiato; 1 tuorlo d’uovo; 30gr di cedro candito; 175gr di miele millefiori; confettini argentati e decorazioni alimentari; 30gr ciliegie candite; 30gr di arancia candita

 

PUGLIA – CARTELLATE


Le cartellate sono il dolce tipico della Puglia che nel giorno di Natale deve assolutamente essere presente sulle tavole. La loro preparazione è un vero e proprio rito conviviale che coinvolge gran parte della famiglia. Note anche come “carteddate” o “nèvole”, a seconda della zona, questi nidi di pasta fritta sono fatti con ingredienti semplici, ma richiedono una preparazione lunga e laboriosa. La storia delle cartellate, secondo alcuni, sarebbe addirittura millenaria. In una pittura rupestre del VI a.C., rinvenuta vicino a Bari, è raffigurata la preparazione di dolci molto simili a questi, probabilmente di origine greca, realizzati come offerte votive da donare agli Dei. Anche sul nome non ci sono certezze assolute. “Cartellata” potrebbe derivare dall’onomatopeico “incartellare”, che in dialetto vuol dire incartocciare, altri invece sostengono che sia collegato alla parola greca “κάρταλλος” (Kartallos), che significa “cesto”.

Ingredienti: 370 gr di farina; 60 ml di olio extravergine di oliva; 100 ml di vino bianco secco, oppure liquore all’anice, oppure liquore all’arancia; 8 gr di lievito per dolci; 3 gr di sale; 3 gr di zucchero; olio evo per friggere; scorza d’arancia o di limone o clementina; vincotto di fichi, oppure miele; cannella in polvere; codette colorate, anisini.

 

BASILICATA – STRASCINATI


Si racconta che nel 1494 i capitani Paolo e Camillo Vitello alla guida di numerosi fanti e cavalieri, invasero la terra di Monteleone, in Umbria, per offrire aiuto al re di Francia, Carlo VIII, interessato alla conquista del Regno di Napoli. Un giorno i due fratelli, stanchi ed affamati si trovarono dinanzi al Castello di Vetranola, presero come prigionieri tutti gli uomini presenti ed obbligarono le donne a servirli. Le donne, per l’oltraggio subìto, servirono un misero piatto di “penchi”, una sorta di fettuccine un po’ grossolane. Presi dall’ira i Vitelli ordinarono di legare le mani e i piedi degli uomini, di attaccarli ai cavalli e trascinarli intorno al castello fino alla morte. A quel punto una giovane donna, presa dallo sconforto, si offrì per preparare un piatto più appetitoso. Con guanciale magro, salsiccia fresca, uova e pecorino preparò una pasta fatta a mano, che fu chiamata appunto “strascinati”.
La ricetta originale prevede, come pasta, i penchi, un tipo di pasta lunga, molto simile alle pappardelle, ma leggermente più stretti. È una pasta rigorosamente fatta in casa. In mancanza di quelli, si può usare benissimo anche una pasta corta, tipo le casarecce, o le stesse pappardelle.

Ingredienti: 180 g di pasta; 100 g di pancetta; 100 g di salciccia di maiale; 2 uova; ½ bicchiere di latte o panna da cucina; Olio; Sale; Pepe; Pecorino grattugiato

 

CALABRIA – SCILLATELLE


Le scilatelle fatte in casa sono un tipico piatto che orna la tavola di gran parte dei calabresi. Veniva preparato specialmente in tempo di guerra, quando si riusciva a rimediare acqua e farina, unici ingredienti utili per fare questa pietanza. Il termine “scilatelle” deriva dal termine dialettale catanzarese “scilare” indicante il movimento che si effettua con il ferretto per preparare la pasta. Di solito viene condita con sugo di maiale. Un tempo per modellare gli scilateddhi si utilizzava uno stelo di salice piangente che, in seguito, venne sostituito con un classico ferro da calza sottile. Ogni donna calabrese ne riceveva persino uno in dote.

Ingredienti: 300 g di farina 0; 200 g di farina 00; acqua q.b.; 1 pizzico di sale

 

SICILIA – SFINCIONE


Prodotto povero ma saporito, lo sfincione fa parte della gastronomia siciliana; è condito con una salsa a base di pomodoro, cipolla, acciughe, origano e il caciocavallo siciliano. Ne esiste anche una variante bianca, tipica della cittadina di Bagheria (PA), e che prende il nome di Sfincione bianco in quanto prevede, in sostituzione della salsa di pomodoro, l’aggiunta di tuma e di mollica. Secondo alcune fonti il suo nome significa spugna e sembrerebbe essere il risultato di una contaminazione fra latino, greco e arabo. Secondo altre fonti, invece, potrebbe derivare dal termine dialettale siciliano sfincia, ovvero soffice.
La tradizione narra che lo sfincione sia stato inventato da alcune suore del monastero di San Vito a Palermo e che nasca dalla necessità di presentare per le festività un piatto diverso dal solito pane che si mangiava tutti i giorni. Si pensò quindi di unire al pane una serie di condimenti tipici della cucina contadina. Nella tradizione siciliana veniva preparato in casa dalle massaie solamente in occasione delle vigilie delle festività natalizie, oppure quando ci si preparava per il cosiddetto appuntamientu, ovvero la festa di fidanzamento in casa della sposa.

Ingredienti: 800 gr farina; 25 gr lievito di birra; 2 cipolle; 500 gr pomodori pelati; 100 gr pecorino; 100 gr filetti di acciuga sott’olio; origano; olio extravergine d’oliva q.b.; sale q.b.; pepe q.b.; acqua q.b

 

SARDEGNA – PORCEDDU CON IL MIRTO


Si tratta di un piatto forte, deciso, estremamente profumato di bacche (il mirto ed il ginepro) e di agrumi (la scorza di limone) grazie alla lunga marinatura. Una carne tenerissima e succulenta, da gustare con un bicchiere di corposo e rosso Cannonau. Le rigide regole barbaricine richiedono che il maialino venga cotto molto lentamente allo spiedo se da latte, o dentro la buca nel terreno se superiore ai 5 kg di peso, cioè “incarralzadu” secondo il rituale secolare, il quale detta che a cuocere in entrambi i modi siano esclusivamente gli uomini.
Se non avete la possibilità di farlo sul camino o con il barbecue, potete cuocerlo al forno. Prepararlo al forno è molto semplice, ottimo se con contorno di patate e cipolle, un filo d’olio solo per le verdure, mentre per la carne servirà solo ed esclusivamente il sale.

Ingredienti: maialino da latte; liquore al mirto q.b.; sale fino e pepe a piacere; eventuali aglio e/o cipolla e/o patate; fronde fresche di mirto in abbondanza; strutto qb; olio extravergine di oliva qb

 

 Ludovica Verzaschi e Greta Rauso