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Recensione dell’antologia “Quarantanove racconti” di Ernest Hemingway

I Quarantanove racconti di Hemingway sono una raccolta di racconti brevi e lunghi, che l’autore scrisse durante la sua vita. Racconti che narrano momenti e aspetti della vita normale, ma anche di una vita mozzafiato. Con la sua straordinaria capacità di creare esperienze assai coinvolgenti, Hemingway ci racconta di matador e corride, di safari dall’esito tragico, di pugili indomabili e donne fragili, narrando le avventure del suo alter-ego Nick Adams, tra la passione per la pesca alle trote e le prime delusioni amorose.

Questi racconti hanno tutti i motivi per affascinare il lettore, trascinandolo nel mondo a volte infausto, narrato con tale intensità che quando hai finito di leggerne uno ti sembrerà che tutto quanto sia accaduto a te e dopo, il bene e il male, il rimorso, il dolore, i posti e il tempo che faceva, sono caratteristiche che Hemingway racconta e trasforma, rendendo il racconto quasi palpabile per quanto coinvolgente.

Breve biografia di Hemingway

Nasce il 21 luglio 1899 a Oak Park. Visse nella generazione dei giovani andati in guerra, da piccolo crebbe in Michigan, e ciò diede molto spazio alla sua creatività e alla sua voglia di avventura. Hemingway iniziò a Parigi la sua carriera letteraria, stimolata anche dall’incontro con Gertrude Stein, che gli fornì un elenco di letture, libri che avrebbe dovuto leggere per mettersi al passo con le avanguardie letterarie dell’epoca, in particolar modo il modernismo. A Parigi un incontro fondamentale per lui, nell’ambiente degli espatriati statunitensi e della “generazione perduta”, fu quello con il poeta Ezra Pound, che considerò fin dall’inizio un maestro e grazie al quale cominciò a pubblicare alcuni racconti e poesie su riviste letterarie. Morì per suicidio nel 1961.

Tiziano Magi