Con la pandemia aumenta il consumo di psicofarmaci

Di Maria De Paoli

I dati relativi al consumi di psicofarmaci nello scorso anno denunciano un considerevole aumento di problemi di carattere psicologico riconducibili all’emergenza sanitaria da Covid-19. Per contrastare la diffusione pandemica, tra i provvedimenti adottati fin da marzo 2020, l’isolamento in quarantena è stato un valido antidoto contro il virus, ma ha avuto importanti effetti collaterali tra cui ripercussioni negative sulla salute mentale delle persone.

Il lockdown ha inevitabilmente destabilizzato gli equilibri delle famiglie e dei singoli: la solitudine, la paura ed anche le preoccupazioni sul piano economico hanno contribuito alla crescita del disagio mentale. L’Istituto europeo per il trattamento delle dipendenze (IEuD) riporta che nei primi sei mesi del 2020 i consumi di psicofarmaci – in primo luogo delle benzodiazepine, che hanno proprietà sedative, ansiolitiche e ipnotiche – sono aumentati del 4%; anche la crescita dell’abuso di droghe illegali è riconosciuto come una conseguenza del lockdown iniziato a marzo.

La problematica ha coinvolto diverse fasce di età degenerando in situazioni di abuso di psicofarmaci o, nelle fasce più giovani al consumo di sostanze stupefacenti come rimedio alla solitudine ed ai disagi provocati dal lockdown, manifestando una forte tendenza a cercare conforto psicologico anche a discapito del benessere del corpo. In ogni caso la salute, nella sua unità psicofisica, è la priorità dell’uomo; è così fin dai tempi di Giovenale, che afferma che l’uomo deve pregare gli dei solo per avere una mens sana in corpore sano, virtù principi dell’essere umano.