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Il rock psichedelico australiano di King Gizzard e The Lizard Wizard

Gli australiani King Gizzard & The Lizard Wizard rappresentano una delle rare storie di successo rock degli ultimi anni. Giovanissimi, hanno realizzato ben venti album (ai quali si aggiungono vari EPs e singoli), dei quali 5 solo nel 2017. Band più prolifica del pianeta. In appena un decennio hanno pubblicato ciò che un normale gruppo pubblicherebbe nell’arco di quarant’anni, divenendo così da cult band a promessa mondiale del rock psichedelico. Il successo è dovuto soprattutto al loro sound e storytelling intricato e sperimentale. Mentre vi sono band che per decenni, trovata la formula, la ripropongono instancabilmente, il colosso a sette teste ha affrontato una pletora esorbitante di generi, dal prog al soft rock, dal jazz al folk.

La storia

La loro storia ha inizio nel 2010, quando sette ragazzi australiani, nonostante vivessero ai due poli opposti del Paese, si sono incontrati a Melbourne, per dar vita a tutte le idee sviluppate durante i loro studi universitari. Come novelli Flaming Lips, la band, guidata dal geniale polistrumentista Stu Mackenzie, mise nel loro contenitore sonoro una quantità inesauribile di influenze musicali, destabilizzando il linguaggio psichedelico alla maniera di Frank Zappa.

Incominciarono semplicemente come un gruppo di amici che si divertiva a fare delle jam session nelle proprie stanze, prima che un loro comune conoscente gli chiedesse di suonare dal vivo ad uno show. Il nome del gruppo venne pensato sul momento, “all’ultimo minuto”. Mackenzie voleva che si chiamassero “Gizzard Gizzard” mentre un altro membro come il soprannome di Jim Morrison “Lizard King”. Giunsero ad un compromesso chiamandosi appunto King Gizzard & Lizard Wizard.

Il 2011 è un anno particolarmente importante per la band: ai due singoli dell’anno precedente (“Hey There” e “Sleep”) seguirono le prime due pubblicazioni, Anglesea e Willoughby’s Beach. Il titolo della prima fu ispirato all’omonima cittadina dove visse da piccolo Mackenzie, mentre il secondo, pubblicato in vinile 10 pollici, è considerato dalla band il loro vero esordio. Proprio quest’ultimo è caratterizzato da armoniche e vocals selvaggi, elementi che caratterizzeranno i successivi album. Addirittura Beat Magazine, famosa rivista musicofila australiana, lo descrisse come «riempito fino ai denti da ganci costantemente mortali».

Nel settembre del 2012 venne lanciato il loro primo album da studio, 12 Bar Bruise, con il quale la band poneva delle solide fondamenta per il proprio futuro musicale. Completamente autoprodotto, esso venne realizzato usando tecniche e metodi di registrazione non convenzionali. Alle chitarre distorte e al noise del rock n’roll si affianca la genialità dei membri che hanno registrato alcune track dell’album con degli iPhone piazzati in una stanza, creando una nuova forma di lo-fi post-tecnologico.

Nel frattempo la band aveva raggiunto la stampa, che dedicò articoli e interviste, mentre continuava parallelamente l’ attività live e discografica. Pubblicarono dopo solo sei mesi un nuovo album, Eyes Like The Sky. Ci si aspetterebbe un sound affine all’anno precedente, ma invece crearono «un audio-libro western di culto», un concept album su fuorilegge, pellerossa e bambini soldato. Il concerto presso l’Hotel Corner di Melbourne con 800 fan in delirio festeggiò il passaggio dal successo locale a quello su larga scala.

A questo punto per i KG era giunto il momento di fare sul serio. Prima di giungere all’aprile del 2016, data di imprescindibile importanza per il gruppo, la produzione discografica continuò senza intoppi e sempre sul binario della sperimentazione. Si susseguirono album garage-psych-rock da era tecnologica come Float Along, Fill Your Lungs; il rock-blues crudo e aspro di Oddments; il flusso mesmerico e ossessivo presente in I’m In Your Mind Fuzz; l’acid rock e il fusion jazz del mini-album Quarters; e Paper Mâché Dream Balloon, che ingloba sunshine-pop e mellow jazz.

È così che il 29 aprile 2016 la band australiana pubblicò l’opera destinata a consolidare definitivamente il loro nome nella storia della musica, Nonagon Infinity. Primo album distribuito in tutto il mondo, segnò una svolta nella carriera dei King Gizzard. Nonagon Infinity venne acclamato dalla critica musicale mondiale: la nota webzine musicale Pitchfork affermò che «produce uno dei più oltraggiosi, esilaranti rock’n’roll degli ultimi anni.»

Il 2017 si aprì con la promessa (o minaccia) dei KG di portare a compimento ben cinque nuovi album, una sfida che la band inaugura con Flying Microtonal Banana. Fu lo stesso Mackenzie a svelare, durante un’intervista, le motivazioni di una tale impresa, che in molti con scetticismo hanno ritenuto impossibile e irrealizzabile: «Avevamo questa manciata di canzoni random. Non era affatto un’opera coesa. Così abbiamo pensato di dividerla, e dividere nuovamente fino a che non è diventata cinque [album]. Abbiamo lavorato su Nonagon Infinity piuttosto intensamente nel 2015 e nel 2016. Eravamo vicini all’esaurimento, o almeno a torcerci il collo a vicenda. Ci siamo presi una pausa, e poi tutte queste idee di canzoni casuali e disparate sono uscite da quel vuoto di non registrazione per un po’. Quindi abbiamo lavorato su tutto un album per volta.»

Il gruppo non poteva deludere i propri fan, ormai divenuti milioni e milioni. Nacquero così Murder of the Universe, Sketches of Brunswick East, Polygondwanaland e Gumboot Soup, ennesima prova dello stato di grazia creativa della band. Essa non rispetta regole estetiche né stilistiche, pur abbracciando le logiche della psichedelia.

A due anni di distanza dalla gustosa abbuffata, giunge la nuova creazione degli australiani intitolato Fishing For Fishies, in cui il gruppo sceglie di tenere un saldo 4/4 per tutto l’album, creando un effetto straniante per chi sperava in un album più ambizioso ed energico.

Con un passo rapido, Stu Mackenzie in pochi mesi si rivolse dal boogie-woogie/blues al trash-metal. Infest The Rats’ Nest mette gli ascoltatori in guardia dal sempre più pressante problema dell’inquinamento e del surriscaldamento globale, che negli ultimi anni ha causato ingenti devastazioni nei boschi dell’Australia.

Nel corso del 2020 la pubblicazione di album live non si arresta e allo stesso tempo spunta anche una raccolta di demos. Tuttavia, per la gioia dei fan l’anno si conclude con un disco di inediti intitolato semplicemente K.G., album accantonato dopo le registrazioni effettuate prima della pandemia, e completato sul finire di ottobre.

I King Gizzard & The Lizard Wizard sono destinati a lasciare una traccia nel panorama musicale odierno, e la loro voglia di stupire e divertirsi con la musica e il vinile (amano il vinile tanto da definire le versioni in cd “immondizia”) viene ancor di più suggellata con la decisione del gruppo di regalare tutta la loro discografia in download digitale gratuito. Quella dei King Gizzard è un’esperienza unica in un contesto in cui la musica rock sembra essere ormai irrimediabilmente lontana. Il loro estro creativo e la loro attitudine a fare del proprio lavoro puro divertimento li porterà sicuramente molto lontano, fino a potersi permettere un posto nella storia del rock contemporaneo.

 

di Giuseppe Colameo