BEATA BEATRIX – Dante Remix

Sabato 30 gennaio Roberta Presenza, storica dell’Arte, ci ha guidati in un viaggio nel tempo, nel mondo della storia e dell’arte. In occasione delle celebrazioni dantesche ha raccontato una storia di arte piena di fascino, analizzando la vita di tre personaggi strettamente interconnessi.

Dante Alighieri

Il primo personaggio introdotto è Durante degli Alighieri, detto Dante, vissuto nella Firenze di fine 1200. Incontriamo, grazie a lui, il volto di una donna bellissima, Beatrice. Promotore di un vero e proprio culto dantesco fu Boccaccio. Questo culto durò fino alla metà del 1500 per poi subire una fase di declino nel ‘600 e nel ‘700. Solo nella stagione romantica Dante ritroverà il favore della critica e del pubblico.

Gabriele Rossetti

Il secondo personaggio è Gabriele Rossetti, nato a Vasto nel 1783, compì i suoi studi a Napoli, dove si trasferì nel 1804 per volere del marchese Tommaso d’Avalos. Fin da giovane mostrò di avere notevoli attitudini per la poesia e la letteratura, ma grazie al suo appoggio ai moti rivoluzionari del 1920, venne considerato uno dei cantori della tradizione napoletana. Fu processato e condannato a morte. Fuggì a Malta nel 1821 e tre anni dopo si trasferì a Londra, dove sposò Frances Polidori da cui ebbe quattro figli a cui tramandò l’amore per la cultura e la letteratura italiana. Durante la sua vita scrisse in particolare prose e commenti sulla Divina Commedia.

Il monumento

Una storia lunga ed articolata, durata circa sessant’anni, si nasconde dietro la realizzazione a Vasto del monumento dedicato a Gabriele Rossetti, che oggi domina maestoso l’omonima piazza. A soli nove anni dalla morte di quest’ultimo avvenuta nel 1854, Giuseppe dei Conti Ricci, garibaldino vastese, propose la realizzazione di un monumento a memoria del letterato patriota. Nel 1883, il figlio William Michael Rossetti dona a Vasto manoscritti, libri e fotografie del padre riaccendendo l’interesse della collettività verso la realizzazione dell’opera. Così nel 1904, cinquantenario della morte si concretizza la raccolta fondi. Con l’appoggio dei sindaci successivi, come Florindo Ritucci Chinni, viene portato avanti il progetto. Nel novembre del 1924, nella fonderia Laganà a Napoli, si arriva alla fusione dei bronzi.

Il basamento con obelisco rivisitato sulla sommità è in pietra di gioia del colle, in alto svetta un’aquila con le ali aperte. Più in basso notiamo 4 medaglioni con i volti dei figli di Rossetti (il più celebre Dante Gabriel pittore, poeta e critico letterario, Christina, Mariafrancesca e William Michael). Sulla parte anteriore c’è una statua bronzea del poeta vastese, intento a guardare verso l’infinito, con l’immancabile libro in mano a segnare la sua appartenenza alla figura di uomo intellettuale. Dante è posto al centro di un albero di alloro, simbolo di alto riconoscimento del valore di un artista, si parte dalla radice della pianta e poi via via i rami incorniciano la figura del sommo poeta, che tanto colpì Gabriele. Il 12 settembre 1926, alla presenza di sua altezza reale il principe ereditario Umberto di Savoia, avviene l’inaugurazione del monumento.

Dante Gabriel Rossetti

Il secondogenito Dante Gabriele Rossetti, è il terzo personaggio. L’interpretazione della Divina Commedia letta in chiave massonica e antipapale, non convinse quest’ultimo, che indirizza i suoi studi verso altre lande più congeniali alla sua sensibilità e al suo desiderio di romanticismo. Arte e vita convivono in osmosi ed ogni evento quotidiano viene imbevuto di arte e di rimandi alla letteratura. Cultore dei testi danteschi, concentrerà i suoi studi sulla Vita Nova, l’opera giovanile di Dante, di cui realizzò una traduzione in lingua inglese che denotava una grande cultura e capacità di studio. Viene introdotto quindi, l’amore per Beatrice. Di questo importante testo dantesco realizza un ciclo pittorico, composto da 12 tele, secondo lo stile della confraternita dei preraffaeliti. Essi rifiutano i dettami accademici e si rifugiano in un passato idilliaco nel medioevo e nella pittura italiana antecedente a quella di Raffaello. I soggetti sacri sono ricchi di elementi dal significato simbolico come i libri per le virtù e il giglio per l’innocenza. I dipinti rispecchiano un stile quattrocentesco con elementi d’ambiente e d’arredamento piuttosto goticheggianti. I temi privilegiati sono quelli cavallereschi (i miti, gli amori tragici e i racconti biblici che vengono privati di riferimenti religiosi e trasportati in pittura come storie). La natura diventa strumento di messaggio etico, raccontata con dovizia di particolari.

Inghilterra di fine Ottocento, le città stanno cambiando, ci si allontana dalla campagna, il progresso tecnologico è imperante e gli artisti si sentono irrimediabilmente esclusi da questo mondo nuovo. Facendo un balzo temporale, arriviamo all’estate del 2008, anno europeo del dialogo interculturale e 180esimo anniversario della nascita di Dante Gabriel Rossetti. La città di Vasto decide di rendere omaggio a questo importante figlio della nostra terra attraverso la mostra Omaggio a Dante Gabriel Rossetti, unico indiscusso protagonista è il dipinto La beata Beatrix, un’opera dell’artista proveniente dalla Tate Gallery a Londra. L’iniziativa, animata dal desiderio di ricostruire il forte legame della famiglia Rossetti con l’Italia e in particolare la città di Vasto, venne ospitata all’interno di Palazzo d’Avalos, prestigiosa sede espositiva altamente appropriata dal momento che il marchese d’Avalos fu il primo mecenate del capostipite Gabriele Rossetti.

Il dipinto Beata Beatrix

Realizzata tra il 1864 e il 1870, Beata Beatrix rappresenta la morte di Beatrice nel momento di passaggio dalla vita terrena a quella paradisiaca così come descritto da Dante, in una visione fioca ma pervasa da un’aureola di luce. La donna siede su un balcone, protesa verso il paradiso. Per la sua Beatrice, Dante Gabriel Rossetti, trae ispirazione dai tratti di Elisabeth Siddal, sua moglie. Si propone come una meditazione sulla vita e sulla morte, sintesi ultima tra Elisabeth Siddal e Beatrice Portinari, nonché estremo e straziante omaggio di un uomo nei confronti della donna amata. Il dipinto si configura come una reminescenza fedele di Elisabeth, elevata a simbolo di un amore tormentato e sacrale, ma anche interpretata misticamente come una Beatrice fonte di copiose ispirazioni e soggetto di un amore infinito. La figura di Elisabeth morente si materializza davanti agli occhi degli spettatori come un’apparizione contro luce protesa in un’estasi mortale. Il volto sollevato all’indietro è raffigurato in un ultimo momento di vita, le sue palpebre chiuse preannunciano l’imminente trapasso dal mondo terreno a quello divino. Le sue mani abbandonate, già prive di vita, una colomba dalle piume scarlatte lascia cadere un papavero dai petali bianchi, evidente riferimento all’oppio con cui la Siddal trova la morte. La colomba dall’aureola d’oro, comunemente simbolo di amore e di pace, ma anche rappresentazione simbolica dello Spirito Santo, è qui raffigurata con enigmatiche piume rosse, metafora dell’amore e della passione; identifica lo spirito santo, che arriva a condurre in cielo beatrice, ma è al contempo funesto messaggero di morte. Il fiore di papavero è simbolo del veleno e del turbamento interiore che spinse la donna al suicidio. Il volto della donna cattura lo sguardo, tant’è che solo in un secondo momento l’osservatore si rende conto della presenza di due figure sullo sfondo, Dante e Amore, i loro sguardi desolati si uniscono e vegliano sul corpo morente di Elisabeth. Alle loro spalle vediamo un ponte illuminato, simbolo della città di Firenze che celebra e rammenda il legame esistente tra Italia e Inghilterra. Tutto tace, l’intera città di Firenze rimane attonita e muta al cospetto della morte di Beatrice e di Elisabeth. La meridiana segna le ore nove, numero anch’esso misticamente associato alla deificazione di Beatrice, al paradiso, ai cori angelici, a tutto ciò che ruota intorno alla perfezione del creato. Anche Elisabeth è elevata a simbolo di purezza, legame tra la vita e la morte, tra la passione e la disperazione, elementi che caratterizzavano l’intera esistenza di Dante Gabriel Rossetti.

Il secondo evento e l’opera Beata Lux

Il secondo evento realizzato a Vasto nell’estate del 2008 fu la mostra I Rossetti nella collezione Carlo Marchesani, un evento culturale curato da Roberta Presenza e Francesco Paolo D’Adamo, assessore alla cultura quell’anno.

L’opera Beata Lux, al momento in collezione privata, è stata realizzata nel 2008 dall’artista Ester Grossi, in occasione della mostra Beata Remix a cura di Davide Pairone. Ciò che inizialmente ha colpito l’artista davanti all’opera Beata Beatrix, è stata la potenza iconica del soggetto rappresentato. La Beatrice ritratta da Rossetti ha infatti la lucentezza di un’icona sacra e la sensualità di una donna estremamente carnale. Il secondo aspetto che ha colto l’artista e che amplifica l’iconicità della figura è la luce che invade letteralmente l’opera e si irradia ben oltre i limiti della cornice. E’ proprio questo aspetto che l’artista ha deciso di approfondire e lavorare. La Beatrice di Rossetti raffigurata appoggiata ad un balcone è avvolta da una luce mistica ma reale; nella versione di Ester Grossi la luce tende verso un’emanazione luminosa più astratta e concettuale, c’è un chiaro rimando ad una luce scenografica pop e pubblicitaria. L’oro sacro che allude alle icone bizantine appare, quindi anche glamour, ma nella sua accezione esoterica originaria, attrae con forza irresistibile.

In conclusione possiamo affermare che la grandezza di un’artista sta nell’essere sempre attuale, nel lasciare nell’animo di chi legge o osserva le sue opere un segno che fa suo. Lo reinterpreta, lo rende personale e se possibile, vissuto.

“L’arte si trasforma, si reinventa, si reinterpreta e torna ancora una volta e per sempre viva.”

Ester Del Borrello