Esplorare nuova musica: una questione di cervello

Ascoltare nuova musica è ormai compito arduo.  Nella società odierna, in cui tutti siamo presi da lavoro, relazioni e famiglia, è diventato sempre più complicato trovare del tempo da dedicare alla scoperta di brani mai ascoltati. La maggior parte della musica rappresenta eventualmente qualcosa da ricordare piuttosto che qualcosa da sperimentare

Potrebbe sembrare logico chiedersi: “Perché ascoltiamo ancora nuova musica?” La maggior parte delle persone ha accesso a tutte le canzoni di cui potrebbe aver bisogno prima ancora di nascere. Spotify, Apple Music e YouTube ci permettono, con un semplice click, di tornare indietro nel tempo e ricordare la nostra infanzia o gioventù, senza alcuno sforzo. Perché allora saltare da un dirupo sperando di essere salvato dal tuo nuovo album preferito, quando puoi sdraiarti e goderti la tua playlist “Summer Rewind”? Perché dedicare tempo a qualcosa che potrebbe non piacerti? 

Lo “scandalo” di Stravinsky

Questa era la domanda che Coco Chanel, Marcel Duchamp e il resto del pubblico parigino si erano posti alla prima del 1913 de “La sagra della primavera” di Igor Stravinsky, un balletto orchestrale ispirato al sogno del compositore russo su una giovane ragazza che danza fino alla morte.

La rappresentazione, avvenuta al Théâtre des Champs-Élysées, segnò un momento fondamentale non solo nella carriera del suo autore, ma anche per la storia del teatro musicale. L’innovazione straordinaria della musica, la coreografia e l’argomento stesso crearono un enorme scandalo. Molti membri del pubblico non riuscivano a capire questa nuova musica; il loro cervello – in senso figurato, ma ad un certo punto, perfino letterale – impazzì. Ne seguì una rissa, furono lanciate verdure e 40 persone furono espulse dal teatro. Fu un vero e proprio fiasco.

Tuttavia, nonostante le successive schermaglie fra ammiratori entusiasti e acerrimi denigratori, l’opera fu destinata a diventare una pietra miliare della letteratura musicale del XX secolo. Forse quella notte il pubblico parigino non si aspettava un’opera così insolita e nuova. Forse voleva semplicemente ascoltare la musica che era loro familiare e che si rifaceva ai modi e ai ritmi che avevano imparato a conoscere. Resta il fatto che fino ad allora la vita si trovava su un binario, e all’improvviso tutti furono catapultati verso l’ignoto.

Ciò che succede nel nostro cervello

Dalla musica alle celebrità, ai marchi di abbigliamento, alle idee convenzionali di bellezza, vi è una regola universale che ci accomuna tutti: le persone amano ciò che già conoscono. È un detto troppo ovvio da analizzare, ma è fondamentale per giustificare il nostro senso di nostalgia e il nostro desiderio di conforto nel familiare. Inoltre, può aiutarci a capire perché ascoltare nuova musica è così difficile e perché può farci sentire a disagio o arrabbiati, come successe quella notte afosa del 1913 a Parigi. 

Tutto ciò ha a che fare con la plasticità del nostro cervello. In esso esiste una rete nervosa di modulazione e controllo esercitata dai centri uditivi della corteccia cerebrale. Questo sistema garantisce che ad ogni impulso acustico che giunge alle stazioni centrali corrisponda un automatico adeguamento. Quando si tratta di ascoltare musica, una rete di nervi nella corteccia uditiva, chiamata “rete corticifuga”, aiuta a catalogare i diversi modelli di musica. Quando un suono specifico viene mappato su uno schema, il nostro cervello rilascia una quantità corrispondente di dopamina, la principale fonte chimica di alcune delle nostre emozioni più intense. Questo è il motivo essenziale per cui la musica innesca reazioni emotive così potenti. Ed ecco perché, come forma d’arte, è così inestricabilmente legata alle nostre risposte emotive.

La situazione cambia quando sentiamo qualcosa di nuovo, che non è già stato mappato nel nostro cervello. La rete corticifuga va in tilt e il nostro cervello in risposta rilascia troppa dopamina, andando a creare quella sensazione sgradevole che tutti noi abbiamo provato almeno una volta.

La musica non è un semplice comfort

Sembra quindi palese come la scienza del nostro sistema nervoso sia tutta incline verso la musica popolare e le hit del passato, e ciò spiegherebbe anche la motivazione di questa immobilità musicale. Molti vivono la musica come un semplice veicolo di comfort, al pari di soffici calzini e reality shows. E ora più che mai, in questo momento storico di colossale paura e terrore, gli ascoltatori di musica hanno un disperato bisogno di conforto. 

Ciononostante, l’atto di ascoltare nuova musica nel bel mezzo di una pandemia globale è qualcosa di complicato, ma necessario. Il mondo continuerà a girare e la cultura deve muoversi con esso. Anche se siamo statici nelle nostre case, anche se l’economia si ferma, anche se non ci sono spettacoli. La scelta di ascoltare nuova musica, anche per un solo brano, antepone l’artista rispetto a noi stessi. È un rischio emotivo vivere per un momento nell’abisso di qualcun altro, ma questo scambio invisibile alimenta l’avanguardia dell’arte, anche in tempi di inerzia storica.

di Giuseppe Colameo