L’alimentazione nell’antica Roma

Di Beatrice Saporosi

Solo qualche mese fa, nella Regio V degli scavi archeologici di Pompei, è stato ritrovato un thermopolium, un punto di ristoro in cui nell’antichità era possibile acquistare prodotti e cibi già pronti; all’interno del locale si trovava un bancone con delle anfore incassate, contenenti degli alimenti, alcuni dei quali ancora oggi conservati. Ma su cosa si basava l’alimentazione degli antichi Romani?

A Roma i pasti principali erano tre: lo jentaculum, che corrispondeva alla nostra colazione, il prandium (pranzo) e la coena (cena). I primi due assomigliavano più a degli spuntini, mentre l’ultimo era molto più ricco.

É molto importante premettere che gli alimenti consumati dalla popolazione variavano in base alla disponibilità economica delle famiglie: solo i più ricchi potevano permettersi carne e pesce freschi, mentre gli individui più poveri avevano a disposizione pane e cibi più economici, molto spesso in piccole quantità.

A colazione, nelle case dei più benestanti, non mancavano mai pane, latte, miele, formaggio, frutta secca, in aggiunta agli avanzi del giorno precedente.

In occasione del prandium invece, pasto molto veloce e frugale, tant’è che veniva spesso consumato senza apparecchiare, si mangiavano pane, pesce, frutta, uova e legumi.

La coena infine aveva luogo in casa, nell’atrio o nel triclinio (sala da pranzo al cui interno si trovavano i triclini, letti su cui i commensali si sdraiavano per mangiare), verso le quattro di pomeriggio: anche in questo caso gli alimenti principali erano pane, verdura, cereali, frutta a cui si aggiungeva la carne, di tutti i tipi. I banchetti più fastosi erano addirittura suddivisi in tre parti: la gustatio, in cui venivano servite prevalentemente olive e uova; i primi piatti (di solito tre), due tipi di carne, e infine le secundae mensae, il momento del dolce.

C’era poi un cibo particolarmente amato dai Romani: il garum, una salsa di interiora di pesce salato, utilizzato come condimento per molti piatti oppure aggiunto sul pane, alimento alla base dell’alimentazione dell’epoca. Certo è che nell’antichità erano molto apprezzati i contrasti tra dolce e salato e i sapori agrodolci, come spiega Marco Gavio Apicio nel suo manuale di cucina, il De re coquinaria, risalente al I secolo d.C.

Per quanto riguarda le bevande nell’antica Roma, quella più consumata era sicuramente il vino, che gli uomini prima dei trent’anni e le donne non potevano bere.

Mentre inizialmente venivano prodotti localmente, a partire dall’età imperiale iniziarono ad essere importati vini provenienti dalla Grecia, che essendo miscelati con argilla, sale e acqua di mare, si conservavano più a lungo. Il vino non veniva solitamente bevuto puro ed era quindi diluito con acqua e miele. Esistevano però anche altre bevande più economiche, come la birra, ottenuta dalla fermentazione di orzo e frumento, la posca (acqua e aceto), l’aqua mulsa (acqua e miele), l’idromele (acqua piovana con aggiunta di miele).

Molte tradizioni culinarie dell’antichità non si sono tramandate nel tempo, ma numerosi alimenti allora consumati fanno ancora parte della nostra dieta, anche se cucinati e combinati in modi differenti.