Il caos nell’economia europea: illusione o realtà?

Il Polo Liceale Mattioli anche quest’anno, in occasione del Festival della scienza, si propone di divulgare il sapere, grazie ai numerosi incontri con grandi specialisti di svariati ambiti. Fra questi, particolare rilievo ha avuto il webinar intitolato “IL CAOS NELL’ECONOMIA EUROPEA”, in linea con il tema generale del Festival, tenuto dal relatore Gaetano D’Adamo la mattina del 28 gennaio 2021.

Diplomatosi presso il Liceo Scientifico R. Mattioli di Vasto nel 2000, ha intrapreso poi gli studi di Economia e finanza presso l’Università di Bologna dove ha conseguito anche il dottorato di ricerca nel 2011. Economista presso la Commissione Europea (direzione generale per gli affari economici e finanziari) dal 2015, attualmente si occupa della partecipazione della Commissione Europea al C20. È stato inoltre docente universitario presso l’Università di Valencia, insegnando mercati finanziari, economia europea ed economia, ora Docente presso la Toulouse Business School e la EU Business School.

Occupandosi dunque di economia europea, Gaetano D’Adamo, ha introdotto i numerosi ascoltatori al concetto di Caos nell’ambito delle relazioni internazionali: infatti l’integrazione economica stessa è nata in risposta al caos che vigeva in Europa in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Mettere in comune fra diversi paesi le risorse in loro possesso, si è rivelata una buona soluzione per garantire, almeno fino ad oggi, la pace fra i paesi membri. Dall’ inizio del processo di integrazione, dagli anni ’50 ad oggi , sono trascorsi più di 75 anni, periodo in cui non si sono verificate guerre o tensioni nell’ Europa occidentale.

Il processo di integrazione europea, inoltre, nel corso della storia si è intensificato proprio in occasione di situazioni di crisi che coinvolgevano i paesi dell’Unione Europea, al fine di cercare una soluzione a sfide comuni che non possono essere risolte singolarmente. I momenti che più di tutti hanno visto accelerare l’integrazione europea sono stati la crisi petrolifera degli anni ’70, la crisi degli anni ’90, dalla quale si decise di creare una moneta comune (l’euro) e la crisi dettata dalla pandemia Covid19, a causa della quale l’UE ha deciso di indebitarsi per sostenere la ripresa economica dei paesi membri.

Proprio in virtù delle diverse problematiche che possono affliggere i vari paesi coinvolti in questa integrazione europea, il principio cardine per la risoluzione di questi ultimi è “l’unione fa la forza”; infatti tanto più è grande l’integrazione economica e sociale fra i paesi, tanto più è maggiore l’interesse nel risolverli. Ovviamente tutto questo può essere agevolato da alcune assonanze fra i vari paesi, come uno stile di vita simile o una storia condivisa, ma può anche essere ostacolato da differenze di diversa natura: culturale, istituzionale, linguistica.

Molte sono le sfide urgenti da fronteggiare che richiedono la collaborazione fra stati; la prima è sicuramente la crisi del cambiamento climatico. Questa infatti potrebbe portare a delle conseguenze molto pesanti anche dal punto di vista economico nel futuro, tanto da diventare un esempio di quello che gli economisti chiamano “Fallimento del mercato”. Solo sulla base di regole comuni, adottate da un numero cospicuo di paesi infatti, l’impatto sul sistema economico e ambientale, sarebbe rilevante.

Un’altra sfida riguarda le attività multinazionali, la cui attività produttiva e di commercializzazione avviene in molti paesi. È il classico esempio dei “GIGANTI DIGITALI” che, data l’“immaterialità” dei prodotti che forniscono, pagano una quantità di tasse non affine allo spessore che hanno in quanto aziende. Per far sì dunque che venga versata una quantità equa di imposte dalle grandi multinazionali, l’Europa, che rappresenta per queste il secondo mercato più grande al mondo, può adottare delle modalità contrattuali più forti, essendo costituita da 27 paesi, rispetto al singolo paese.

Un’ altra sfida è quella delle infrastrutture transnazionali, come la costruzione di una linea ferroviaria che si estende da Lisbona ai paesi Baltici. Questa coinvolgerebbe circa quindici paesi diversi, rappresentando un classico esempio di integrazione fra stati.

Altri esempi di agevolazioni in riferimento alle interazioni internazionali, sono le così dette imprese “lowcost”, che permettono viaggi in aereo molto meno costosi rispetto alle imprese nazionali unicamente presenti prima degli accordi europei fra gli stati, oppure il Roaming, che dopo lunghe trattative è stato abolito dai paesi membri dell’UE.

Caotica potrebbe risultare anche l’architettura dell’Unione Europea, la quale presenta tre istituzioni: il Parlamento Europeo, che rappresenta i cittadini europei, la Commissione Europea, che rappresenta gli interessi comuni e il consiglio europeo che difende gli interessi degli stati membri. Le leggi vengono formulate dalla Commissione Europea e queste leggi devono essere poi approvate sia dal Parlamento, sia dal consiglio. Un ulteriore livello di complessità è dovuto alla gestione dell’offerta di moneta, gestita dalla Banca Centrale Europea, la quale però opera solo su diciannove dei ventisette paesi membri, poiché solo questi hanno adottato l’Euro come moneta.

Nonostante questa complessità apparente, l’Europa, attraverso tutti questi meccanismi e interconnessioni fra stati, in fin dei conti non fa altro che limitare il caos verso cui i paesi membri andrebbero incontro se fossero da soli. L’Unione Europea è il più grande progetto di cooperazione fra paesi e questo inevitabilmente agevola anche gli stati membri nell’ambito dell’economia internazionale.

Queste interazioni, frutto di un progresso durato decenni e che è destinato a non esaurirsi mai, furono presagite già da Napoleone Bonaparte che disse: “L’Europa sarebbe diventata di fatto un popolo solo; viaggiando ognuno si sarebbe sentito nella patria comune. Tale unione dovrà venire un giorno o l’altro per forza di eventi. Il primo impulso è stato dato. Dopo il crollo e dopo la sparizione del mio sistema io credo che non sarà più possibile altro equilibrio in Europa se non la lega dei popoli.” Da questo deduciamo che, in fin dei conti, noi cittadini europei non siamo poi così diversi gli uni dagli altri e in questo clima di globalizzazione ci si rende conto sempre più che i confini non sono altro che illusioni.

Claudia Tiberio