Il caos della musica nella Sonata N9 di Eighes

La musica è caos? O anche quando ci sembra caotica è in realtà il risultato di attente scelte nella composizione? Nel corso del Festival della Scienza Ad/ventura 2021 la pianista Irina Gladilina, docente di pianoforte del Liceo Musicale R. Mattioli,  ha contribuito al vasto programma incentrato sul tema del coas con una lezione- concerto alla scoperta della Sonata N9 di Oleg Eighes, che rappresenta tutta la solitudine, la tristezza e il caos di un animo oppresso e non libero di esprimersi. Per comprendere al meglio la sonata è fondamentale conoscere le condizioni e il periodo storico del compositore, che la ideò all’epoca dell’Unione Sovietica. A Oleg Eighes era stata tolta la possibilità di insegnare perché la sua musica non era conforme agli ideali del Partito Comunista, che censurava le musiche non popolari e per questo fu licenziato dal Conservatorio. Il compositore cadde in un periodo di depressione, in cui non aveva nessuna ispirazione. Riuscì a risollevarsi grazie all’amicizia con il professor Gardon, che poi ha insegnato alla docente Gladilina. La sonata N9 fu proprio dedicata al professor Gardon, con cui il compositore scherzava sul fatto che sarebbe stato dimenticato per cento anni come Bach, per poi essere riscoperto dal suo personale Mendelson.

Dopo la guida all’ascolto dell’opera e del suo compositore, molto caro alla Gladilina, che già dieci anni fa aveva suonato la sua musica in un concerto tenuto proprio durante il Festival della Scienza, la pianista si è esibita, incantando con la straordinaria impetuosità e, al tempo stesso, l’ equilibrio e l’armonia dell’opera.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Irina Gladilina, che ci ha raccontato del suo rapporto con la musica e in particolare con quella di Eighes.

  • Eighes è stato amico intimo del suo professore e quindi sicuramente c’è un legame particolare tra lei e la sua musica, dovuto a dei ricordi o aneddoti che le sono stati raccontati. Questo ha in qualche modo influito nella sua formazione come musicista?

Di persona non ho mai conosciuto il compositore, ma ho avuto la possibilità di visitare la sua casa, che si trova in una zona molto povera di Mosca, e ho conosciuto il nipote, con cui mi sono esibita in vari concerti. Il mio professore ha scritto numerosi libri, tra cui anche su Eighes, e raccontava spesso di lui, però il suo metodo di insegnamento non deriva tanto dall’amicizia con Eighes, ma dall’aver studiato alla scuola di Neuhaus, una delle scuole di pianoforte più importanti della Russia. La scuola di Neuhaus era di altissimo livello, perché lì non si trattava solamente di suonare, in quanto gli allievi erano già di un altissimo livello, ma parte fondamentale era anche comprendere l’arte a un livello generale, fare dei collegamenti tra i diversi aspetti della cultura, cioè conoscere bene la pittura, la letteratura, la poesia… Leggere molto era fondamentale, e lo stesso andare nei musei e alle mostre. E infatti il professore portava anche tutti noi allievi a vedere i quadri di Monet o di Degas per poter capire, ad esempio, come suonare al meglio Ravel e Debussy, che sono loro contemporanei.

  • È possibile parlare di caos in musica o la musica con le sue regole è per forza qualcosa di schematico e ordinato?

Ho scelto quest’opera perché il suono è un po’ caotico, infatti è una musica dodecafonica, cioè atonale, quindi non c’è una nota “principale”, la tonica, a cui tutte le altre fanno riferimento, ma ci sono solo 12 semitoni con cui si costruisce la serie. Anche se questa non è una dodecafonica completa, perché presenta solo alcuni elementi di dodecafonia. Si sentono poi gli effetti di pedale, per dare un effetto di vibrazione, lasciando un’armonia sporca, con molte dissonanze, per poi rilasciare il pedale poco alla volta. Di caotico c’è sicuramente il finale, con molti glissando, e in particolare in questo concerto c’è un glissando tipico della musica dodecafonica perché si premono con tutte le dita i tasti neri e i tasti bianchi. Nel caos, però, non c’è niente di sbagliato, anzi, c’è un ordine, perché la musica è molto vicina alla matematica e nella costruzione e negli accordi c’è sempre una logica dietro, quindi il caos è solo apparente.

  • Durante la guida all’ascolto, lei ha detto che è fondamentale studiare la storia attraverso la musica e la musica attraverso la storia. Quindi la musica può aiutare nel districare il caos della storia? E in che modo?

La musica è una macchina del tempo, perché se si ascolta la musica di Bach, la mente viaggia e si trova secoli indietro. Se si studia quali tipi di strumento venivano usati, come venivano suonati e la lingua della musica che parlavano, si può capire anche il periodo storico del compositore. Con l’esempio di Eighes, sentendo la sua musica, piena di aggressività e forza, si comprende anche il motivo di questa scelta stilistica, e cioè il dispiacere e la frustrazione di non poter suonare perché la sua musica era stata considerata troppo formalistica e quindi censurata perché non progressista come l’Unione Sovietica. Nelle sue composizioni successive la musica è caotica, così come la Russia dell’epoca, uscita dalla seconda guerra mondiale, e quindi permette di capire anche la condizione sociale generale. La musica, quindi, è una sorta di messaggio dal passato, perché racconta la storia così com’è, senza bisogno di usare parole e senza il filtro del tempo.

  • In questo periodo di caos che stiamo vivendo, in cui non può più esibirsi in concerti, il suo rapporto con la musica è cambiato?

Io lavoro in teatro ma ho la fortuna di essere anche un’insegnante, mentre per chi vive solo di concerti è davvero un momento difficile. Adesso facciamo i concerti online, ma non è assolutamente la stessa cosa. Penso che sia più qualcosa che fanno i musicisti per loro stessi, anche io ad esempio registro me stessa, così da allenarmi e rimanere in forma. Ma manca il rapporto con il pubblico e non è la stessa esperienza. Un artista ha bisogno di pubblico vivo, per lo stesso motivo per cui Eighes soffriva, non potendo rappresentare la sua musica e avere un pubblico che lo apprezzi, che interagisca e che gli faccia domande. Tolstoj diceva che “la musica appena nasce muore”, cioè non appena una nota la si sente dal vivo, già non c’è più, mentre online questo non succede.

Simone Di Minni

Giacomo Varriale