Germasino, l’ultima notte di Benito Mussolini

La caserma della finanza del piccolo paese,  frazione di Gravedona ed Uniti, ha ospitato Mussolini, prima che fosse giustiziato a Giulino di Mezzegra.

La sera del 27 aprile 1945, dopo il suo arresto, Benito Mussolini fu portato proprio a Germasino, oggi comune comasco di Gravedona ed Uniti. Nella caserma della Guardia di Finanza gli fu servita la cena, preparata dall’unica trattoria del paese, e poi fu fatto riposare per poche ore. Nella caserma, il Duce produsse il suo ultimo scritto, conservato oggi nel Museo della Fine della Guerra di Dongo, in provincia di Como. Nello scritto in questione Mussolini dichiarava: “La 52° Brigata Garibaldina mi ha catturato oggi, venerdì 27 aprile, nella piazza di Dongo. Il trattamento durante e dopo la cattura è stato corretto”. Dal momento che il trasferimento aveva lo scopo di evitare un agguato per mano fascista volto a liberare Mussolini, non appena i partigiani si resero conto che Germasino non era più un luogo sicuro, decisero di trasferirlo di nuovo.

Oggi nel paese sono rimasti alcuni testimoni che ricordano l’arrivo del Duce e il clima di tensione che si respirava durante la guerra. Uno di loro è Clemente Chiaroni, che all’epoca dei fatti era un bambino di 7 anni: “Era il 1945, la guerra stava finendo, ma nessuno lo sapeva. Mia mamma aveva deciso di prendersi una grossa responsabilità: in casa nostra si era nascosto un partigiano, amico di famiglia, per evitare di essere catturato dai ‘piedi di ferro’, noi ragazzi chiamavamo così i fascisti, per via dei loro scarponi ferrati che facevano risuonare ogni loro passo. Questo amico di famiglia avrebbe dovuto stare in casa tutto il giorno, dal momento che tutta la zona era controllata fin troppo bene, ma spesso, incapace di stare con le mani in mano, si camuffava sotto dei vecchi vestiti di mia madre e, fingendosi una donna del luogo, andava a raccogliere le patate nei campi o a coltivarli. Poi, in un giorno qualunque di fine aprile, mentre i miei coetanei ed io giocavamo tranquilli, arrivò una camionetta dei partigiani. Noi, curiosi, ci mettemmo in un luogo ben protetto e osservammo la scena: il primo a scendere dalla macchina fu Bellini Delle Stelle, il comandante della Brigata, dietro di lui il Duce, un uomo basso, burbero, con gli occhi sporgenti e l’aria sconfitta, indossava ancora l’uniforme tedesca e in mano aveva l’elmetto con cui, capimmo in seguito, aveva tentato di nascondere la sua identità. Il tragitto dalla strada alla caserma era breve, intanto era stato dato l’ordine di rientrare nelle case. I miei amici ed io, dopo esserci nascosti, potemmo assistere a quella camminata lenta e rassegnata di un uomo ben diverso da quello che mi ero immaginato. Non si seppe più niente, almeno non subito. In tanti, prima della conferma ufficiale, diffusero la notizia che lui e Claretta Petacci fossero stati uccisi a Milano, poi, invece, si smentì il tutto e si decretò l’uccisione a Giulino di Mezzegra”.

Oggi la caserma della Finanza è diventata una casa privata.  All’esterno si può trovare una targa che ricorda il luogo dove Mussolini passò le ultime ore in vita. La brandina dove dormì, dopo la dismissione della caserma, è stata donata alla famiglia Chiaroni. Renato Chiaroni, il proprietario, nel 2014 ha deciso di mettere il reperto storico alľasta, dopo che ľiniziale interessamento a ritirare la brandina sia da parte del Museo di Dongo sia del Comune di Gravedona ed Uniti, che aveva intenzione di costruire una sala ďesposizione nel paese, si è concluso con un nulla di fatto.

Camilla Albini, IIIA CL

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