Il “Giorno del Ricordo” per non dimenticare

Con la legge 30 marzo 2004 n. 92, gli italiani furono chiamati per la prima volta a onorare il “Giorno del Ricordo”, in memoria dei circa ventimila connazionali torturati, assassinati, gettati nelle foibe dalle milizie di Tito alla fine della seconda guerra mondiale. Merita attenzione il ricordo delle tante persone costrette all’esodo dalle ex province italiane della Venezia Giulia, dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia.

Il regime di Mussolini aveva decretato il proprio fallimento con la riunione del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio 1943. Ne erano seguiti lo scioglimento del partito fascista, la resa dell’8 settembre, lo sfaldamento delle Forze Armate. Nei Balcani, e in particolare in Croazia e Slovenia, il crollo dell’esercito italiano aveva fatalmente coinvolto le due capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia). Qui avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Tito.

La prima ondata di violenza  esplose proprio dopo la firma dell’armistizio (8 settembre 1943): in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell’intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un’italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali. Con il crollo del regime, i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, prima torturati e poi gettati nelle foibe. Morirono circa un migliaio di persone. Le prime vittime di una lunga scia di sangue.

Nella primavera del 1945 l’esercito jugoslavo occupò l’Istria (fino ad allora territorio italiano) e puntò verso Trieste per riconquistare i territori che, alla fine della prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia. Si impadronirono di Fiume e di tutta l’Istria, dando subito inizio a feroci esecuzioni contro gli italiani.

Tra il maggio e il giugno del 1945, migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Le uccisioni di italiani, nel periodo tra il 1943 e il 1945, furono almeno 20mila. Gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case almeno 250mila.

Il termine foiba indica una profonda cavità naturale, simile ad un pozzo, tipica delle regioni carsiche. Nelle foibe venivano generalmente gettati i cadaveri dei prigionieri fucilati ma anche i corpi di innocenti legati l’un l’altro con un lungo fil di ferro  stretto ai polsi. Si apriva il fuoco e le prime  vittime che precipitavano nell’abisso trascinavano con loro gli altri sventurati.

Fino agli ultimi decenni del ‘900 in Italia si è poco parlato di foibe. Nel 2004 è stato istituito il “Giorno del Ricordo” in memoria delle vittime delle foibe, degli esodati e di tutti gli oppressi “della più contorta vicenda del confine orientale”.

di Redazione Mattioli’s Chronicles