Beatrice contessa di Dia

Beatritz de Dia, conosciuta come la Contessa di Dia, o Comtessa de Dia, è stata la più famosa tra le trovatrici, probabilmente la più alta tra le voci femminili della scuola trobadorica, originaria della Provenza, vissuta nella seconda metà del 1100.

Scarse risultano le notizie fornite dalle fonti documentali contemporanee o postume. Oltre alla sua presunta data di nascita scritta nella “Vida”, una delle sue opere, non viene citato il suo nome che, fra le varie ipotesi più o meno accreditate, accetta la tradizione che la chiama Beatriz o forse Isoarda. Sarebbe stata la moglie di un tale Guillem de Peitieus (tra il 1163 e il 1189), conte del Valentinois che regnò dal 1158 al 1189. Secondo altri, Beatrice sarebbe stata la moglie di Raimon d’Agout (dal 1184 al 1214), un mecenate di trovatori da cui ebbe un figlio, Isnart d’Entrevenas.

Si innamorò di Rimbaud d’Orange, a cui dedicò poesie d’amore.

 

Delle sue canzoni, spesso accompagnate dalla melodia del flauto, solo cinque ci sono pervenute. I suoi versi risultano limpidi, sinceri, dove regna l’aspirazione ad un amore basato sulla reciproca lealtà, che possa resistere al tempo. I temi ricorrenti utilizzati dalla Contessa de Dia comprendono l’esaltazione, il tradimento, il compiacimento di sé stessa e del suo amore. Il mondo di Beatriz è quello dell’amor cortese, che cerca sempre di esprimere apertamente, o con metafore non nascoste, la carnalità dell’amore e la sacralità del piacere.

L’eros della poesia provenzale è tutt’altro che elementare, è un tentativo di sdrammatizzare e, nel contempo, di riconoscere il ruolo della donna, perno della sensualità e della magia dell’incontro passionale. É presente il tema della “mezura”, cioè la “misura“, la giusta distanza tra sofferenza e piacere, tra angoscia ed esaltazione. Per questo motivo il concetto di amor cortese non può trovare ispirazione e realizzazione dentro il matrimonio. E’ esso adultero per definizione. E’ desiderio fisico, esclusivo e sacro, è passione, è magica lussuria.

Un esempio di canzoni accompagnate col flauto è “A chantar m’er de so qu’ieu non volria” (Ora debbo cantar qui ciò che non vorrei), di cui ci giunge lo spartito del primo verso.

“Ora debbo cantar qui ciò che non vorrei

poiché tanto a me dispiace che di lui io son amica

perché io l’amo più di ogni altra cosa al mondo

ma presso lui non val la pena, né la pietà, né la cortesia

né la mia bellezza, né il mio valore, né il mio giudizio

perché io sono ingannata e tradita

come s’io fossi poco attraente.”

In questa poesia, Beatriz canta di un amore vissuto e non più corrisposto, di un uomo che ha improvvisamente mutato atteggiamento verso la donna amata in passato che a sua volta non riesce a dimenticarlo.

Son caduta in grave angoscia

E’ una canzone di rimpianto, desiderio e promessa equamente distribuiti nelle tre strofe. Si trova un linguaggio spregiudicato, coraggioso, diretto, poiché l’amore di cui parla, non è l’amore coniugale né quello riconosciuto in qui tempi, ovvero finalizzato al matrimonio, alla fedeltà, alla sacralità dell’unione coniugale.

Son caduta in grave angoscia

per un cavaliere che ho avuto,

e voglio sia sempre saputo

che l’ho amato a dismisura;

ora vedo che sono tradita

perché l’amore non gliel’ho concesso,

dunque sprofondo nello smarrimento

in letto e quando sono vestita.

di Giulia Orazietti