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La forza straordinaria di “Notte stellata”. Intervista a Van Gogh, di Eleonora Tramontana

Oggi, giornata emozionante, perché intervisterò il grande Vincent Van Gogh!

Salve signor Van Gogh, sono qui per intervistarla. Può dedicarmi in po’ del suo tempo?

“Buongiorno, sono onorato di essere intervistato. Può chiedermi tutto quello che vuole, sarò contento di risponderle”.

Grazie mille per la sua disponibilità. Come prima domanda, vorrei chiederle di parlarmi della sua vita.

La mia vita… beh, sono nato il 30 marzo del 1863 a Groot Zundert, un paesino di 6mila abitanti. Mio padre si chiamava Teodosio, era un pastore protestante molto severo, mentre mia madre si chiamava Anne Cornèlie Carbentus. Iniziai i miei studi nella scuola del mio villaggio e poi, come pensionante, nel collegio Jean- Provily a Zavenberg e, infine, a Tilburg.

Ha avuto fratelli o sorelle nella sua vita?

“In famiglia eravamo in sette, il fratello con cui mi ero legato di più era Theo, più piccolo di me di due anni. Theo mi ammirava molto, ma la comunicazione era molto difficile, ci inviavamo tantissime lettere, dove spesso gli raccontavo di qualche mio lavoro in pittura… Lui quasi sempre, mi spediva del denaro per vivere quotidianamente”.

So che lei ha sofferto di depressione, è la verità?

“Sì, è la verità. Soffrivo di disturbi mentali, sono stato in molti ospedali psichiatrici. L’unica cosa che mi faceva sentire meglio e libero, era dipingere”.

Quando ha scoperto la sua passione per la pittura?

“Ho iniziato a dipingere all’età di ventisette anni, nonostante le critiche negative di mio padre. Mi piaceva fare ritratti di persone che conoscevo e molti paesaggi. Ho usato molto spesso la pittura per scaricare tutte le mie insicurezze”.

Quanti dipinti ha venduto?

“Ho realizzato, circa, novecento quadri e più di mille disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine e tanti appunti destinati a mio fratello Theo”.

Qual è stato il dipinto di maggiore successo?

“Mi ricordo che nel 1885 dipinsi i “Mangiatori di patate”, un dipinto dove trattai la rappresentazione autentica e non emendata della realtà, dove dei contadini non sono discriminati a causa della loro bruttezza, ma presentati con stile privi di compiacimenti estetizzanti, con una forte valenza affettiva e sentimentale.

L’opera è stata dipinta in una povera abitazione, illuminata dalla fioca luce di una lampada che, sgorgando da una lampada a petrolio, appesa su una delle travi del soffitto, riflette sulle tazzine bianche del caffé. Al centro della composizione, è presente una famiglia di contadini che, dopo aver trascorso una giornata a lavorare nei campi, si riunisce intorno ad un tavolo per consumare la cena.

Qual è stata l’opera che ha dipinto con più tristezza?

“Fu la ‘Notte Stellata’. In questo dipinto, ho cercato il contatto diretto con la realtà, ho dipinto quello che si vedeva dalla finestra della mia stanza, nel manicomio di Saint Remy. Nell’immagine c’è una forza straordinaria. A sinistra, la scena è chiusa da un cipresso alto e severo, come un obelisco egiziano che, scagliandosi contro il cielo notturno, agisce come un intermediario vegetale tra la terra e il cielo. A destra, invece, vigoreggia una ricca vegetazione di ulivi. Volevo proporre degli accenti di consapevolezza e solitudine di un animo smarrito e allucinato. La raffigurazione del cielo insieme ai bagliori vibranti e infuocati delinea il sentimento di fragilità tra me e il mondo.

Grazie per il tempo che mi ha dedicato a rispondere signor Vincent Van Gogh!

Grazie a lei, è stato piacevole rispondere alle sue domande e ricordare il mio passato.

Eleonora Tramontana, II A