Margherita Porete e lo Specchio delle anime semplici

Margherita Porete è stata una religiosa, scrittrice e teologa francese. La sua biografia è parziale e incompleta, ma sappiamo che nacque a Hannegau tra il 1250 e il 1260. Fu l’autrice de “Lo specchio delle anime semplici, un’opera sulla spiritualità cristiana. Lo scritto rispecchia con semplicità di espressione i temi del linguaggio mistico che aspirano all’annullamento di sé, riprendendo il motivo, proprio della letteratura cavalleresca e cortese, dell’innamoramento lontano.

Il componimento

“Che dolce trasformazione venir mutata in ciò ch’io amo più di me. Sono a tal punto trasformata da aver perduto il nome mio per amare, io che so amare tanto poco; è in Amore che sono trasformata, perché io altro non amo che l’Amore”.

Nel suo componimento la Porete distingue due tipi di Chiesa: una chiesa grande, composta dalle anime semplici e una piccola, formata dalle gerarchie ecclesiastiche.

In contrasto alla “piccola chiesa” dei potenti e dei dotti istituita sulla Terra, Margherita porta avanti l’idea della vera Chiesa, semplice e invisibile, vincolata dalla sola carità. Facendo questo, la teologa trova una posizione di signoria femminile affermando una superiorità non gerarchica ma spirituale di essa. Tale superiorità risiede nella coincidenza tra ciò che sono e ciò che fanno le anime annientate in Dio.

La Porete predicava in pubblico dottrine considerate eretiche, violava, come donna, l’antico divieto di insegnare pubblicamente e, soprattutto, proponeva una religione come fede interiore e spontanea, libera dai vincoli della gerarchia ecclesiastica. La sua condanna a morte fu inevitabile. Eppure per due secoli l’unico manoscritto sopravvissuto, nonostante la scomunica, copiato in segreto più volte, assicurò la sua fama.

Il libro “Lo specchio delle anime semplici” della teologa controcorrente, è un testo considerato oggi dagli studiosi un’opera originale e di rara potenza poetica e drammatica. Un saggio di autocoscienza e pietà religiosa che è una delle fonti principali della dottrina medievale dell’eresia del Libero Spirito. Questo scritto è strutturato come un dialogo, al quale partecipano in primo luogo due personaggi allegorici: Ragione e Anima. Ognuno sostiene la propria tesi in merito a religione, uomo, Dio, spirito, rettitudine, Vangelo. Intervengono a dir la loro altre figure personificate come: Virtù, Cortesia, Timore, Desiderio, ma tra tutte spicca quella di Amore, che vince in saggezza e carità.

Amore, Anima e Ragione sono tutti e tre personaggi femminili, non a caso l’Amore viene nominata “dama”. La Ragione incarna il regime della mediazione, l’Anima è l’espressione dell’autrice stessa, l’Amore rappresenta l’amore per Dio. Durante tutto il testo vi è l’incertezza su chi ne sia l’autrice: se la “dama d’Amore” o l’Anima, quindi se scienza umana o divina. Solo alla fine dell’opera si comprenderà che l’autrice è l’Anima.

Due racconti circoscrivono il percorso di Anima nel suo itinerario di congiunzione con Dio.

Il primo è posto all’inizio del libro e riguarda proprio il suo significato. Esso narra di una fanciulla figlia di un sovrano che, dopo aver sentito parlare della grande cortesia del re Alessandro, se ne innamora. La fanciulla, sentendo una grande vicinanza interiore con l’uomo, per sedare il dolore provato per la loro lontananza fisica, ne fa fare il ritratto. Analogamente l’Anima fa scrivere questo libro alla Porete, per rendere vicino Colui che è così lontano e così prossimo allo stesso tempo, ovvero Dio.

Il secondoè un racconto autobiografico che descrive i ripetuti fallimenti di una mendicante nel tentativo di giungere a Dio attraverso una mediazione, e dunque, rappresenta il fallimento del libro come mediazione: “c’era una volta una mendicante che per lungo tempo cercò Dio nella creatura, ma non trovò niente e si ritrovò ancora più affamata di quello che andava cercando”. Questo testo parla della necessità di cercare Dio nelle creature, ma anche il fallimento di ogni tentativo in questa direzione, cosicché il libro è l’unica risposta alla possibilità di trovare Dio “nell’intimo nucleo intellettuale del proprio più alto pensare”.

La semplicità dell’anima annientata, non divisa in sé stessa ma ricongiunta con Dio, si consegna così alla fine al silenzio affidato ad una voce femminile di prim’ordine. L’amore professato dalla Porete tende a rendere relativo ogni contenuto determinato, riportando la volontà, il volitivo, all’assenza del desiderio, all’Assoluto vero e proprio. Arrivare all’Assoluto, per lei, significa scartare il “meno” e proseguire verso l’Intero L’anima semplice della scrittrice deve smettere di amare-per, e diventare essa stessa Amore. Chi è riuscito quindi a realizzare l’Amore assoluto, l’identità con l’Uno non ha più bisogno né di pregare, né di cercare, da ciò la distinzione che la Porete   fa tra amore ed amicizia dando a quest’ultima un valore importante, perché l’amicizia è l’amore senza desiderio ed è la forma più alta di amore.  La teologa arriva così ad una sintesi non più solo astratta ma concreta, istruzione di vita vera: farci umili è prerequisito indispensabile per un cammino che ci avvicina a Dio.

Il libro “Le Miroir des âmes simples ” fu, dunque, il motivo principale della sua condanna ed oggi è ritenuto un classico del pensiero cristiano e uno dei vertici della spiritualità e della mistica del Medioevo.

Dopo il giudizio di condanna dei teologi, Margherita ebbe, secondo prassi, un anno per pentirsi, che trascorse all’interno del convento parigino di Saint-Jacques. Non abiurò mai, perseverò nel suo silenzio e fu condannata al rogo il 31 maggio 1310. La Porete andò al rogo mostrando una grande dignità da commuovere fino alle lacrime molti dei presenti.

di Maria Sole Minissale, Sarah Carissimo