Autolesionismo, perché?

Quando si parla di autolesionismo? Con autolesionismo s’intende il gesto intenzionale di provocarsi dolore fisico tramite tagli, bruciature o lesioni. Le persone che sono maggiormente colpite da questo disagio sono i giovani tra gli 11 e i 24 anni e, dal 2012, il tasso di ragazzi che soffrono di autolesionismo è aumentato notevolmente. Secondo lo studio internazionale pubblicato su “Journal of child psycology and psychiatry” in Europa oltre un quarto dei ragazzi (26,7%) mette in atto comportamenti autolesionisti occasionali o ripetuti nel tempo e, in Italia, questo fenomeno riguarda il 20% dei ragazzi.
Ma perché un ragazzo dovrebbe arrivare a tali gesti così crudeli nei propri confronti? La maggior parte delle persone che soffre di questa patologia utilizza l’autolesionismo come “coping mechanism”, ossia un meccanismo per affrontare le situazioni che provocano disagio o malessere. La causa di questo fenomeno può essere dovuta ad un evento che può aver provocato disagio o sensi di colpa, ma le motivazioni possono variare da persona a persona. Ad esempio alcuni adolescenti possono farlo per sentire qualcosa, un segno di sentirsi reali dovuto a episodi di derealizzazione, per sostituire il dolore psicologico con quello fisico, per calmare un attacco di panico o un attacco d’ansia o per colmare un senso di solitudine. Molto spesso autolesionismo, sintomi depressivi, stress, ansia, uso e abuso di droghe, disturbi della condotta, relazioni familiari disfunzionali, scarso rendimento scolastico e propensione all’isolamento sono sintomi che possono essere accompagnati a questo fenomeno. L’autolesionismo, però, con il passare del tempo può diventare una dipendenza, perché l’effetto fisiologico del dolore da taglio, ripetuto ossessivamente, produce e sprigiona nel cervello delle sostanze chimiche che, esattamente come le droghe, anestetizzano e creano dipendenza. Il dolore non è di per sé piacere, ma può essere legato al piacere a livello, appunto, chimico. La stimolazione che genera dolore libera endorfine che producono piacere, cosicché le due sensazioni finiscono per sovrapporsi e l’intensità del dolore diviene la misura del piacere che seguirà.
La maggior parte delle persone tende a nascondersi, a non mostrare le proprie debolezze o sensi di colpa per paura del pensiero degli altri o semplicemente per paura della loro reazione. Nonostante ciò, parlarne con gli altri è sempre un modo per affrontare la situazione, chiedere aiuto o anche solo sfogarsi con qualcuno evitando di arrivare ad atti autolesionisti. La cosa migliore da fare sarebbe cercare un aiuto esterno, di uno psicologo in grado di aiutare a migliorare il proprio benessere e cercare di abbattere ciò che fa stare male. Tutti meritano di essere aiutati e di vivere una vita tranquilla sapendo di poter contare su se stessi e su chi sta a loro accanto. Non bisogna soffrire in silenzio, si possono trovare delle soluzioni.

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