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Cacciatori di virus: tecniche e strategie per la diagnosi di infezione da virus SARS-COV-2

La pandemia nota come COVID19, causata dall’ infezione da virus SARS-COV-2, ha coinvolto l’intero pianeta causando, ad oggi, due milioni di casi e 80.000 decessi solo in Italia, mentre nel mondo i contagi globali sono oltre 98 milioni ed i morti oltre due milioni. Diagnosticare la presenza del virus nei casi sospetti è l’unica strategia efficace per tracciare l’andamento dell’ infezione e prevenire nuovi contagi. La tecnica principale per identificare la presenza di un’ infezione è quella basata sull’ analisi del corredo genetico del virus, che si effettua prelevando materiale dalla cavità nasofaringea dei pazienti sospetti attraverso un apposito tampone, estraendo il materiale genetico (che in questo virus è costituito da RNA) e analizzando con una tecnica chiamata Real Time alcuni geni specifici del SARS-COV-2. Tale analisi può essere condotta esclusivamente da laboratori specializzati in apposite camere di sicurezza. Qui si lavora in condizioni di assoluta protezione dall’ infezione virale.

IL CORONAVIRUS

Il virus che causa il COVID19 è un coronavirus, ossia una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (MERS, Middle East respiratory syndrome) e la Sindrome respiratoria acuta grave (SARS, Severe acute respiratory syndrome). SARS-CoV-2 presenta quattro proteine strutturali, note come proteina S (spike), E (envelope), M (membrane) e N (nucleocapside). Inoltre il genoma del virus codifica per le proteine necessarie alla trascrizione e alla replicazione dell’RNA virale. Il test per la diagnosi di infezione si basa sulla identificazione delle sequenze specifiche del SARS-COV-2 rispetto agli altri coronavirus, che possono cambiare nei vari kit diagnostici. Nel nostro laboratorio si possiede un kit a 3 geni che identifica le sequenze S, N e ORF. La presenza di almeno due di questi target dimostra che il virus è presente nel tampone. Dal mese di aprile il nostro laboratorio ha eseguito circa 85.000 test, identificando oltre 8000 casi positivi. Alla identificazione del paziente infetto segue la comunicazione alla ASL e al medico curante. Questi provvedono a iniziare il periodo di quarantena per il soggetto e a sottoporre ad analisi le persone che hanno avuto un contatto stretto.

I tempi di risposta della analisi sono di circa 6 ore per i tamponi che arrivano al mattino. Quelli che arrivano il pomeriggio vengono analizzati il giorno successivo. In ogni caso entro le 24 ore si ha la risposta, a meno di casi particolari in cui il test va ripetuto. Con il progredire della pandemia, si sono sviluppate nuove tecniche diagnostiche, quali il “tampone antigenico”. Questo tipo di analisi è più veloce del classico tampone molecolare e può essere condotto anche al di fuori delle camere di sicurezza. Il limite di questa tecnica è però la bassa sensibilità. Ciò suggerisce il suo uso solo in procedure di screening sul territorio e non per la diagnosi di casi sospetti.

LE VARIANTI DEL VIRUS

Nelle ultime settimane, è emersa prepotentemente in tutto il mondo la problematica delle cosiddette “varianti” del virus, ossia di casi di infezione in cui il virus non si presenta nella sua sequenza originale, ma appare mutato in alcune regioni. La più famosa di queste varianti è la cosiddetta “variante inglese”, che consiste in una alterazione della sequenza S, come pure una seconda variante definita “sudafricana”. Recentemente alcuni ricercatori hanno identificato un’ ulteriore variante, essa prende il nome di “variante brasiliana”, che sembra essere più aggressiva. Il problema delle varianti che coinvolgono il gene S è che questa regione è quella su cui si basa una gran parte dei vaccini attualmente disponibili. Resta pertanto il forte sospetto che queste forme di virus potrebbero non rispondere al vaccino.

L’ identificazione delle varianti del virus si basa su tecniche assai più complesse della classica Real Time. Si tratta infatti di leggere l’ intera sequenza virale (ossia “sequenziare” il virus”) alla ricerca di minime alterazioni. Per leggere l’intero genoma virale si deve usare una tecnica che si chiama Next Generation Sequencing (NGS), che non è alla portata di tutti i laboratori. In Abruzzo sono stati identificati due centri per il sequenziamento del virus: il nostro presso la università di Chieti e quello dell’Istituto Zooprofilattico di Teramo. In questi giorni sono in corso le analisi di sequenziamento che hanno già permesso di dimostrare che sul nostro territorio ci sono almeno due varianti. Si tratta di quella inglese e una seconda variante tipica del nord Europa,  probabilmente causa di una serie di casi di reinfezione cui stiamo assistendo nelle ultime settimane.

di Rino Stuppia