Paura e rabbia, gli stati d’animo al tempo del Covid-19.

La pandemia da coronavirus ha cambiato quasi ogni aspetto delle nostre vite.

Siamo stati costretti a trascorrere lunghi mesi chiusi in casa e lontani dalle persone per cui proviamo affetto. Tutto questo ha inevitabilmente avuto delle ripercussioni sullo stato psicologico di ciascun individuo. Due degli stati d’animo più diffusi sono stati e sono tutt’ora la paura e la rabbia. Se all’inizio le persone vivevano in un clima di confusione e disorientamento, con il passare del tempo il sentimento più gettonato dalla paura è mutato in rabbia.

La specie umana ,aveva instaurato in sé l’idea di essere più potente della natura, in grado di sconfiggere qualsiasi cosa.

Ed è proprio per questo che con l’arrivo del coronavirus alcuni di noi sono quasi arrivati a rifiutare la potenza del virus, o perlomeno a sottovalutarla fino a quando si sono scontrati con la cruda realtà. Le immagini della nostra gente deceduta, i contagi che crescevano giorno dopo giorno, gli ospedali al collasso, hanno alimentato in noi un senso di angoscia e paura che poi si è poi tramutato in una forma di diffidenza verso il prossimo.

Parte così la ricerca dei colpevoli, poiché su qualcuno doveva pur ricadere la colpa di tutte queste disgrazie. È iniziato così, un tutti contro tutti.

La caccia agli untori è meccanismo di autodifesa dell’essere umano per poter credere di avere tutto sotto controllo. Occhi ostili e astiosi hanno iniziato a sbirciare e analizzare ogni movimento dell’altro, sempre pronti ad accusare il prossimo.

Sono molte le testimonianze di persone incriminate dalla società per aver compiuto azioni, che se pur lecite dalla legge, come una passeggiata con il cane, uscire per una qualsiasi urgenza o anche incontrare amici e parenti rispettando tutte le norme di sicurezza, consideravano la causa dell’aumento dei contagi.

La paura verso gli untori si è riversata nella vita di tutti i giorni in razzismo vero è proprio: un odio sconfinato verso il prossimo, il quale ormai viene considerato un pericolo. Sono molti gli episodi registrati di aggressività, sia online che faccia a faccia, verso coloro che fanno parte dei popoli che avrebbero diffuso il contagio. Una vera e propria xenofobia si è diffusa rapidamente trovando terreno fertile sul web , dove le fake news sono all’ordine del giorno. Le paure diffuse da spaventosi titoli di giornali ci hanno trasformato in individui rabbiosi, pronti ad attaccare spinti dalla stanchezza, dal timore e dal senso di impotenza.

Prima di continuare la discriminazione agli untori dovremmo ricordare che il virus è un nemico crudele, invisibile e che non consente individuarne l’origine. In un periodo così difficile il rispetto verso l’altro dovrebbe essere fondamentale. Tutti abbiamo il diritto di avere le stesse opportunità e di essere trattati con la stessa considerazione.

Anche per servizi come tamponi, ogni individuo dovrebbe poter avere le stesse possibilità di usufruirne. Infatti, nonostante ognuno di noi sia umano e dovrebbe godere degli stessi benefici, in momenti come questi sono proprio quest’ultimi ad essere sottovalutati e completamente ignorati. Sono molte le persone che non potendosi permettere tamponi in centri privati, a causa dei prezzi troppo elevati, sono costretti ad aspettare ore di file chilometriche, in compagnia di altri presunti infetti, per riceverne uno gratuito, correndo il rischio di infettarsi o contagiare gli altri.

L’unico metodo per uscire da una pessima situazione come questa è non dimenticando di essere una comunità, ma al contrario dobbiamo sforzarci di essere più accoglienti e inclusivi. Il coronavirus è piombato nelle nostre vite come un tornado: in poco tempo è stato talmente forte da distruggere tutte le nostre certezze e toglierci tutto. Se vogliamo uscirne vincitori c’è la necessità di essere uniti, in modo da poter costruire nuovamente, mattoncino dopo mattoncino, ciò che un tempo era la nostra normalità.

Gaia Palladino, III A