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La lingua come metafora della salvezza: “Lezioni di persiano”, un film interessante malgrado alcune scelte.

di Davide Benvenuto e Lorenzo Giors 2B

Lezioni di Persiano”  è un film russo-tedesco del 2019 diretto dal regista ucraino Vadim Parelman. Il film si basa sul racconto di Wolfgang KohlhaaseErfindung einer Sprache (Invenzione di una lingua), ed è la storia di un ebreo belga di nome Gilles che, catturato dai nazisti, per sfuggire ad un’esecuzione sommaria, si finge Persiano. Questo gli permette di ricevere miracolosamente la grazia dell’ufficiale nazista, Klaus Koch, direttore del  campo di transito,  interessato all’apprendimento della lingua Farsi. Non conoscendo realmente la lingua, Gilles inventa parole per vocaboli a lui sconosciuti,  e, per non svelare l’inganno,  ogni giorno memorizza un vero e proprio vocabolario che diventa la lingua della sua salvezza.

Gli attori risultano molto convincenti, in particolare quelli dei due protagonisti, Nahuel Pérez Biscayart e Lars Eidinger.

 

Il primo oltre ad offrire un’ottima prestazione attoriale, anche dal punto di vista fisico sembra incarnare perfettamente il ruolo di vittima perennemente in pericolo. Il regista ha affermato che  gli attori hanno studiato molto per calarsi perfettamente nella propria parte. Purtroppo, però nell’edizione italiana del film, alcuni personaggi secondari non godono di un doppiaggio di altissimo livello, o comunque paragonabile a quello dei personaggi principali. Un altro problema, probabilmente causato dalla trasposizione italiana, è l’utilizzo di termini che risultano talora anacronistici.

Ciò non vuol dire che non ci siano personaggi secondari validi: per esempio i due italiani deportati, Marco e Giacomo Rossi, giocano un ruolo importante per la trama, e, nonostante occupino un breve minutaggio, il rapporto fra i due è ben costruito.

Come in tutti i film sulla Shoah, anche in questo ci sono scene cruente che mostrano la violenza ingiustificata del regime nazista. Si può citare come esempio  il momento in cui ad un’addetta delle cucine viene ustionata la mano soltanto perché non aveva rispettato le norme igieniche. Ma a sequenze come queste si alternano delle sottotrame  non fondamentali ai fini della storia, che  spesso spezzano il ritmo serio della narrazione, quasi a voler offrire una dimensione umanizzata dei personaggi ponendo l’olocausto sullo sfondo della vicenda.

La trama complessivamente è coerente, ma qualche volta trova delle fragilità, come quando Klaus scopre l’imbroglio di Gilles, ma nel giro di qualche giorno casca nuovamente nell’inganno, trascurando ogni evidenza.

Il film si conclude con Koch e Gilles che si separano, il primo salvando il secondo dallo sterminio. Koch va in Iran per cercare di realizzare l’apertura del ristorante e sfuggire alla condanna che incombe ormai su di lui. Da segnalare la sua reazione quando si rende conto di essere stato tradito da una persona di cui aveva imparato a fidarsi, questa scena quasi provoca pena nello spettatore.  Invece Gilles viene soccorso dagli Americani dopo la liberazione e diventa un aiuto fondamentale perché, grazie al suo metodo speciale per memorizzare nuovi vocaboli, riesce a fornire i nomi degli ebrei che erano transitati nel campo rendendo omaggio alla memoria delle numerose vittime del genocidio nazista.

Complessivamente “Lezioni di Persiano” è un film originale con una narrazione interessante, ma che soffre di alcune piccole imprecisioni che potrebbero infastidire alcuni spettatori.