Polonia, continuano le proteste

Di Sara Spandrio

Mercoledì 27 gennaio è entrata in vigore la norma stabilita dalla Corte Costituzionale polacca che rende quasi impossibile compiere un aborto, anche in caso di gravi malformazioni del feto. L’unica eccezione è riservata a casi di aborto in seguito a stupri e incesti, che tuttavia rappresentano un numero molto minore rispetto ai casi di aborto per malformazione del feto. La norma era stata stabilita il 22 ottobre scorso dalla Corte Costituzionale, ma, per manifestazioni e proteste da parte della maggior parte della società civile, era stata rimandata per diverse settimane.

Dopo l’annuncio sono state immediate le proteste da parte di associazioni civili, gruppi femministi e studenteschi che rivendicano un diritto che, a detta dei manifestanti, dovrebbe essere inalienabile. Per la terza notte di fila, dunque, sono scese in piazza diverse migliaia di persone a Varsavia così come in altre città della Polonia nonostante i divieti di assembramento per limitare il virus covid-19. Le proteste si sono concluse davanti all’abitazione del leader del partito al potere Jaroslaw Kaczynky.

“Le ragazze vogliono solo avere i loro diritti”, “mio corpo, mia scelta”, “penso, sento, decido”, “libertà di scelta e non terrore” sono solo alcune delle proclamazioni utilizzate dalle manifestanti; molti utilizzano mascherine con un fulmine rosso, simbolo degli attivisti abortisti, altri sciarpe verdi, indossate dai manifestanti per i diritti all’aborto in Argentina che il mese scorso hanno ottenuto la legalizzazione della pratica.

Nella pubblicazione delle motivazioni della sentenza, passaggio obbligatorio per rendere ufficiale una norma, la Corte Costituzionale ha chiarito che ci potranno essere delle modifiche riguardanti casi specifici, ma non è sufficiente. Questo a molti sembra solo un ulteriore passo avanti verso l’autoritarismo e la limitazione delle libertà delle donne in uno stato guidato da un partito molto vicino alle gerarchie Cattoliche.